Ritorna a L’Orientale il giornalista Rai Paolo Longo

Le Storie Made in China continuano a richiamare un vasto pubblico. Una settantina e passa gli studenti che il 4 ottobre hanno affollato l’aula T2 di Palazzo del Mediterraneo per partecipare alla conferenza “Da Mao a Mao. Per andare avanti la Cina guarda indietro?” promossa dalla prof.ssa Paola Paderni, docente di Storia e Istituzioni della Cina. A presiedere il tavolo delle discussioni, una delle voci più note della Rai nelle corrispondenze da Pechino, il giornalista Paolo Longo, che ancora una volta incontra gli studenti dell’Ateneo. “È un’occasione di arricchimento culturale: momenti come questi servono ad aprire la mente. Con grande capacità di moderazione, Longo è tra i pochi giornalisti italiani in grado di raccontare storie affrontando temi complessi senza sfociare mai nella retorica”, afferma la prof.ssa Paderni. “La generazione di colleghi che mi ha preceduto, venendo in Cina, incontrava un Paese monolitico dove gli uni non venivano distinti dagli altri. Oggi invece siamo passati dalla fase collettiva a quella individualista, dove la cornice del Paese si va frantumando in un miliardo e trecento milioni di storie da raccontare”, le parole con cui Longo ha aperto l’incontro che ha visto la proiezione di video e immagini volte a precisare il tema del ritorno al Maoismo, oggetto del dibattito. Un fenomeno sempre più in forte espansione quello che vede il proliferare di slogan e pratiche maoistiche. “Tecnicamente – sottolinea Longo – non è possibile conciliare il Maoismo con il progresso. Il ritorno a questa dottrina rappresenta il tentativo estremo di ridare un fondamento morale al Paese”.
Il dibattito ha poi toccato tematiche differenti, sulla base delle richieste dei presenti. “In Cina ci sarà mai una Primavera così come è accaduto nel mondo arabo?”. “Non è possibile – risponde Longo – poiché manca una gioventù senza speranza. I giovani cinesi sono convinti che il loro domani sarà meglio di oggi. Su sette milioni di laureati, sei milioni trovano un impiego immediato dopo il conseguimento del titolo. Un altro motivo che impedisce qualsiasi tipo di insurrezione è l’eccessivo controllo esercitato dal governo. Scoppiano migliaia di rivolte, se ne contano circa 80mila periodicamente, ma sono tutte a carattere locale, non hanno la capacità di espandersi ad un ampio raggio”.
Sebbene le autorità governative cerchino di arginarlo, bloccando i motori di ricerca e controllandone gli accessi, “internet svolge un ruolo straordinario. È l’unico canale libero che fornisce informazioni non reperibili altrove. Tuttavia sono circa 50mila le persone ingaggiate dal governo e 300mila dai privati a lavorare quotidianamente per impedire che in rete si parli di cose scomode, limitando così le opportunità che la scintilla faccia esplodere la prateria”. A finire sotto le grinfie del sistema repressivo è anche il settore cinematografico, “un soft power” in rapida impennata. “La Cina sta tentando di costruire una propria Hollywood. Sono circa cinquecento i film prodotti ogni anno, ma la metà non andrà mai in onda perché condizionati dalla censura cinese prima ancora di essere prodotti”. Tuttavia la Tigre asiatica risulta “il secondo mercato al mondo per numero di biglietti staccati al cinema”.
Nelle battute finali si è discusso sul tema della censura con particolare riferimento all’esperienza personale del giornalista nel suo decennio di attività di corrispondenza presso la capitale della Repubblica popolare cinese. “Si stava meglio, quando si stava peggio – ironizza Longo – In questi dieci anni di attività sono stato arrestato almeno cento volte: mi portavano nella stazione di polizia più vicina, mi offrivano il thè come di consueto e poi mi rilasciavano dopo tre ore. Dal 2008 non c’è più bisogno di chiedere sette permessi prima di fare delle riprese, vige una maggiore libertà teorica, però dipendiamo di più dai malumori locali!”.
A fine incontro, registriamo i commenti degli studenti, tutti di segno positivo. “Quella di oggi rappresenta una delle poche occasioni che abbiamo di poter osservare la Cina più da vicino”, afferma Angelo Sperindio, studente del Corso di Laurea in Lingue, lettere e culture comparate “Abbiamo avuto la possibilità di esplorare le tematiche in oggetto in maniera più tangibile di quanto accada normalmente attraverso i manuali accademici”, sostiene Mario Palmieri, studente a Lingue e culture Orientali e Africane. “L’incontro di oggi ci ha fornito importanti spunti teorici. Conoscere il contesto storico, politico ed economico del Paese di cui si studia l’idioma è un’esperienza fondamentale che non va affrontata esclusivamente attraverso le pagine di un manuale”, concludono Luigi Beniamo, Sephora De Luca e Enza Meola, studenti a Lingue, Lettere e Culture Comparate. 
Rosaria Illiano
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