“La riforma universitaria prevede oppure no che ci sia uno sbarramento, un numero chiuso per accedere dalla laurea triennale a quella specialistica di cinque anni? Nessuno ci ha dato una risposta, fino a questo momento, a livello ministeriale. Ad orecchio, ma non c’è nulla di ufficiale, si ha l’impressione che l’idea sia quella di consentire il passaggio di non più del 60-70% dei laureati di primo livello al corso quinquennale, alla cosiddetta laurea specialistica. Come dovrebbero essere selezionati? Chi dice tramite prove d’ingresso, chi in base ai crediti acquisiti nella laurea triennale. Ecco, oggi noi vorremmo una risposta anche su questo”. Serena Sorrentino, responsabile napoletana dell’Unione degli Universitari (UDU) e studentessa iscritta al Corso di Laurea in Storia della facoltà di Lettere, pone sul tappeto una delle questioni scottanti della riforma che entrerà in vigore dal prossimo anno. Solleva il problema intervenendo all’assemblea degli studenti di Ingegneria con il Preside Vincenzo Naso ed alcuni Presidenti di Corso di Laurea, finalizzata ad informare sull’imminente applicazione dell’autonomia didattica e della riforma dei cicli.
Le rispondono il professor Giovanni Maria Carlomagno, Presidente del Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale, ed il professor Gianfranco Vitale, Presidente del Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica.
Carlomagno: “l’ipotesi numero chiuso deve essere sdrammatizzata. E’ inevitabile. L’accesso indiscriminato all’Università è uno dei responsabili dell’allungamento e dell’appesantimento dei percorsi di studio. Quanto meno per accedere al secondo livello di laurea, il numero chiuso è indispensabile ed anzi dovrebbe essere interesse degli stessi studenti chiederlo. D’altronde lo hanno da tempo tutti i paesi più progrediti. Faccio un esempio: se io preparo una cena, invito un tot di persone, non tutti quelli che si trovano a passare, perché altrimenti la cena riesce una schifezza ed i commensali restano tutti ugualmente scontenti. Piuttosto, io sostengo che la laurea di primo livello in Ingegneria avrebbe dovuto essere quadriennale, come in molti altri paesi d’Europa”.
Più cauto Vitale: “se riusciremo ad attivare una laurea triennale in Ingegneria che risponda alle esigenze dei giovani e del mercato, il discorso del numero chiuso sarà superato dai fatti. Non ci sarà la corsa alla laurea quinquennale ed i laureati di primo livello che decideranno di proseguire saranno una quota inferiore a quella degli attuali iscritti all’università. Quindi non si capisce perché si dovrebbe imporre un numero chiuso”.
La confusione regna ancora sovrana, dunque. L’impressione, per quel che può valere, è che al Ministero siano orientati verso un contingentamento degli accessi al segmento del 2, ma preferiscano per ora glissare, anche per evitare la mobilitazione studentesca. L’accesso alla laurea di primo livello dovrebbe invece essere libero, fermo restando che gli immatricolandi dovranno sottoporsi ad un test di autovalutazione per l’accertamento di eventuali lacune (ad Ingegneria della Federico II lo fanno da due anni) e dovranno eventualmente colmarle attraverso la frequenza di corsi integrativi. In ogni caso, tra qualche settimana il nodo sarà sciolto, in un senso o nell’altro.
Nel corso dell’incontro, organizzato dall’UDU, è stata posta sul tappeto anche la questione dei diplomandi. Che fine faranno gli iscritti ai tre diplomi attivati attualmente ad Ingegneria? “Come per i laureandi – spiega il Preside Naso- sarà loro offerta la possibilità di passare al nuovo, al corso di laurea triennale. Per fare questo sarà necessario conteggiare in crediti il percorso che hanno compiuto fino ad oggi; poi potremo verificare quale debito dovranno colmare per transitare alla laurea di primo livello. Nelle prossime settimane lavoreremo anche a questo, nel collegio dei presidenti di corso di laurea. La questione sarà inoltre all’ordine del giorno nel Consiglio di Facoltà del 23”.
Le rispondono il professor Giovanni Maria Carlomagno, Presidente del Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale, ed il professor Gianfranco Vitale, Presidente del Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica.
Carlomagno: “l’ipotesi numero chiuso deve essere sdrammatizzata. E’ inevitabile. L’accesso indiscriminato all’Università è uno dei responsabili dell’allungamento e dell’appesantimento dei percorsi di studio. Quanto meno per accedere al secondo livello di laurea, il numero chiuso è indispensabile ed anzi dovrebbe essere interesse degli stessi studenti chiederlo. D’altronde lo hanno da tempo tutti i paesi più progrediti. Faccio un esempio: se io preparo una cena, invito un tot di persone, non tutti quelli che si trovano a passare, perché altrimenti la cena riesce una schifezza ed i commensali restano tutti ugualmente scontenti. Piuttosto, io sostengo che la laurea di primo livello in Ingegneria avrebbe dovuto essere quadriennale, come in molti altri paesi d’Europa”.
Più cauto Vitale: “se riusciremo ad attivare una laurea triennale in Ingegneria che risponda alle esigenze dei giovani e del mercato, il discorso del numero chiuso sarà superato dai fatti. Non ci sarà la corsa alla laurea quinquennale ed i laureati di primo livello che decideranno di proseguire saranno una quota inferiore a quella degli attuali iscritti all’università. Quindi non si capisce perché si dovrebbe imporre un numero chiuso”.
La confusione regna ancora sovrana, dunque. L’impressione, per quel che può valere, è che al Ministero siano orientati verso un contingentamento degli accessi al segmento del 2, ma preferiscano per ora glissare, anche per evitare la mobilitazione studentesca. L’accesso alla laurea di primo livello dovrebbe invece essere libero, fermo restando che gli immatricolandi dovranno sottoporsi ad un test di autovalutazione per l’accertamento di eventuali lacune (ad Ingegneria della Federico II lo fanno da due anni) e dovranno eventualmente colmarle attraverso la frequenza di corsi integrativi. In ogni caso, tra qualche settimana il nodo sarà sciolto, in un senso o nell’altro.
Nel corso dell’incontro, organizzato dall’UDU, è stata posta sul tappeto anche la questione dei diplomandi. Che fine faranno gli iscritti ai tre diplomi attivati attualmente ad Ingegneria? “Come per i laureandi – spiega il Preside Naso- sarà loro offerta la possibilità di passare al nuovo, al corso di laurea triennale. Per fare questo sarà necessario conteggiare in crediti il percorso che hanno compiuto fino ad oggi; poi potremo verificare quale debito dovranno colmare per transitare alla laurea di primo livello. Nelle prossime settimane lavoreremo anche a questo, nel collegio dei presidenti di corso di laurea. La questione sarà inoltre all’ordine del giorno nel Consiglio di Facoltà del 23”.
Oggi si laurea
solo il 30 %
solo il 30 %
Dunque: dal prossimo anno gli attuali studenti dei Diplomi e dei Corsi di Laurea di Ingegneria, se lo desidereranno, passeranno al nuovo ordinamento. Ancora non esiste una tabella certa che dica chiaramente ad un tot di esami sostenuti del vecchio ordinamento quanti crediti corrispondano nel nuovo e quindi valuti le eventuali integrazioni. La parola d’ordine, peraltro, sarà di facilitare, per quanto possibile, il passaggio al nuovo, almeno per i diplomandi e per gli studenti iscritti ai primi anni del vecchio ordinamento in Ingegneria. Resta fermo, naturalmente, che i diritti acquisiti non si toccano. Gli iscritti fino al 2000/2001, se lo vorranno, potranno proseguire con il vecchio ordinamento, fino al conseguimento della laurea. In questo caso sarà equiparata al tre oppure al tre più due? “Dal punto di vista degli Ordini professionali -, ha recentemente dichiarato ad Ateneapoli il professor Francesco Garofalo, membro della Giunta di presidenza di Ingegneria- la laurea tradizionale in Ingegneria equivarrà al tre più due, al cinque, vale a dire alla laurea specialistica”.
Un ragazzo chiede lumi, durante l’incontro, circa la sorte di chi è già diplomato. “Volendo conseguire la laurea di primo livello, che tempi e che impegno mi si chiederanno”? Vitale: “è presumibile che ci sarà da colmare un debito formativo, ma non sarà elevatissimo”. Il docente coglie la palla al balzo per illustrare ai ragazzi la ratio della riforma, dal suo punto di vista. “Oggi ad Ingegneria si laurea il 25 – 30% degli iscritti. In quel 70% che resta non necessariamente rientrano i meno intelligenti; contano molto le condizioni di contorno ed il sostegno della famiglia. Il 30% impiega tra i 7 e gli 8 anni per laurearsi, si affaccia sul mercato a quasi trent’anni e per di più con competenze sovradimensionate, rispetto alle esigenze del mercato. Sono spesso impegnati in compiti inadeguati alle loro conoscenze; il rischio è di farne dei frustrati. Con i Diplomi si cercò di dare una risposta a questi problemi, ma fu pessima. L’errore è stato di progettarli come un percorso chiuso. Fino ad oggi il diplomato che volesse passare al corso di laurea si trova a dover sostenere un numero veramente alto di esami. Ma torniamo a quel 70%. Oggi è costituito da ragazzi che, abbandonando prima della laurea, perdono tutto quello che hanno fatto, durante gli studi. Domani ne potrebbero far parte persone che, dopo tre anni, escono dall’università con un titolo finito”.
Un ragazzo chiede lumi, durante l’incontro, circa la sorte di chi è già diplomato. “Volendo conseguire la laurea di primo livello, che tempi e che impegno mi si chiederanno”? Vitale: “è presumibile che ci sarà da colmare un debito formativo, ma non sarà elevatissimo”. Il docente coglie la palla al balzo per illustrare ai ragazzi la ratio della riforma, dal suo punto di vista. “Oggi ad Ingegneria si laurea il 25 – 30% degli iscritti. In quel 70% che resta non necessariamente rientrano i meno intelligenti; contano molto le condizioni di contorno ed il sostegno della famiglia. Il 30% impiega tra i 7 e gli 8 anni per laurearsi, si affaccia sul mercato a quasi trent’anni e per di più con competenze sovradimensionate, rispetto alle esigenze del mercato. Sono spesso impegnati in compiti inadeguati alle loro conoscenze; il rischio è di farne dei frustrati. Con i Diplomi si cercò di dare una risposta a questi problemi, ma fu pessima. L’errore è stato di progettarli come un percorso chiuso. Fino ad oggi il diplomato che volesse passare al corso di laurea si trova a dover sostenere un numero veramente alto di esami. Ma torniamo a quel 70%. Oggi è costituito da ragazzi che, abbandonando prima della laurea, perdono tutto quello che hanno fatto, durante gli studi. Domani ne potrebbero far parte persone che, dopo tre anni, escono dall’università con un titolo finito”.
Commissioni
docenti-studenti
docenti-studenti
Nel corso dell’incontro alcuni studenti hanno anche interpellato i docenti circa la possibilità, per la componente studentesca, di intervenire nel processo di attuazione della riforma. Ci si chiede, inoltre, quali siano i meccanismi attraverso i quali gli studenti potranno dire la loro. La riforma è stata approvata passando, di fatto, sulla loro testa. Almeno in questa fase sarebbe opportuno un maggior coinvolgimento della componente studentesca. Come realizzarlo? “Saranno fondamentali le commissioni paritetiche, anche in seno ai Consigli di Corso di Laurea”, risponde il professor Francesco Gagliardi, recentemente riconfermato alla presidenza di Ingegneria Elettrica. “Al loro interno studenti e docenti potranno tentare di costruire insieme il percorso. Per esempio, verificando che ad un tot di crediti corrisponda effettivamente il carico didattico previsto. Per Ingegneria Elettrica vi anticipo che il 24 porterò in Consiglio di Corso di Laurea proprio la proposta di istituzione della commissione paritetica”.
Ma a che punto è la riforma? “Il decreto relativo alla definizione del triennio, per le varie classi, è già norma dello Stato”, specifica il Preside Naso. “Quello relativo al successivo segmento formativo, al 2, è alle soglie della pubblicazione. Non ci sono dubbi, per quanto concerne Ingegneria, che la proposta del Ministro sia in sintonia con quella elaborata dal Collegio dei presidi”.
L’iniziativa organizzata dall’Unione degli Universitari ad Ingegneria è stata la prima di una serie. Hanno partecipato una sessantina di studenti. Altri sette incontri si svolgeranno fino a metà dicembre in varie facoltà della Federico II. “Servono per dare agli studenti una serie di informazioni circa l’attuazione della riforma”, ricorda Massimo Napolitano, laureando in Ingegneria Meccanica e responsabile delle Relazioni esterne per l’Unione degli Universitari. “Sono calibrati sulle specifiche realtà delle facoltà; ad Ingegneria, per esempio, la problematica più sentita è quella del passaggio degli studenti dal vecchio al nuovo ordinamento”.
Fabrizio Geremicca
Ma a che punto è la riforma? “Il decreto relativo alla definizione del triennio, per le varie classi, è già norma dello Stato”, specifica il Preside Naso. “Quello relativo al successivo segmento formativo, al 2, è alle soglie della pubblicazione. Non ci sono dubbi, per quanto concerne Ingegneria, che la proposta del Ministro sia in sintonia con quella elaborata dal Collegio dei presidi”.
L’iniziativa organizzata dall’Unione degli Universitari ad Ingegneria è stata la prima di una serie. Hanno partecipato una sessantina di studenti. Altri sette incontri si svolgeranno fino a metà dicembre in varie facoltà della Federico II. “Servono per dare agli studenti una serie di informazioni circa l’attuazione della riforma”, ricorda Massimo Napolitano, laureando in Ingegneria Meccanica e responsabile delle Relazioni esterne per l’Unione degli Universitari. “Sono calibrati sulle specifiche realtà delle facoltà; ad Ingegneria, per esempio, la problematica più sentita è quella del passaggio degli studenti dal vecchio al nuovo ordinamento”.
Fabrizio Geremicca