‘Non è mai troppo tardi’, ‘non si finisce mai di imparare’, ‘gli esami non finiscono mai’ sono frasi fatte, modi di dire che ci sentiamo ripetere ormai da anni prima di una prova importante. Nascondono però una grande verità che per Giulia Venezia D’Anna è una realtà concreta, quando si reca tutti i giorni ai corsi del Dipartimento di Scienze Sociali, a 78 anni. Porta con sé un bastone per appoggiarsi e l’immancabile accendigas (lo preferisce all’accendino) per le sigarette. Non manca neanche ad una lezione di Economia Sociale della prof.ssa Enrica Morlicchio. Racconta la sua affascinante storia che l’ha portata sui banchi universitari alla veneranda età: “sono nata nel 1937 e oggi sono qui perché non mi permisero di studiare quando era il momento. A 14 anni, dopo la terza media, mio padre mi mandò a lavorare all’Hotel Royal di Napoli e da quel momento non ho smesso più di farlo. Ho controllato le casse in albergo per quattro anni, dopodiché ho lavorato in una tipografia e poi nell’ex Enel, la SME ai miei tempi”.
La prima di cinque figli
Giulia è la prima di cinque figli: “con il mio reddito ho permesso ai miei fratelli di studiare. Si sono diplomati e non hanno voluto proseguire. A loro non ho fatto mancare niente di ciò che è mancato a me. Amavo studiare e, non potendolo fare, andavo nella stessa edicola tutti i giorni a leggere riviste. Quando l’edicolante si accorgeva che non potevo comprare, mi allontanava, ed io, senza perdermi d’animo, mettevo l’orecchietta al giornale che stavo consultando per tornare più tardi”. È sempre stata curiosa: “mi piaceva parlare con gli adulti, le sarte e la portinaia ad esempio, con tanta più esperienza di me. Provavo un grande rispetto per loro. A 17 anni avevo già letto i più grandi della Letteratura europea e mi ero appassionata al cinema. Ora non riesco più a…
La prima di cinque figli
Giulia è la prima di cinque figli: “con il mio reddito ho permesso ai miei fratelli di studiare. Si sono diplomati e non hanno voluto proseguire. A loro non ho fatto mancare niente di ciò che è mancato a me. Amavo studiare e, non potendolo fare, andavo nella stessa edicola tutti i giorni a leggere riviste. Quando l’edicolante si accorgeva che non potevo comprare, mi allontanava, ed io, senza perdermi d’animo, mettevo l’orecchietta al giornale che stavo consultando per tornare più tardi”. È sempre stata curiosa: “mi piaceva parlare con gli adulti, le sarte e la portinaia ad esempio, con tanta più esperienza di me. Provavo un grande rispetto per loro. A 17 anni avevo già letto i più grandi della Letteratura europea e mi ero appassionata al cinema. Ora non riesco più a…
Articolo pubblicato sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola (n. 19/2015)
o in versione digitale all'indirizzo: https://www.ateneapoli.it/archivio-giornale/ateneapoli
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