Vladimir Luxuria ospite a L’Orientale

Il 28 maggio è una giornata che lascia il segno a L’Orientale. “Perché il dibattito che affronta temi legati all’omofobia – ma anche bi, trans e lesbofobia – e alle discriminazioni deve essere anzitutto contrastato nei luoghi che difendono la cultura e la ricerca, in un clima in cui lo scambio di idee possa avvenire in maniera democratica, e non lasciato in balia dello spettacolo mediatico o di strumentalizzazioni politiche”, è la premessa del prof. Giuseppe Balirano, docente di Lingua e Linguistica Inglese e Direttore del Centro di Ricerca Interuniversitario I-Land (Identity, Language and Diversity), a un seminario che registra il boom di presenze nell’Aula Mura Greche di Palazzo Corigliano. Neanche a farlo apposta, una risposta positiva di contro a ciò che è accaduto non troppi giorni prima all’Università di Verona, dove è stato sospeso e poi rinviato per il timore di violente derive razziste un convegno che aveva per oggetto la questione dei richiedenti asilo perseguitati perché LGBT(QI). Il problema, che ha le sue radici nella disseminazione ad ampio raggio della conoscenza legata alla tutela dei diritti fondamentali, va arginato con l’arma più potente: la cultura. E gli strumenti per diffonderla: le lingue. “Siamo in un Ateneo che nasce sotto la spinta illuminata di coloro che hanno tre secoli fa intravisto nella diversità un valore inestimabile, un arricchimento per la comunità scientifica. Non è – come spesso si dice – ‘eticamente controverso’ parlarne, quanto piuttosto farlo abusando di una terminologia non adatta”, prosegue il prof. Antonio Fruttaldo introducendo l’attesissima ospite d’eccezione, Vladimir Luxuria. Attivista, scrittrice, noto personaggio televisivo, l’ex parlamentare (nonché prima transgender a essere eletta nel parlamento di uno Stato europeo) si è laureata nel 1985 con 110 e lode in Lingue e Letterature Straniere con una tesi proprio in Inglese. “Gay, trans, lesbiche: tutti ne parlano, ma in alcune parti del mondo certe parole sono ancora tabù. Se ne fa in molte occasioni un uso improprio, perché manca un’educazione linguistica ai temi della ‘sexual orientation’ e di ‘gender identity’, intorno a cui aleggia una gran confusione”. Qual è la differenza tra i due? Ebbene, diatribe a parte, “l’orientamento sessuale riguarda l’attrazione fisica, psichica, sessuale verso altre persone”, laddove “l’identità di genere riguarda il rapporto col nostro corpo e la percezione del sé”. Tanti i termini sdoganati per indicare le problematiche connesse alle teorie omofobe, in seguito rinominati a causa della stigmatizzazione che comportano dal punto di vista medico e giuridico-amministrativo: “da Disturbo dell’Identità di Genere si è passati all’etichetta Disforia di genere sino a parlare di terapie riparative (o di conversione) e addirittura di ‘malattia’ per definire e riconoscere persone ritenute secondo l’ideologia di genere m/f ‘contro natura’ perché non conformi al proprio sesso anagrafico”, interviene Carlo Cremona, Presidente dell’Associazione I-Ken Onlus. Al contrario, “il riconoscimento e la discussione sulla non-conformità-di-genere già nelle scuole, e non solo sui media e ai Pride, aiuterebbe a prevenire in fase incipiente fenomeni di bullismo, misoginia o non-inclusione, da sempre esistenti e adombrati in società maschiliste, in cui essere uomini vuol dire avere più diritti o uno stipendio più alto, e all’interno di una cultura familista – come quella prevalente nel nostro Paese – in cui essere gay, o ‘ricchione’, assume inevitabilmente una connotazione negativa”. In realtà, non tutti sanno che – come spiega la dott.ssa Luxuria – questo dialettismo napoletano (letteralmente, significa ‘dalle grandi orecchie’) abbia un etimo di origine spagnola che “veniva utilizzato dai conquistadores per indicare gli Inca, la cui usanza comune era dilatare i lobi delle orecchie con grandi orecchini, e presso le cui tribù l’omo o transessualità non era mai stata considerata un problema”. Il dialogo con la platea di studenti accorsi numerosi nasce spontaneo: “cos’è allora contro natura?”, chiede una studentessa. “Reprimersi – risponde Luxuria – Cioè non esprimersi per ciò che si è veramente. L’uomo è da sempre frutto di un’interazione tra natura e cultura. Se fossimo rimasti allo stato selvaggio, ossia tutto quello che può dirsi ‘naturale’, non avremmo avuto né gli affreschi di Michelangelo né la chirurgia plastica”. Tuttavia, in Italia non esiste una legge che preveda l’adeguamento di genere nei dati anagrafici prima dell’avvenuta operazione di riassegnazione chirurgica del sesso, argomento parecchio dibattuto nel quadro delle battaglie delle associazioni come Arcigay. “In verità, col tempo anche i linguaggi dei movimenti LGBT italiani sono cambiati: da toni irriverenti e provocatori tesi all’esagerazione e alla messa in mostra del corpo nudo, le rivendicazioni egualitarie dell’oggi anelano a una situazione di normalità, in cui per esempio non possa apparire ‘strano’ che una trans lavori come hostess o direttrice di banca”. Avere un buon rapporto con la propria immagine riflessa nello specchio non è infatti solo una questione estetica, bensì di identità. “Armonizzarsi alla percezione di se stessi è l’unica via per liberare l’anima”. E disquisendo di ‘gender fluid’, Luxuria aggiunge con ironia: “i Gender Studies non li ho inventati io, la storia della costola di Adamo insegna che l’uomo aveva una donna dentro di sé. Nascere donna in certi Paesi è considerata una iattura, per me un desiderio – e conclude tra sonanti applausi – Alle donne, perciò, dico: questo è un bellissimo regalo che vi ha fatto la natura, nel mio caso un regalo che mi sono fatta da sola”.
Sabrina Sabatino
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