Installazioni sonore per celebrare i cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini

Architettura e Studi Umanistici. L’attore Ninetto Davoli all’inaugurazione di ‘Comizi’

“Quando vedeva per strada qualche personaggio che gli poteva interessare, Pier Paolo me lo indicava ed io lo avvicinavo con una banalissima scusa. Questi allora incominciava a parlarmi e intanto lui, da lontano, osservava e si faceva un obiettivo: primo piano, poi allargando… e se gli piaceva veniva lì e conversava con noi. In India, in Marocco… non immaginate tutti i sopralluoghi e i personaggi che abbiamo cercato”. Così Ninetto Davoli, protagonista di numerosi celebri film di Pier Paolo Pasolini, intervistato dai professori Vittorio Celotto e Anna Masecchia racconta il poeta durante l’inaugurazione di ‘Comizi – Per Pier Paolo Pasolini’, un’installazione realizzata in collaborazione tra i Dipartimenti di Studi Umanistici e di Architettura della Federico II per commemorare i cento anni dalla nascita di Pasolini.

Nella sede di Via Porta di Massa, il 18 gennaio, si è tornati a parlare dell’uomo che, al suo tempo, “stava turbando il mondo”, come afferma Davoli. Una delle figure più affascinanti ma al contempo incomprese del panorama culturale italiano, al punto tale da subire ben trentadue processi a causa dei suoi lavori, reputati offensivi rispetto al costume dell’epoca. “Ogni cosa che faceva, trovavano un modo per bloccarlo. La gente non era abituata a vedere film così, ma Pier Paolo voleva fare il suo cinema: non è mai stato influenzato o corrotto da nessun produttore, perché andava sempre per la sua strada. Non voleva entrare in un mondo di consumismo, per piacere alla massa. Niente di ciò che faceva era ovvio, perché Pier Paolo non rientrava nell’ovvietà delle cose. Ad affascinare il pubblico non erano solo i suoi testi e le sue riflessioni innovative, ma il colore che a queste riusciva ad attribuire attraverso la sua voce affabulatoria, considerata un elemento fondamentale della sua arte. “Tante volte mi chiedono di leggere le sue poesie, ma io mi sento in imbarazzo, perché lui lo faceva in un modo così significativo ed espressivamente giusto…”, confessa Davoli. Ed è infatti proprio la voce, pura, di Pasolini ad essere il fulcro di ‘Comizi’: “evitando di ricreare ancora una volta la dualità con il corpo, ci si sofferma sulle caratteristiche fonico-sonore della voce, che parla in un modo che non può non colpire lo spettatore, dando ulteriore forza al messaggio pasoliniano”, spiega il prof. Giuseppe Liberti.

Poste agli angoli del meraviglioso Chiostro di San Pietro Martire, infatti, si trovano quattro cabine abitabili e insonorizzate, nelle quali è possibile immergersi, prendendosi una pausa dalla società frenetica e consumistica che Pasolini ha tanto denudato, per ascoltarlo leggere alcuni suoi scritti o conversare con altri personaggi, lasciandosi trasportare nella mente di un autore ancora spaventosamente attuale. Ascoltare senza interagire con il corpo narrante resta un’esperienza affascinante e straniante, soprattutto nell’ambiente ipervisivo della nostra contemporaneità, in cui la velocità e la voracità delle immagini altera inevitabilmente i tempi della nostra percezione della realtà”, afferma il prof. Massimo Perriccioli.

Le cabine propongono quattro percorsi diversi che però “non hanno l’intento di scindere Pasolini”,settorializzandolo nei molteplici temi da lui disvelati, “ma creano un amalgama tra la critica della cultura, la discussione sui media e sul suo stesso successo, le sue letture sull’antifascismo, la poesia definita come ‘merce inconsumabile, quale sia lo scopo della scrittura… percorsi ben distinguibili, ma comprensibili solo se ascoltati uno accanto all’altro”, racconta il prof. Liberti.

La sinergia tra i due Dipartimenti è stata presentata con grande entusiasmo dal Direttore di Studi Umanistici Andrea Mazzucchi e dal Presidente della Scuola Superiore Meridionale Arturo De Vivo, che ha definito l’istallazione “la conferma che l’Ateneo ha visto giusto” quando ha iniziato a puntare sulla contaminazione tra Dipartimenti. Questa collaborazione in particolare non ha solo funzionalità pratica, ma recupera un connubio già caro a Pasolini: quello tra cinema e architettura, con la riflessione sul tema della città e del degrado dell’ambiente urbano portata sul grande schermo attraverso documentari come ‘La forma della città’. “Per Pasolini la distruzione paesaggistica e ambientalistica dell’Italia e l’esplosione di una cultura di massa sono il frutto di un progresso senza scopo, che era costato l’estinzione della bellezza senza un fine”, afferma il prof. Perriccioli. “Nel documentario descrive Sabaudia, considerata bella seppur littoria, perché mantiene le misure dell’uomo. La società consumistica è il vero fascismo, perché promuove l’omologazione, che porta ad una perdita di presa con i valori e una minaccia di indebolimento della capacità di costruire una città orientata verso il futuro. Questi sono insegnamenti ancora fortemente validi per l’architettura”, commenta il Direttore del Dipartimento di Architettura Michelangelo Russo.

Ancora una volta, ci è concesso aprire gli occhi su quanto il lavoro di Pasolini fosse non solo poliedrico ma, soprattutto, lontano dalla pura speculazione teoretica e invece molto sensibile all’aspetto socialmente utile dei contenuti che promuoveva e ‘Comizi’, fruibile fino al 31 marzo a Studi Umanistici, mira a restituirci tutto questo, affinché Pasolini non sia ricordato solo negli anniversari ma, come conclude Davoli, si continui a leggerlo e capirlo, perché “non è vero che Pier Paolo era incompreso perché stava avanti, ma perché non volevano capirlo. Non volevano andare oltre”.

Giulia Cioffi

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