Orsola Benincasa da anni è un riferimento importante, in città, per le istituzioni interessate a perseguire strategie di inclusione e di integrazione. Proprio l’Ateneo in questione, d’altronde, propone due insegnamenti – Modelli sociali della disabilità e Sociologia della disabilità e della marginalità – specifici su questi temi. Il primo nel Corso di Laurea in Scienze dell’educazione, il secondo nel Corso di Laurea in Scienze della formazione primaria. Entrambi sono affidati al prof. Ciro Pizzo, un ricercatore che è anche il coordinatore delle iniziative a beneficio dei disabili e degli studenti i
quali abbiano evidenziato disturbi dell’apprendimento. Quanti sono al Suor Orsola gli studenti disabili? “Attualmente, tra disabili e ragazzi con disturbi dell’apprendimento, frequentano stabilmente una cinquantina di allievi. Gli iscritti sono sessanta o settanta. Negli ultimi anni sono passati nelle tre Facoltà 300 studenti disabili e con disturbi dell’apprendimento. Nell’ambito delle disabilità, le casistiche sono varie. Ci sono persone non deambulanti,
ragazze e ragazzi con problemi di ritardo mentale, ciechi e sordi. Ancora, c’è qualche studente affetto da autismo. Nell’ambito dei disturbi dell’apprendimento – che appaiono fortemente in crescita perché, a differenza che in passato, sono diagnosticati e non ignorati – prevale la dislessia”.
Cosa fa l’Ateneo per aiutare questi ragazzi nel loro percorso universitario? “Evidentemente le strategie sono eterogenee, perché gli interventi non possono che essere personalizzati. In linea generale, abbiamo un progetto molto bello ed interessantedi tutoraggio da parte degli studenti a beneficio dei loro colleghi disabili. Li seguono in Ateneo, li aiutano a prendere appunti, li assistono nella preparazione degli esami. Formiamo i tutor nell’anno precedente a quello nel quale poi entrano in attività. È una iniziativa che ha una duplice valenza. Garantisce ai ragazzi disabili un sostegno
da parte di chi è studente come loro e permette agli allievi non disabili di conoscere da vicino la realtà della disabilità, sviluppando empatia e sensibilità verso questo mondo. Non è raro che dai rapporti di tutorato scaturiscano poi vere e proprie amicizie, che durano negli anni e vanno al di là della durata dei percorsi universitari”. Quali strumenti di sostegno alla didattica mette in campo il servizio per la disabilità dell’Ateneo? “C’è un’attività di digitalizzazione dei testi, finalizzata alla produzione di audiolibri a beneficio dei non vedenti, che si svolge tutto all’interno del Suor Orsola. Abbiamo una stampante braille ed audiolibri. Naturalmente c’è sempre la possibilità di fare di più e di migliorare in questo campo. Per questo motivo mi sforzo di mantenere sempre costanti legami e dialogo con le tante associazioni che operano nell’ambito della disabilità. Sono loro che possono e devono aiutarci a migliorare il servizio ed a calibrare le iniziative in maniera tale che risultino particolarmente efficaci nella strategia di inclusione che cerchiamo di attuare”. In che si sostanziano i rapporti tra il Suor Orsola Benincasa ed il mondo delle associazioni dei disabili? “I rappresentanti di queste ultime sono ospiti non di rado qui in Ateneo, partecipano alle lezioni con gli studenti e raccontano le proprie esigenze, le proprie difficoltà e le proprie speranze. Quest’anno, per esempio, nell’ambito del primo semestre ho avuto il piacere di invitare ai miei corsi esponenti della Lega del filo d’oro, dell’Unione ciechi e di altre importanti associazioni. Abbiamo incontrato, qui all’Università, Silvana Piscopo, la professoressa non vedente che è stata anche dirigente scolastico; Toni Nocchetti,
protagonista di tante battaglie con l’associazione ‘Tutti a scuola’, che punta all’inclusione scolastica degli allievi con disabilità; Salvatore Nocera, uno degli avvocati più attivi nella rivendicazione dei diritti dei disabili. Sono state preziosissime occasioni di crescita per tutti i soggetti coinvolti, disabili ospiti e studenti”. Come hanno reagito gli allievi dei suoi corsi? “Ho sperimentato che c’è molta curiosità, da parte loro, di capire come riescano le persone disabili
ad affrontare e superare le mille barriere della vita quotidiana, dal lavarsi al fare la spesa. All’inizio non è stato facile per nessuno, perché c’è
anche una sorta di timore nel toccare corpi e realtà differenti, ma poi si è sviluppato un bellissimo dialogo”. Come procede il progetto ‘Napoli tra le mani’, che nacque su iniziativa del Suor Orsola per proporre, insieme a musei ed istituzioni culturali, percorsi di fruizione delle aree espositive praticabili anche dai disabili? “Quest’anno abbiamo fatto partecipare i musei al nostro laboratorio formativo ed il prossimo anno offriremo un corso di formazione per operatori museali, in modo che possano conseguire anche una certificazione che attesti le loro competenze specifiche nell’ambito dell’inclusione. Contemporaneamente, si estende la rete dei musei che aderiscono al progetto e sono interessati a concordare con noi la realizzazione di percorsi studiati per garantire la fruibilità anche a chi è disabile. Se qualche anno fa il progetto riguardava esclusivamente Napoli, ora speriamo di allargare il
raggio di azione anche al di fuori della città. La Campania è ricchissima di siti culturali interessanti ed è un dovere di ognuno fare in modo che possano goderne tutti”. Altre novità? “Sta per ripartire la collana di pubblicazioni del servizio per le attività degli studenti con disabilità del Suor Orsola. Puntiamo molto sulla condivisione a livello scientifico delle esperienze svolte in questi anni, perché è dal confronto che possono scaturire idee sempre più interessanti e valide”.
Fabrizio Geremicca
quali abbiano evidenziato disturbi dell’apprendimento. Quanti sono al Suor Orsola gli studenti disabili? “Attualmente, tra disabili e ragazzi con disturbi dell’apprendimento, frequentano stabilmente una cinquantina di allievi. Gli iscritti sono sessanta o settanta. Negli ultimi anni sono passati nelle tre Facoltà 300 studenti disabili e con disturbi dell’apprendimento. Nell’ambito delle disabilità, le casistiche sono varie. Ci sono persone non deambulanti,
ragazze e ragazzi con problemi di ritardo mentale, ciechi e sordi. Ancora, c’è qualche studente affetto da autismo. Nell’ambito dei disturbi dell’apprendimento – che appaiono fortemente in crescita perché, a differenza che in passato, sono diagnosticati e non ignorati – prevale la dislessia”.
Cosa fa l’Ateneo per aiutare questi ragazzi nel loro percorso universitario? “Evidentemente le strategie sono eterogenee, perché gli interventi non possono che essere personalizzati. In linea generale, abbiamo un progetto molto bello ed interessantedi tutoraggio da parte degli studenti a beneficio dei loro colleghi disabili. Li seguono in Ateneo, li aiutano a prendere appunti, li assistono nella preparazione degli esami. Formiamo i tutor nell’anno precedente a quello nel quale poi entrano in attività. È una iniziativa che ha una duplice valenza. Garantisce ai ragazzi disabili un sostegno
da parte di chi è studente come loro e permette agli allievi non disabili di conoscere da vicino la realtà della disabilità, sviluppando empatia e sensibilità verso questo mondo. Non è raro che dai rapporti di tutorato scaturiscano poi vere e proprie amicizie, che durano negli anni e vanno al di là della durata dei percorsi universitari”. Quali strumenti di sostegno alla didattica mette in campo il servizio per la disabilità dell’Ateneo? “C’è un’attività di digitalizzazione dei testi, finalizzata alla produzione di audiolibri a beneficio dei non vedenti, che si svolge tutto all’interno del Suor Orsola. Abbiamo una stampante braille ed audiolibri. Naturalmente c’è sempre la possibilità di fare di più e di migliorare in questo campo. Per questo motivo mi sforzo di mantenere sempre costanti legami e dialogo con le tante associazioni che operano nell’ambito della disabilità. Sono loro che possono e devono aiutarci a migliorare il servizio ed a calibrare le iniziative in maniera tale che risultino particolarmente efficaci nella strategia di inclusione che cerchiamo di attuare”. In che si sostanziano i rapporti tra il Suor Orsola Benincasa ed il mondo delle associazioni dei disabili? “I rappresentanti di queste ultime sono ospiti non di rado qui in Ateneo, partecipano alle lezioni con gli studenti e raccontano le proprie esigenze, le proprie difficoltà e le proprie speranze. Quest’anno, per esempio, nell’ambito del primo semestre ho avuto il piacere di invitare ai miei corsi esponenti della Lega del filo d’oro, dell’Unione ciechi e di altre importanti associazioni. Abbiamo incontrato, qui all’Università, Silvana Piscopo, la professoressa non vedente che è stata anche dirigente scolastico; Toni Nocchetti,
protagonista di tante battaglie con l’associazione ‘Tutti a scuola’, che punta all’inclusione scolastica degli allievi con disabilità; Salvatore Nocera, uno degli avvocati più attivi nella rivendicazione dei diritti dei disabili. Sono state preziosissime occasioni di crescita per tutti i soggetti coinvolti, disabili ospiti e studenti”. Come hanno reagito gli allievi dei suoi corsi? “Ho sperimentato che c’è molta curiosità, da parte loro, di capire come riescano le persone disabili
ad affrontare e superare le mille barriere della vita quotidiana, dal lavarsi al fare la spesa. All’inizio non è stato facile per nessuno, perché c’è
anche una sorta di timore nel toccare corpi e realtà differenti, ma poi si è sviluppato un bellissimo dialogo”. Come procede il progetto ‘Napoli tra le mani’, che nacque su iniziativa del Suor Orsola per proporre, insieme a musei ed istituzioni culturali, percorsi di fruizione delle aree espositive praticabili anche dai disabili? “Quest’anno abbiamo fatto partecipare i musei al nostro laboratorio formativo ed il prossimo anno offriremo un corso di formazione per operatori museali, in modo che possano conseguire anche una certificazione che attesti le loro competenze specifiche nell’ambito dell’inclusione. Contemporaneamente, si estende la rete dei musei che aderiscono al progetto e sono interessati a concordare con noi la realizzazione di percorsi studiati per garantire la fruibilità anche a chi è disabile. Se qualche anno fa il progetto riguardava esclusivamente Napoli, ora speriamo di allargare il
raggio di azione anche al di fuori della città. La Campania è ricchissima di siti culturali interessanti ed è un dovere di ognuno fare in modo che possano goderne tutti”. Altre novità? “Sta per ripartire la collana di pubblicazioni del servizio per le attività degli studenti con disabilità del Suor Orsola. Puntiamo molto sulla condivisione a livello scientifico delle esperienze svolte in questi anni, perché è dal confronto che possono scaturire idee sempre più interessanti e valide”.
Fabrizio Geremicca