Sono gli astronauti che si muovono tra i letti e i corridoi dei reparti Covid, tutoni integrali con tutti i dispositivi di sicurezza indosso. Ma sono anche volti, sorrisi, storie da raccontare. Questi astronauti sono, in realtà, medici e personale sanitario che ogni giorno cura e assiste i pazienti. E allora perché non cercare un modo per mostrare loro quel sorriso e per condividere uno sguardo rassicurante? È l’idea nata nel reparto COVID di Ginecologia ed Ostetricia della Federico II, a guida del prof. Giuseppe Bifulco, Direttore del Dipartimento Materno Infantile, in cui il personale indossa, sulle tute monouso, dei badge usa e getta con foto, nome e cognome. E sono ben 4000 le foto stampate ad oggi, distribuite tra i 40 operatori del reparto.
Il promotore dell’iniziativa è il prof. Maurizio Guida, docente di Scienze infermieristiche ostetrico-ginecologiche e responsabile della Fisiopatologia Ostetrica Ginecologica: “I malati di Covid sono spesso preoccupati dalla difficoltà di instaurare un rapporto umano con medici, infermieri e personale sanitario, con cui non riescono a familiarizzare ed empatizzare perché nascosti dietro voluminose bardature – tute integrali, cappuccio, mascherine, occhialini e visiere, doppi guanti, con i soli occhi che si intravedono un po’ e la voce che suona alterata – E, nelle donne incinte, la paura del Covid si aggiunge a tutte le ansie connaturate con il loro stato. Fino ad oggi, comunque, tutti i bambini di madri che lo hanno contratto sono nati sani. C’è da precisare, però, che il virus è recente e non ci sono notizie certe sui postumi della malattia”. In reparto ci sono 30 posti letto. Al momento le pazienti sono meno di una decina. Qualche operatore aveva già cominciato a scrivere sulla tuta il proprio nome con un pennarello, ma l’idea di mostrare una foto, un volto, “poteva essere ancora di più un modo per far sentire queste signore, tutte giovani, in genere sotto i quarant’anni e alcune davvero giovanissime, magari al primo figlio, più comprese e a proprio agio”. Le foto sono adesive, si attaccano alla tuta e vengono gettate insieme con questa. “Ci ha aiutato un bravissimo tipografo – l’iniziativa è stata finanziata dal reparto – E sono state stampate 100 foto per ciascun operatore. A Natale abbiamo dato anche una piccola festa e la caposala ha disegnato un albero di Natale con tutte queste foto sul muro della medicheria”. C’è chi ha scelto un’immagine un po’ più istituzionale, chi ha lasciato correre la fantasia a briglie sciolte: “Un’ostetrica ha inviato una fotografia del suo matrimonio in cui ha una bella acconciatura, con un trucco particolare. Un’altra ha scelto un’immagine in cui era ritratta quando era incinta, con un fisico più formoso proprio perché le donne si potessero identificare con lei. Un modo per far capire che, oltre la professionalità, ci sono una donna e una mamma”. Il prof. Guida ha scelto “una foto che mi autocompiace – scherza – in cui sono in camice, ma con un bel sorriso. Queste immagini non vogliono essere semplicemente identificative, quanto piuttosto un manifesto della storia che c’è dietro l’operatore”. E l’iniziativa ha avuto decisamente un ottimo riscontro: “Della caposala qualche paziente aveva pensato che fosse bionda, qualcun altro era stato immaginato più vecchio. Le signore del reparto ci hanno scritto anche delle lettere per esprimere il loro apprezzamento”. Sicuramente, quindi, andrà avanti: “Sia il nostro Direttore Generale che il Direttore Sanitario sono donne e hanno apprezzato l’iniziativa. La mission della medicina in fondo è curare il paziente, facendogli tornare e donandogli un sorriso”.
Il promotore dell’iniziativa è il prof. Maurizio Guida, docente di Scienze infermieristiche ostetrico-ginecologiche e responsabile della Fisiopatologia Ostetrica Ginecologica: “I malati di Covid sono spesso preoccupati dalla difficoltà di instaurare un rapporto umano con medici, infermieri e personale sanitario, con cui non riescono a familiarizzare ed empatizzare perché nascosti dietro voluminose bardature – tute integrali, cappuccio, mascherine, occhialini e visiere, doppi guanti, con i soli occhi che si intravedono un po’ e la voce che suona alterata – E, nelle donne incinte, la paura del Covid si aggiunge a tutte le ansie connaturate con il loro stato. Fino ad oggi, comunque, tutti i bambini di madri che lo hanno contratto sono nati sani. C’è da precisare, però, che il virus è recente e non ci sono notizie certe sui postumi della malattia”. In reparto ci sono 30 posti letto. Al momento le pazienti sono meno di una decina. Qualche operatore aveva già cominciato a scrivere sulla tuta il proprio nome con un pennarello, ma l’idea di mostrare una foto, un volto, “poteva essere ancora di più un modo per far sentire queste signore, tutte giovani, in genere sotto i quarant’anni e alcune davvero giovanissime, magari al primo figlio, più comprese e a proprio agio”. Le foto sono adesive, si attaccano alla tuta e vengono gettate insieme con questa. “Ci ha aiutato un bravissimo tipografo – l’iniziativa è stata finanziata dal reparto – E sono state stampate 100 foto per ciascun operatore. A Natale abbiamo dato anche una piccola festa e la caposala ha disegnato un albero di Natale con tutte queste foto sul muro della medicheria”. C’è chi ha scelto un’immagine un po’ più istituzionale, chi ha lasciato correre la fantasia a briglie sciolte: “Un’ostetrica ha inviato una fotografia del suo matrimonio in cui ha una bella acconciatura, con un trucco particolare. Un’altra ha scelto un’immagine in cui era ritratta quando era incinta, con un fisico più formoso proprio perché le donne si potessero identificare con lei. Un modo per far capire che, oltre la professionalità, ci sono una donna e una mamma”. Il prof. Guida ha scelto “una foto che mi autocompiace – scherza – in cui sono in camice, ma con un bel sorriso. Queste immagini non vogliono essere semplicemente identificative, quanto piuttosto un manifesto della storia che c’è dietro l’operatore”. E l’iniziativa ha avuto decisamente un ottimo riscontro: “Della caposala qualche paziente aveva pensato che fosse bionda, qualcun altro era stato immaginato più vecchio. Le signore del reparto ci hanno scritto anche delle lettere per esprimere il loro apprezzamento”. Sicuramente, quindi, andrà avanti: “Sia il nostro Direttore Generale che il Direttore Sanitario sono donne e hanno apprezzato l’iniziativa. La mission della medicina in fondo è curare il paziente, facendogli tornare e donandogli un sorriso”.
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