Musica per l’ambiente

Negli anni scorsi il Jova beach party, il programma di concerti sulle spiagge italiane promosso da Jovanotti e sostenuto dal Wwf, con l’obiettivo di svolgere divulgazione ambientale e raccogliere fondi per recuperare e riqualificare alcune aree naturalistiche italiane, ha suscitato polemiche ed ha diviso. Associazioni come la Lipu, Lega italiana per la protezione degli uccelli, hanno contestato l’iniziativa ed hanno obiettato che l’impatto del raduno di migliaia di persone, delle luci notturne, dei decibel ad alto volume che inevitabilmente caratterizzano un raduno musicale avrebbero potuto provocare danni alla fauna che frequenta gli arenili.
Il 13 e 14 novembre si è discusso anche di questo nel convegno Musica per l’ambiente, che si è svolto presso di Dipartimento di Studi Umanistici. L’iniziativa è stata organizzata per lanciare il progetto MESSIAH, acronimo di Music for the Environment: Sustainability Strategies against the Impact from the Awareness of History.
L’idea, spiega il prof. Giorgio Ruberti, che insegna Musicologia e Storia della musica, è “coinvolgere diverse realtà, dagli organizzatori degli eventi musicali agli stessi musicisti, e partecipare a Prin e bandi europei che finanzino iniziative nelle quali si mettano insieme musica e sostenibilità ambientale. Sotto due aspetti: quello delle strategie indispensabili a ridurre gli effetti negativi dei concerti sull’ambiente e quello della divulgazione attraverso la musica di temi legati alla sostenibilità ambientale”.
Sottolinea: “Quello della sostenibilità ambientale è un tema multidisciplinare e serve dunque affrontarlo con un approccio multidisciplinare. Non è solo questione di tecnologie”. Informa poi Ruberti: “Esistono già ora alcuni gruppi musicali i quali cercano di impostare i propri tour in un’ottica di minimizzazione dell’impatto ambientale. Ad esempio i Coldplay. Utilizzano pavimenti cinetici per alimentare gli accumulatori di energia e si servono per trasferire le attrezzature di camion che viaggiano con carburanti meno inquinanti di altri. Si sforzano poi di utilizzare il meno possibile gli aerei. Le agenzie che lavorano con i Coldplay, poi, investono profitti per forme di compensazione ambientale. Per esempio in iniziative di forestazione, di pulizia degli oceani, in progetti di cattura dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera”.
Il progetto di mitigare gli effetti negativi sull’ambiente dei grandi raduni musicali passa anche per l’incentivo economico a preferire i mezzi pubblici all’auto per raggiungere i luoghi nei quali si tengono gli eventi. “Quest’ultimo – sottolinea il prof. Ruberti – è un aspetto importante. In Germania in certe occasioni sono già praticati sconti per chi lascia l’auto a casa. In Italia ci sono state alcune esperienze analoghe che hanno coinvolto Trenitalia e i Frecciarossa, ma certamente sono iniziative che andrebbero messe a sistema e generalizzate”.
Hanno partecipato al convegno del 13 e del 14 novembre ingegneri del suono che fanno registrazioni per monitorare lo stato di salute di alcuni ecosistemi, architetti che si occupano dei luoghi nei quali si fa musica, organizzatori di eventi musicali, esperti di avifauna come l’ornitologo Rosario Balestrieri. “L’iniziativa – dice la prof.ssa Simona Frasca, etnomusicologa che insegna al Dipartimento federiciano – è stata anche un’opportunità per ribadire che il ruolo della musica può andare ben oltre il semplice ascolto durante un concerto o a casa. In ambito ospedaliero, per esempio, anche in un contesto delicato come il Pronto Soccorso, la musica può svolgere un ruolo importante”.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n.18 – 2024 – Pagina 18

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