Sbocchi lavorativi innovativi e gratificanti, oltre i tradizionali percorsi della ricerca e dell’industria, da un lato. E sfide, come la disparità di genere, ancora da superare dall’altro. Sono i temi affrontati da ‘Carriere in STEM, dialogo su opportunità, criticità e genere’, seminario tenutosi il 24 aprile nell’Aula Magna di Piazzale Tecchio. Ad aprire l’incontro i saluti della Presidente della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Gioconda Moscariello: “Noi viviamo le materie STEM ogni giorno a contatto con gli studenti e sappiamo che uno dei problemi che impattano la Scuola Politecnica è il numero molto basso in media di ragazze: basti pensare che in Italia si laureano in ambito scientifico solo il 16.5% delle donne in confronto al 37% degli uomini”.
Il problema aumenta a livello apicale dove le donne ricoprono a livello globale soltanto il 28.8% dei ruoli. “Questi dati fanno riflettere e bisogna andare alla radice della questione per capirne le motivazioni – prosegue la prof.ssa Moscariello – Sicuramente dipende anche da scelte personali e adesso ci sono molte più ragazze, e tutte molto brave, ma il nostro retaggio culturale, le difficoltà nel mondo del lavoro, il bilancio tra vita familiare e professionale ancora pesano”. Conclude: “Ragazze, non abbiate paura, si può fare, ma servono coraggio e volontà di affrontare le sfide. Per capacità non siete da meno dei vostri colleghi e fate parte a pieno titolo del mondo universitario. Vi auguro una splendida carriera e in bocca al lupo a tutte!”.
“Prima il 78% circa di iscritti ad Ingegneria Chimica erano ragazzi. Oggi, invece, siamo in pari e da qualche anno le studentesse sono anche più della metà. È un’evoluzione significativa, apprezzata dal Dipartimento e anche dalle aziende con cui collaboriamo, ad esempio Procter & Gamble”, afferma il prof. Giuseppe Mensitieri, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale.
Nonostante personalmente non veda differenze tra studentesse e studenti, riconosce che “a livello apicale della docenza le donne sono soltanto il 24.6%” e che nel mondo dell’industria non “sono reclutate nella gestione della produzione per mancanza di garanzie sulla sicurezza perché spesso le sedi sono disagiate, in provincia e mal collegate dai mezzi di trasporto, ci sono i turni di notte, l’ambiente di lavoro è a prevalenza maschile e non ci possiamo nascondere dal problema delle molestie”. Aggiunge: “Ci sforziamo di favorire l’ingresso ne mondo del lavoro per tutti i nostri studenti, attraverso modifiche del piano di studi che avvicinino le competenze alle richieste degli stakeholder, Minor, orientamento in itinere e in uscita, ma soprattutto rendendovi indipendenti culturalmente e capaci di affrontare i problemi in modo intelligente e innovativo”.
La diplomazia scientifica
Il prof. Ernesto Di Maio, Coordinatore della Triennale in Ingegneria dei Materiali e moderatore dell’incontro, passa poi la parola alla prima ospite: Giusi Condorelli, Addetto Scientifico dell’Ambasciata d’Italia a Washington. Laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva, dopo aver lavorato per quasi venti anni presso il Ministero della Salute, la dott.ssa Condorelli ha ricoperto il ruolo di Addetto Sanitario presso l’Ambasciata d’Italia a Pechino per 4 anni nel periodo pandemico e oggi è negli Stati Uniti. Ma in cosa consiste il suo lavoro?
“La diplomazia scientifica è una disciplina recentissima, che si occupa di un’area specifica delle relazioni internazionali in cui scienza e politica estera si intersecano – spiega – Ha tre dimensioni: Diplomacy for Science, in cui la diplomazia fa da ponte per facilitare la collaborazione scientifica, da cornice istituzionalizzata per accordi bilaterali tra due Università, Ministeri, Centri di ricerca; Science for Diplomacy, in cui la scienza è uno strumento di soft power per promuovere obiettivi diplomatici o politici, come nella Guerra Fredda, durante la quale le collaborazioni scientifiche non si sono mai interrotte; Science in Diplomacy, in cui gli scienziati fanno da consulenti alla diplomazia fornendo informazioni tecniche come nel caso degli accordi sul clima o sulla pandemia”. Uno Science Diplomat è un “ponte” per facilitare la comunicazione scientifica, “un’antenna” per raccogliere le opportunità, un “advisor”, un “negoziatore” e un “venditore” per rendere attrattivo il proprio paese e la sua ricerca nel mondo.
Giorgia Scetta, Materials Science & Partners Manager MassChallenge CH, è arrivata al suo ruolo attuale in Svizzera attraverso un percorso non lineare, dal liceo classico alla Triennale in Ingegneria dei Materiali, poi la Magistrale doppia a Milano in Materials Science & Engineering e Open Innovation, nonostante non conoscesse bene l’inglese, i primi impieghi nell’industria presso Alfa Romeo, Pirelli, L’Oreal, il trasferimento in Costa Azzura nell’IT e a Parigi per “rimettersi a studiare” con un PhD in Polymer Science e un Post-doc.
“La mia è una figura nata qualche anno fa: da un lato aiuta le start up a portare alla luce il loro progetto e dall’altro traduce le novità scientifiche in business. Facciamo scouting in Svizzera tra le start up, selezioniamo quelle con migliore capacità di riuscita e le aiutiamo con programmi di coaching e mentorship lavoro e orientiamo gli stakeholder di conseguenza”, spiega la dott.ssa Scetta. Conclude: “C’è altra scienza oltre i libri. Siate delle spugne, fate networking e siate aperti; non esiste la linea retta e il fallimento fa paura solo se non si ha un piano b”.
La seconda donna in Italia ordinario di Architettura Tecnica
La prof.ssa Marina Fumo, docente di Architettura Tecnica, riporta gli studenti dagli “orizzonti lontanissimi” prospettati dalle due ospiti al mondo accademico. “Non avevo mai pensato di insegnare e non mi interessava la ricerca, ma le casualità fanno il destino delle persone. Quando mi sono laureata, un amico di mio padre professore di Ingegneria cercava assistenti per Architettura Tecnica e io accettai in cambio della possibilità di aggiornare la biblioteca – racconta – È partito tutto dalla curiosità scientifica e dal desiderio di condividere la conoscenza, poi sono diventata la seconda donna in Italia professore ordinario di Architettura Tecnica e subito mi sono dedicata all’attività politica”. Un messaggio agli studenti: “Ciascuno può inventare il proprio mestiere facendolo. Scegliete quello che vi piace senza pensare a dove vi porterà, solo così si scopre di avere una vocazione e di avere trovato una strada che non esisteva”.
Monica Pragliola, Ricercatrice del Dipartimento di Matematica e Applicazioni ‘Renato Caccioppoli’, ha seguito invece una linea retta dalla Triennale in Matematica, scelta in “maniera incosciente e motivata solo dalla passione”, l’Erasmus a Bologna, cinque anni per il dottorato e un assegno di ricerca e poi la “fortuna di ritornare dove mi ero sempre vista”: ricercatrice alla Federico II sull’implementazione dell’analisi numerica e della modellizzazione per seguire processi del mondo reale.
Eleonora Mele
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Ateneapoli – n.08 – 2024 – Pagina 10-11