Ricerca autonoma ed esposizione al corso di Diritto UE dell’immigrazione

Al corso di Diritto UE dell’immigrazione, un metodo di insegnamento che unisce lezione frontale e studio diretto della giurisprudenza e delle fonti, con un approccio pratico alla casistica. A raccontarlo è la dott.ssa Flavia Rolando, titolare della cattedra: una sola lezione a settimana, ma dalla durata di quattro ore. Le prime due, dedicate alla spiegazione teorica degli argomenti oggetto del corso; le restanti, riservate ad una “esercitazione con compiti pratici, i classici che deve svolgere il giurista moderno: trovare, ad esempio, la sentenza più recente su un certo argomento o saper leggere una modifica normativa”. Una volta assegnato il tema, che può essere “una pronuncia più recente o l’analisi di un nuovo atto normativo”, gli studenti hanno quaranta minuti di tempo per addentrarsi nelle banche dati e approfondire l’argomento, anche riuniti in piccoli gruppi, sfruttando l’occasione per affinare anche la capacità di lavorare in team. Poi, in maniera chiara e sintetica, in circa sette o dieci minuti al massimo, devono esporre alla classe i punti fondamentali del loro lavoro. Due sono dunque le skills che questo metodo mira a potenziare: la ricerca autonoma e l’esposizione: “per un giurista è importante saper consultare i siti ufficiali ed imparare ad usare le banche dati, per poter cogliere da queste le notizie, in modo da non farsi condizionare da critiche più affrettate o fake news e riuscire a formarsi una propria opinione basata su dati normativi di fatto, soprattutto in un tema così attuale come l’immigrazione”, spiega la dott.ssa Rolando; poi, deve però essere anche in grado di “esporre le sue conclusioni in maniera sintetica, ma efficace” e, per questo, “io farò giusto piccole correzioni, per migliorare la loro capacità e chiarezza espositiva”. A suo dire, fin dalla primissima lezione i risultati sono stati incoraggianti. “Noto che gli studenti hanno voglia di mettersi alla prova – racconta – soprattutto sapendo che non saranno valutati per queste esercitazioni, possono sentirsi liberi di essere più incerti. Non c’è timidezza, anzi entusiasmo nel lavorare in piccoli gruppi e nel provare ad approfondire personalmente”. Lo studio che muove a partire dai casi concreti è un metodo di approccio ampiamente diffuso in Paesi come l’Inghilterra o la Francia e, secondo la dott.ssa Rolando, “soprattutto negli insegnamenti complementari potremmo cercare di introdurre una modalità mista che colga il meglio di entrambe le tradizioni, teorica e pratica”. I vantaggi? Non solo un maggior coinvolgimento della classe, laddove è spesso lamentata dagli aspiranti giuristi l’eccessiva teoricità del percorso di studi, ma poi “può essere più facile ricordare un principio riconducendosi al caso materiale”.
Giulia Cioffi
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Ateneapoli – n. 5 – 2025 – Pagina 25

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