Studiare Latino divertendosi? L’impresa è possibile

“Salve, quid tibi nomen est? Quid agis?”. Ovvero “Ciao, come ti chiami? Come va?”: erano queste domande d’uso comune nell’antica Roma, ma oggi fa strano sentirle pronunciare davvero. Del resto, si pensa sempre al latino come una lingua morta, impossibile da parlare. Si può, invece, imparare a studiarlo con approcci e sistemi diversi, considerandolo al pari di tutte le altre lingue straniere che si insegnano all’Università. È questo il punto di partenza da cui è nato, lo scorso anno per la prima volta, un Laboratorio di Lingua Latina di primo livello aperto a tutti gli studenti dell’Ateneo, iscritti sia ai Corsi di Laurea Triennale che Magistrale, che non abbiano mai affrontato durante le scuole superiori lo studio delle lingue classiche. Non bisogna dimenticare, infatti, che su un’offerta di oltre 40 lingue, letterature e culture moderne impartite presso l’Ateneo vi sia una lunga tradizione nello studio del mondo antico dal punto di vista storico, linguistico, filologico e archeologico. Il corso, articolato in 12 lezioni (proseguirà fino agli inizi di giugno) con un incontro di due ore a settimana, è tenuto dal prof. Pierluigi Leone Gatti, latinista d’origine milanese, addottoratosi presso la Humboldt-Universität di Berlino dove ha insegnato e vive da diversi anni, per poi continuare l’esperienza di docente in altre Università tedesche e dal gennaio 2018 prendendo servizio a L’Orientale. “Il latino, se studiato male, è visto dagli studenti come qualcosa di eccessivamente noioso. Ed è così, purtroppo, già a partire dalla scuola perché lo si insegna per tradizione con metodi vecchi. Funziona molto di più, al contrario, avvicinare chi lo studia ad avere un contatto diretto e personale con la pratica della lingua”. Si può, insomma, renderlo più stimolante e divertente. Durante il dottorato in Germania, “mi sono molto occupato della didattica delle lingue antiche, rivedendo ad esempio le eccezioni presenti nelle grammatiche scolastiche e ho fatto ricerche nei miei libri per snellirle e riorganizzare il vocabolario così da costruire una base a disposizione di ogni discente che si fondasse sui lessici frequenziali, cioè sulle parole più importanti della lingua latina. Parole che compaiono con una certa frequenza in differenti contesti d’uso, ricorrono nelle frasi degli autori e anche nei proverbi e che abbiano per uno studente di oggi dei contenuti interessanti su cui riflettere”. Ed è per questa ragione che al Laboratorio si dedica sempre la parte iniziale della lezione alla lingua parlata. “Un’impostazione che proviene dalle metodologie didattiche frequenti all’estero dove la modalità laboratoriale costituisce una componente imprescindibile nella preparazione linguistica e che si rivelano molto più efficaci in sede d’apprendimento”. Diversamente da una lezione frontale, la classica ‘lecture’, in un seminario si impara di più perché la soglia d’attenzione del discente si mantiene sempre alta. Dal primo incontro, nel mese di marzo, gli studenti (20 in tutto gli iscritti, tra cui non soltanto aspiranti archeologi) “sono rimasti molto colpiti dal fatto che mi rivolgessi a loro, già dal saluto, in latino con espressioni del tipo ‘Salvete quam maxime sodales hic ego vos omnes ex animo saluto!’. Del resto, non l’avevano mai parlato e la maggior parte, che non l’ha mai neppure incontrato prima d’ora, non immaginava che si potesse conversare in questa lingua. Si sono molto divertiti e pian piano hanno iniziato a rispondere e a interagire attivamente in aula, deducendo automaticamente dalla pratica le nozioni di grammatica”. L’obiettivo principale alla base del seminario è offrire i rudimenti di base della fonetica, della morfologia, del lessico e della sintassi utili a un successivo approfondimento, per approdare a un livello più avanzato di lingua – nel Laboratorio di II livello – ed essere in grado di leggere testi autoriali, interpretarli e comprenderne il senso, “nonché attraverso la teoria riflettere su temi socio-culturali, antropologici o etici veicolati dalla lingua”. Che, però, può essere applicata anche per parlare della più stringente attualità. “A lezione faccio sempre ascoltare il telegiornale in latino, dopodiché testiamo la comprensione di quanto detto per esercitare le abilità comunicative”. Lingua parlata e ascolto, grammatica tradizionale ma scientifica, un po’ di storia della lingua ma anche tecnica della traduzione. “In un corso di livello base, gli studenti traducono ciò che leggono e imparano a ragionare sul significato dei concetti espressi nella lingua di partenza per renderli in un buon italiano”. La riflessione linguistica è il passaggio obbligatorio di qualsiasi processo traduttivo ed è più che mai necessario “se manca la coscienza storica di una lingua. Gli studenti, spesso, non hanno ben chiaro che le parole italiane derivano per l’80% dal latino, alcuni non hanno mai riflettuto sui casi e le declinazioni, oppure sull’analisi logica di una frase. L’esercizio del latino può, certamente, renderli più consci”. Un esempio utile: “è capitato che a lezione alcuni studenti fossero stupiti dal fatto che l’aggettivo ‘lieto’ e la parola ‘letame’ derivino dalla stessa radice, ma per i Romani – un popolo essenzialmente contadino – in agricoltura un campo poteva essere definito lieto quando era concimato”. Strategie didattiche che, lavorando sul metodo induttivo, funzionano nello studio di qualsiasi lingua viva e arricchiscono notevolmente il bagaglio degli aspiranti linguisti e archeologi. “A L’Orientale c’è l’unico Corso di Laurea in Archeologia della Campania che offre la possibilità, attraverso il conseguimento di tutti crediti necessari, di partecipare al concorso per diventare insegnanti nella scuola”. Sicuramente, uno sbocco interessante insieme ad altri possibili che hanno a che fare con la gestione del nostro prezioso patrimonio culturale. “Ebbene, perché studiare le lingue classiche oggi? Perché c’è bisogno di qualcuno che conosca le origini e la storia delle antiche Pompei ed Ercolano, che possa occuparsi dei papiri ercolanesi, svolgere l’attività di archeologo a 360° riuscendo anche a decifrare i testi in lingua antica”. Motivo per cui “si sta ragionando, anche negli ultimi Consigli di Dipartimento, sull’idea di rafforzare i Laboratori linguistici” che, rivolgendosi a un numero più ridotto di frequentanti, consentono di agire in uno spazio più aperto al dialogo col docente. “Se chi studia cinese, coreano o ebraico si confronta con lingue distanti dal punto di vista geografico, la cultura classica afferisce a un mondo lontano nel tempo, ma che non ci è estraneo, anzi si riflette continuamente in noi”. Si può allora valorizzare in qualche modo lo studio del greco e del latino? “A dire la verità – conclude il docente – non so se dobbiamo essere noi a valorizzare le lingue antiche o sono loro a valorizzare noi. Studiare qualsiasi lingua rappresenta per chi lo fa un dono per imparare a sezionare la realtà con strumenti diversi, guardare il mondo da altre angolature e non essere più prigionieri di un’unica prospettiva”.
Sabrina Sabatino
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