Aziende a conduzione familiare “la spina dorsale della nostra economia”

Circa 217mila le aziende a conduzione familiare nel Mezzogiorno, concentrate nell’industria manifatturiera, alimentare, tessile, nel commercio all’ingrosso e nel settore alloggio e ristorazione. Rappresentano il 61% delle realtà aziendali al Sud e contano circa 2,5 milioni di occupati. Alla guida delle aziende, 1 su 8, due generazioni insieme, pronte al passaggio generazionale, nel 69% dei casi, a membri familiari. Ecco il quadro che emerge dal primo report FLAG sulle imprese familiari del Mezzogiorno, realizzato dal Dipartimento di Economia, Management, Istituzioni (Demi) della Federico II, il Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università di Bari ‘Aldo Moro’ e Deloitte Private.

Lo studio, condotto su 128 aziende familiari in Campania, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, è stato presentato il 27 marzo nella sede della Masmec di Modugno in Puglia, azienda leader della meccatronica. Hanno partecipato, tra gli altri, Alessandro Delli Noci, assessore allo Sviluppo economico della Regione Puglia; Stefano Bronzini, Rettore dell’Università di Bari; Donata Mussolino, Ordinario del Demi della Federico II; Pasquale Lampugnale, Vicepresidente Nazionale Piccola Industria Confindustria; Giovanna Gregori, Consigliera Delegata Associazione Italiana delle Aziende Familiari (Aidaf).

Il FLAG, Family Business Lab on Accounting & Governance, è un hub che nasce “per una ricerca congiunta con un focus sulle imprese familiari nel Mezzogiorno d’Italia, che abbiamo voluto intraprendere perché non esisteva – spiega la prof.ssa Donata Mussolino Iniziammo nel 2003 sotto la guida del professore Enrico Viganò e in questi 22 anni la prospettiva si è completamente ribaltata: le aziende familiari erano considerate un anacronismo destinato a scomparire per la competitività con le grandi multinazionali professionalizzate”. Come si evince dalla ricerca, però, il tessuto economico italiano è “composto per l’85% di aziende familiari, quindi non solo non sono scomparse, ma rappresentano la spina dorsale della nostra economia”, sottolinea la prof.ssa Mussolino.

Per il prof. Alessandro Cirillo, Associato del Demi della Federico II, “il binomio impresa-famiglia è fortemente radicato nel tessuto imprenditoriale italiano. Tuttavia, la sua importanza è ancora più tangibile nel contesto nel Mezzogiorno dove le famiglie imprenditoriali operano perseguendo strategie che puntano all’eccellenza facendo leva su competenze specialistiche che spesso si tramandano di generazione in generazione”. Sono infatti le generazioni che “catalizzano l’imprenditoria civica – prosegue – L’ottica transgenerazionale favorisce il dialogo con il territorio e con i suoi stakeholder instaurando legami solidi e duraturi, strumentali alla creazione di valore sostenibile e condivisibile”.

Secondo il prof. Cirillo, dal report emerge infatti “la tendenza delle aziende familiari del Mezzogiorno ad inserire obiettivi di civismo nella propria strategia e, talvolta, integrarli nel proprio modello di business”. Uno degli obiettivi di civismo il principale è valorizzare il territorio: il 71% delle aziende familiari produce prevalentemente nel Mezzogiorno, anche se non mancano le interazioni con i mercati italiani ed esteri. Il radicamento non è sinonimo di chiusura, ma forma uno stretto legame con la propria comunità, cruciale per la reputazione familiare e per l’immagine aziendale, e che genera valore. Scelta di fornitori locali, di forza lavoro locale, ma anche supporto per la riduzione della povertà e di sostegno al benessere sociale del territorio, e coinvolgimento nelle organizzazioni politiche locali o nazionali.

“Nel Mezzogiorno le aziende familiari sono strutturate sotto il profilo della governance, sono multigenerazionali e sono radicate a livello locale per creare sempre più valore economico e sociale – affermano Ernesto Lanzillo e Claudio Lusa, rispettivamente Deloitte Private Leader e Deloitte Operate Leader – Per valorizzare la legacy in un’ottica di lungo periodo, sono chiamate a prediligere obiettivi di sviluppo del business, come l’innovazione e l’ottimizzazione delle risorse, assicurando un futuro solido e prospero alla propria realtà imprenditoriale anche a beneficio delle nuove generazioni”.

La governance: oltre la metà delle aziende è di proprietà familiare integrale e nel 62% è presente un Consiglio di Amministrazione, in media di 5 membri, 3 della famiglia e 2 esterni. Si riscontrano meccanismi della governance familiare come il patto, i consigli, gli accordi di famiglia e i comitati familiari. Altro punto toccato dal report è la transizione generazionale nelle aziende familiari, in particolare i processi di successione, che indicano passaggi graduali o collaborazione di più generazioni.

Le principali minacce alla longevità delle aziende familiari sono considerate il cambiamento nelle relazioni familiari, come conflitti generazionali o ritiro di membri chiave; la carenza di competenze nelle nuove generazioni; il rischio climatico e le sfide legate alla sostenibilità, e soprattutto la fuga di cervelli per l’89% degli intervistati.
“In questo momento storico le imprese familiari hanno l’opportunità di assumere un ruolo di leadership nel percorso verso nuovi paradigmi, come quelli della sostenibilità e dell’imprenditorialità civica – conclude la prof.ssa Mussolino – Sanno prevedere un futuro di cui non faranno parte e sono le grandi imprese che possono prenderle a modello di best practice per progettare un futuro sostenibile per la collettività, che apparterrà alle generazioni successive”.
Eleonora Mele
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Ateneapoli – n. 6 – 2025 – Pagina 20

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