Open Day Scuola Politecnica. Dalle nanotecnologie alla robotica, alla bioingegneria: esperienza immersiva nei laboratori

L’orientamento si trasforma in un’esperienza immersiva: le future matricole hanno esplorato i laboratori di ricerca e toccato con mano le innovazioni che potrebbero cambiare il nostro futuro. Tra materiali sostenibili, nanotecnologie, bioingegneria e robotica, il viaggio si è rivelato un’occasione unica per scoprire il legame tra scienza e quotidianità.

Materiali vulcanici e sostenibilità ambientale. Uno dei primi incontri è stato con Nello Russo, dottorando in Ingegneria dei materiali, che ha illustrato il potenziale delle zeoliti, materiali di origine vulcanica utilizzati sia nell’edilizia che nella rimozione degli inquinanti. Sul suo banchetto, alcune piastrelle colorate attirano la curiosità: “Le zeoliti hanno una capacità di assorbire gli inquinanti in modo più efficace rispetto ad altri materiali. Una volta esaurita la loro funzione, invece di essere smaltite, possono essere riutilizzate nell’arredo urbano o domestico, come vedete in queste piastrelle pigmentate”, spiega Russo. In un’epoca in cui la sostenibilità è un tema centrale, il riutilizzo di materiali di scarto per nuove applicazioni diventa una soluzione sempre più necessaria.

Nanoparticelle fluorescenti per combattere i tumori. Al tavolo di Julian Gortz, biologo e assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale, alcune provette contengono nanoparticelle a base di carbonio, prodotte attraverso processi di combustione. L’elemento più sorprendente? La loro capacità di interagire con le cellule tumorali. “Abbiamo osservato che queste nanoparticelle vengono assorbite meglio dalle cellule tumorali rispetto a quelle sane – racconta Gortz – Questo significa che potrebbero essere utilizzate come biomarcatori fluorescenti: iniettandole in un paziente, le cellule malate si illuminerebbero, facilitando il lavoro dei chirurghi nella rimozione del tumore”. Una prospettiva che potrebbe rivoluzionare la chirurgia oncologica, migliorando la precisione degli interventi e riducendo il rischio di recidive.

La rigidità dei tumori e la medicina personalizzata. Nel campo della bioingegneria, Marco Cristiano, dottorando in Ingegneria dei prodotti e dei processi industriali, mostra immagini di cellule tumorali del pancreas. Il comportamento di queste cellule cambia radicalmente a seconda della rigidità dell’ambiente in cui si trovano. “In un ambiente morbido, le cellule tumorali sono lente, quasi immobili. In un ambiente rigido, invece, diventano aggressive e resistenti alle terapie”, spiega Cristiano. Lo studio ha portato alla sperimentazione di un farmaco comunemente usato per l’asma, che sembra ammorbidire il tessuto tumorale e renderlo più vulnerabile alle cure. Ma l’obiettivo finale è ancora più ambizioso: “Il sogno è arrivare alla medicina personalizzata: prelevare le cellule tumorali di un paziente, ricreare il suo ambiente cellulare in laboratorio e testare cure su misura, senza dover più dipendere dai modelli animali”. Una prospettiva che oggi sembra futuristica, ma che potrebbe diventare realtà nei prossimi anni.

L’energia solare del futuro: le celle solari a base di perovskiti. L’innovazione non riguarda solo la medicina, ma anche l’energia. Lorenzo Miele, dottorando in Ingegneria dei materiali, introduce il pubblico nel mondo delle celle solari a base di perovskiti, un’alternativa più sostenibile rispetto ai pannelli tradizionali. “Noi lavoriamo su perovskiti a base di stagno, che sostituiscono il piombo, rendendo il processo più ecologico”, spiega Miele. La produzione di questi dispositivi avviene in un ambiente completamente sigillato, privo di ossigeno e polvere. Il motivo? “Ogni fase della lavorazione deve essere eseguita con precisione assoluta. Per questo utilizziamo guanti integrati nelle camere di manipolazione: ci permettono di lavorare senza contaminare i materiali”. Un settore in piena evoluzione, che potrebbe rivoluzionare il modo in cui produciamo energia.

Robotica avanzata: dalla sicurezza ai robot umanoidi. L’ultima tappa del viaggio porta nel PRISMA Lab, il Laboratorio di robotica della Federico II. Qui, Pierluigi Arpenti, ricercatore, presenta un robot quadrupede ibrido, progettato per muoversi su terreni accidentati con un dispendio energetico minimo. “A differenza di altri robot a quattro zampe, questo utilizza ruote per muoversi in modo più efficiente, risparmiando batteria – spiega Arpenti – Può essere impiegato in operazioni di soccorso, per esplorare edifici crollati o zone pericolose senza mettere a rischio vite umane”. Francesco Cufino, dottore di ricerca, presenta Ciro, un robot umanoide in grado di camminare e manipolare oggetti.
Il suo sviluppo mira a creare robot assistenti per ambienti ospedalieri e domestici. “Oggi siamo ancora lontani dal vedere robot umanoidi nelle nostre case, ma ci stiamo muovendo in questa direzione – afferma Cufino – Pensiamo all’assistenza agli anziani o ai pazienti con difficoltà motorie: un robot che aiuta a sollevare una persona dal letto o a trasportare un pasto potrebbe essere una rivoluzione”. C’è però una resistenza culturale da superare: “Se ci pensiamo, oggi è normale avere un computer a persona. Un giorno potrebbe esserlo anche avere un robot in casa. Ma per arrivarci, la tecnologia deve ancora fare molti passi avanti”.
Lucia Esposito
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Ateneapoli – n. 3 – 2025 – Pagina 11

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