“Si rischia di rimanere sei mesi con il cerino in mano. E cosa si fa dopo?”. Abolizione del test, la parola agli studenti

Tra coloro che ripetono a voce bassa percorrendo avanti e indietro il piano terra dell’Edificio 21 e le matricole che sembrano ancora doversi ambientare del tutto in uno spazio decisamente più grande rispetto alle piccole aule di scuola, le lezioni di Medicina e Odontoiatria sono cominciate da circa un mese, e si vede. Si percepisce l’entusiasmo di chi è agli inizi e ha voglia di scoprire, conoscere; di contro la serietà di chi, arrivato ormai al quinto anno, a pochi passi dall’obiettivo, vuole darci dentro fin da subito.
Ma a tenere molto banco soprattutto tra i più grandi è il tema che nelle ultime settimane ha dominato la scena universitaria italiana: l’abolizione del test di ingresso in favore di uno slittamento dello sbarramento alla fine di un primo semestre a ingresso libero. “Dal mio punto di vista – dice Ludovica, al quinto anno di Medicina – era decisamente meglio il test di 60 domande, e senza la banca dati come accaduto quest’anno. Non esistono criteri assolutamente oggettivi, ma almeno questo metodo esaltava un minimo le capacità del singolo”.
Accanto ci sono due amiche e colleghe, Arianna e Tonia. “Dove finisce la meritocrazia con questa riforma?”, si chiede la prima, che aggiunge: “è frustrante pensare che il proprio impegno possa non bastare e che il giudizio soggettivo del professore possa ribaltare tutto, favorire una persona invece che un’altra. Noi scegliamo già a 18 anni di intraprendere un percorso lungo e faticoso, e questa variabile così imprevedibile non aiuta”.
E poi, considerando l’orizzonte del semestre ad accesso libero, c’è lo spettro dell’ansia: “il carico sarebbe davvero esagerato – continua Tonia – visto che bisogna sostenere tre esami con ottimi voti per essere ammessi. Con il test provi tanta ansia nel giorno in cui lo sostieni, ma poi sei dentro; in questo modo invece, nonostante l’impegno richiesto, nell’arco di sei mesi si rischia di rimanere con il cerino in mano. E cosa si fa dopo?”.
In coro, le tre studentesse offrono un consiglio ai più giovani: “trovare un gruppo di amici e supportarsi a vicenda psicologicamente per creare un ambiente salutare. E poi, non ascoltare mai le leggende metropolitane sulla pesantezza di certi esami come Anatomia, creano pensieri inutili e fanno terrorismo psicologico; in quel caso bisogna chiedere e confrontarsi con i docenti, è la cosa migliore”.
All’esterno dell’Edificio 21, a prendere una boccata d’aria tra una lezione e l’altra, ci sono Daniela e Chiara, iscritte al sesto anno. La prima, sulla riforma del test, è lapidaria: “Certamente c’è carenza di medici, ma deve essere garantita una formazione adeguata ed eliminare l’imbuto che c’è dopo. Per me si dovrebbe aprire e ampliare le Specializzazioni”.
Anche l’amica si dice contraria a questa apertura fittizia: “Mi viene subito da pensare al tirocinio: già ora siamo in difficoltà. Siamo troppi in reparto e abbiamo pochi giorni. Si devono condensare in poco tempo lezioni, internato e tirocinio. Ad oggi, in circa tre settimane ci alterniamo in 200 più o meno, ed è già complicato; dovessimo diventarne 800 – dico numeri a caso – non riesco proprio a capire come potrebbe reggere tutto. E poi questo sistema è tutto tranne che meritocratico: si stenderebbe un tappeto rosso allo strapotere dei professori”.
Detto questo, per affrontare al meglio un percorso lungo come quello di Medicina, le ragazze consigliano di “prendere le cose con leggerezza, senza pensare di dover sapere anche le virgole. Bisogna avere cognizione di causa nello studio e non farsi condizionare dal percorso altrui, perché ci sarà sempre qualcuno più avanti”.
Tutt’altro clima nei pressi dell’altra entrata dell’Edificio 21, dove sono in pausa gli studenti del primo anno di Odontoiatria: aria spensierata e grandi sorrisi. Gennaro non fa nulla per nasconderla: “sto frequentando dal 7 ottobre e devo dire che il primo impatto è stato migliore di quello che mi aspettassi. Pensavo di dover fare i conti con molta più competitività e persone chiuse, invece ho stretto subito rapporti con diverse persone e i professori sono molto empatici. Le amicizie che sto costruendo sono il fattore che mi sta facendo vivere al meglio questo inizio”. Sulle lezioni ha detto: “attualmente sono impegnato con Chimica, Istologia, Bioetica e Statistica medica. Sono partito forte a frequentarne tanti di insegnamenti. Più impegno e sforzo in classe lo richiedono Chimica e Istologia soprattutto”. L’obiettivo per questo primo anno è chiaro: “Voglio imparare molto e crescere come persona”.
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Ateneapoli – n.18 – 2024 – Pagina 15

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