Bruno Leone, maestro delle guarattelle napoletane, incanta gli studenti

Ospite della cattedra di Storia del Teatro un testimone appassionato dello spettacolo di figura

È “uno dei testimoni più agguerriti, appassionati e intelligenti dello spettacolo di figura”. Con queste parole il prof. Francesco Cotticelli, cattedra di Storia del Teatro, introduce ai suoi studenti Bruno Leone, Maestro guarattellaro partenopeo, protagonista della conferenza “Teoria e gioco del Pulcinella delle guarattelle” che si è svolta lo scorso 15 novembre nell’aula A3 in Via Nuova Marina. Un’occasione preziosa per far conoscere agli studenti – erano presenti in tanti – un genere antico, ancora custodito in tutto il mondo, come quello delle guarattelle napoletane, “esperienza fondamentale all’interno della storia del teatro occidentale”, sottolinea il docente.
La data scelta, spiega Leone, non è frutto del caso ma nasconde un sentiero di simbologie: “Parto col dire che il 15 novembre è il giorno del mio compleanno. Non sono solito festeggiarlo, eppure questa volta faccio un’eccezione. Oggi compio 74 anni, ed entro così in definitiva nel mio 75esimo anno di età. Il 75, nella cabala napoletana, è proprio il numero di Pulcinella, personaggio a cui dedicherò tutti questi miei 365 giorni. E, inoltre, un altro anniversario: la Casa Guarattelle compie 5 anni e 5, sempre nella cabala, è il numero della mano, vera creatrice dell’arte di noi burattinai”.

L’improvvisazione, la vera anima dei burattini

Un’arte di cui il Maestro dà una dimostrazione attraverso un breve spettacolo che affascina e diverte gli astanti, prima di dare il via alle riflessioni teoriche. Nella messa in scena, che mescola elementi della tradizione a quelli dell’innovazione, il finale è esemplificativo: Pulcinella arriva a sconfiggere in maniera esilarante la stessa figura della Morte. Una metafora calzante di ciò che questo teatro, e l’arte in generale, è in grado di fare. “C’è un enorme equivoco oggi – commenta Leone al termine dell’esecuzione – che è quello di considerare il Teatro delle guarattelle come un’arte minore. Niente di più sbagliato”.
Il discorso si inserisce in un sistema di pregiudizi che giudica la ‘diversità’ come elemento di stigma. Il primo tema affrontato è infatti quello del diritto d’autore, assente per questa particolare forma di teatro: “Ogni interprete sente il repertorio come una parte di sé. E ciò perché la vera anima dei burattini è proprio l’improvvisazione. Ognuno, prendendo dal passato, reinventa nel presente. Tutto ciò che si scrive diventa così di dominio pubblico. Questo, per un burattinaio, è la forma più bella per essere ricordati, un’immensa gioia”.

I bambini “non vedono solo con l’occhio della testa”

Chiamate in causa poi le parole di tre grandi Maestri del passato: Petrolini, Viviani e Zampella. Modi diversi per dimostrare una medesima cosa: “l’immensa e tutta particolare sensibilità di cui quest’arte si nutre. E per la quale è necessario sapersi destreggiare con perizia continuamente tra il dentro e il fuori della scena per attirare l’attenzione del pubblico”. Pubblico che si pone in questo caso come elemento essenziale, tanto più se si tiene conto della sua composizione “solitamente formata da una grande maggioranza di giovani. Bambini, in particolare. Spesso solo tramite per il pubblico adulto”.
Sono proprio loro, i bambini, così come già avevano evidenziato personalità del calibro di Giuliano Scabia e Federico Garcia Lorca, i “veri maestri del pensiero”, gli unici in grado di cogliere il “gioco dello spettacolo”. E in che modo? “I bambini non vedono solo con ‘l’occhio della testa’, come fanno invece i grandi, ma interagiscono interamente: muovono le mani, si alzano in piedi, urlano. Ed è dimostrato scientificamente come l’intelligenza umana non risieda solo nella mente, ma attraversi tutto il nostro corpo. I piccoli sono gli unici a vivere davvero come si dovrebbe uno spettacolo di burattini”.
Si mettono in luce, con l’intervento della dott.ssa Emilia Ceci, Psichiatra e docente dell’Istituto Freudiano, anche le funzioni catartiche, terapeutiche e formative del carattere e della crescita individuale svolte proprio da queste guarattelle, “semplici ma profondissimi strumenti”. “Nella vita di tutti i giorni spesso si vivono delle parti, così come nel gioco dei ruoli, che altro non è se non il teatro. Quando però le regole a cui bisogna sottostare superano l’individualità in quanto tale, ciò può essere spesso causa di disagio”.

Disagio e invenzione

Al disagio, alle complicazioni si può rispondere in un solo modo: con “l’invenzione”. Il teatro delle guarattelle in questo rappresenta un esempio lampante, poiché si tratta di un teatro “povero e che dunque deve necessariamente inventare qualcosa. Un teatro poi che incontra continuamente l’errore, la difficoltà così come ci dimostrano le avventure di Pulcinella che spesso gli fanno invocare l’aiuto di San Gennaro”. Ma noi tutti siamo Pulcinella, ognuno di noi vive nel proprio privato un enigma e come Pulcinella dobbiamo essere in grado di “creare sull’errore, trovare un linguaggio nuovo, rinascere ogni volta”. Come le guarattelle anche noi siamo “dei corpi senza forma e la mano che si infila all’interno di questi è un atto di vita proprio perché inventa qualcosa, compie gesti e riesce così ad esprimere ciò che altrimenti non si potrebbe esternare”.
Oggi – termina Leone – assistiamo ad una crescita capillare di Pulcinella in ogni parte del mondo ma che purtroppo non viene riconosciuta. A questo io rispondo citando Giordano Bruno, quando parla di un universo di infiniti mondi: esiste un mondo che non è stato ancora riconosciuto ed è lì che io vivo. Ma, fortunatamente, in questo mondo parallelo, non sono mai solo”.
Giovanna Forino

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