Un progetto per usare e smaltire meglio la plastica

È appena partita una campagna di sensibilizzazione per disincentivare l’utilizzo delle bottiglie di plastica per la distribuzione di acqua nei bar e ristoranti nei pressi delle sedi di Ingegneria a Fuorigrotta. L’hanno ideata quattro studenti. Un’iniziativa significativa nata su proposta del prof. Giovanni Filippone, Coordinatore dei Corsi di Laurea in Ingegneria dei Materiali, che ha sottoposto dal principio la questione tecnica agli studenti dei corsi di Sostenibilità Ambientale dei Materiali. Salta subito all’occhio “ai tavoli la notevole quantità di bottigliette di plastica, maggiore rispetto all’estero, dove molto spesso viene servita acqua corrente in contenitori riutilizzabili”, fa notare Francesco Abate. Da lì l’idea di ragionare in termini etici su questo comportamento. In primis, la domanda: da un punto di vista ambientale, ‘il vetro è davvero migliore della plastica?’. Tanti i fattori da considerare per esprimere un’opinione a riguardo. Punto di forza del lavoro degli studenti l’aspetto scientifico delle ricerche, mirando a obiettivi più lontani: “comunicare in maniera efficace agli utenti la nostra posizione”, finalizzata alla “diffusione di una coscienza ma anche di una cultura ambientale, coniugando questi aspetti con le necessità commerciali dell’esercente”. Tuttavia, “sarebbe irrealistico – interviene Vittoria Vitagliano – pensare di abolire o sostituire totalmente la plastica. Ma è fondamentale saperla utilizzare coscientemente e risparmiarla, lì dove è possibile”. Anche perché “la plastica non è una risorsa infinita, per questo è cosi preziosa”. Analogamente, il termine plastica si adopera in modo troppo generico: non tutti, infatti, sanno che “solo per alcuni tipi è oggi prevista una filiera di riciclo. Sicuramente sono riciclabili al 100% PET, il materiale con cui vengono fatte le bottiglie di plastica, e l’HDPE dei flaconi dei detersivi. Tutto il resto che gettiamo nel cassonetto giallo finisce nel termovalorizzatore producendo energia. Riciclare non sempre è la scelta più sostenibile. Ci sono dei costi e dei processi (anche burocratici) non semplici”. In altre parole, “il problema non è la plastica in sé: non bisogna demonizzarla, al contrario conoscerla meglio e apprezzarla. Se ne spreca e se ne produce più di quanta l’ecosistema riesca a smaltire, dato che degrada in tempi lunghissimi”. In questa lotta, “c’è bisogno urgente di un piano di corretto smaltimento e riutilizzo, anche perché per molte applicazioni la plastica è insostituibile”. La riflessione di Vittoria porta a galla un’evidenza: “il mondo è in affanno per lo smaltimento della plastica e solo da poco ci si sta rendendo conto – grazie agli esperti – dei danni causati all’ecosistema dalla dispersione della stessa nell’ambiente”. In generale, però, “studiare il ciclo di vita di un prodotto ‘dalla culla alla tomba’ non è semplice, poiché entrano in gioco tutta una serie di variabili abbastanza complesse”. Da questi discorsi, riprende Francesco, “vorremmo far emergere anche come la sostenibilità ambientale sia una tematica estremamente sfaccettata, in cui ridurre tutto all’unità è sostanzialmente impossibile”. Si possono stabilire, però, alcune linee guida di massima: in questo caso, “la sostituzione dell’acqua minerale in bottiglia con acqua del rubinetto in brocca risulta preferibile nel momento in cui si garantisce una vita utile del recipiente in vetro con un numero minimo di riutilizzi e se si è in possesso di una fonte di acqua di qualità sufficiente”. Ciò significa che ogni locale (come quello coinvolto nella campagna) dovrebbe dotarsi “di un sistema di filtraggio e purificazione manutenuto con costanza”. Più complicato sarebbe trasferire il discorso ad altre sedi come gli ospedali, “dove il riutilizzo è limitato forzatamente da questioni d’igiene”, che lasciano escludere a priori l’impiego di recipienti in plastica riutilizzabili. Per tale ragione, il progetto “è stato un buon modo per mettere alla prova le nostre abilità di coordinamento”, nonché “un’esperienza formativa molto utile per il futuro”, poiché in qualsiasi campo lavorativo il lavoro di squadra costituisce “un requisito fondamentale, tanto più nel nostro settore, essendo la collaborazione parte integrante del metodo scientifico”. Per un futuro ingegnere dei materiali, infatti, continua Corinna Ponti, è fondamentale “avere consapevolezza dell’impatto ambientale di un prodotto, o un materiale, guardando a tutte le fasi che lo portano a esistere ed essere utile alla società: approvvigionamento delle materie prime, processo, utilizzo e, ultimo ma importantissimo, il fine vita”. La soluzione sta nella circolarità: “l’ideale sarebbe progettare prodotti e materiali che si possano riutilizzare o riassemblare. Oppure, quando ciò non è possibile, riciclare e termovalorizzare, pensando soltanto in ultima istanza allo smaltimento in discarica”. Quando si parla di sostenibilità ambientale, “ogni consumatore dovrebbe avere ben chiaro il valore complessivo di un prodotto, conoscerne almeno in parte l’iter che l’ha portato nella propria casa, di modo da poterne fare un uso coscienzioso e smaltirlo nella maniera corretta”, riducendo gli sprechi. “Per spreco non va inteso solo usare qualcosa a dismisura, ma anche non utilizzarla al massimo delle sue possibilità: una bottiglia di plastica è troppo preziosa per essere usata solo nello spazio di mezza giornata”. Per ottenere risultati concreti, in sostanza, bisogna dare valore alla plastica e diffondere consapevolezza negli altri, “parlando con genitori e amici, facendo notare attraverso un’analisi più ampia e con basi scientifiche il problema della sostenibilità”, spiega Marco Ricciulli. Anche sui social “proviamo a raccontare esperienze vissute in prima persona”, come le visite alla Piattaforma Corepla (Selezione e Riciclo di Plastica e Metalli) e al Termovalorizzatore A2A di Acerra. Prossimamente, “vorremmo estendere quest’iniziativa ad altri esercizi commerciali in zona universitaria per poi diffonderla in tutti i quartieri della città. Abbiamo pensato di collaborare con associazioni di volontari ma anche con il Comune, al quale pensiamo di offrire un’idea per contribuire alla riduzione della produzione di rifiuti”.
Sabrina Sabatino
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