Al ‘Fashion Show’ sfilano gli abiti in pelle realizzati da 450 studenti di moda

Evento al Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale

Drappi, mantelle, vestiti dalle fogge più audaci e tonache genderfluid, tutto in pelle. È ciò a cui ha potuto assistere chi ha partecipato al Fashion Show del Dipartimento di Architettura e Disegno industriale, lo scorso 4 ottobre, nel suggestivo Chiostro aversano di San Lorenzo ad Septimum. Una serata – iniziata alle 18 – all’insegna della moda, accompagnata dalla coinvolgente melodia del violoncello del Maestro Raffaele Sorrentino. Una serata scaturita dal progetto ‘Mutation+’, che approfondisce la ricerca sugli scenari innovativi nel settore della pelle, ridefinendo anche il modo in cui questo materiale viene sfruttato nel design, tutto in chiave ecosostenibile. È così che il Chiostro si è trasformato in una passerella di moda e le sculture presenti sono diventate piedistalli per modelle e modelli che, come figure di un carillon, hanno attirato spettatori da tutto il territorio.
L’evento è significativo non soltanto perché gli abiti protagonisti della sfilata sono stati interamente realizzati dagli studenti del Corso di Laurea Triennale in Design per la Moda e del primo anno della Magistrale in Design per l’Innovazione (curriculum Fashion Ecodesign), ma anche perché si tratta di una dimostrazione pratica dello stretto vincolo che lega università e territorio. La materia prima infatti, la pelle, è stata fornita dall’azienda “L’Officina – Chimica in Movimento” di Solofra, in provincia di Avellino.
Si è detto spesso che le discipline studiate in Dipartimento sono professionalizzanti, servono cioè a preparare gli studenti per le sfide che affronteranno una volta affacciatisi al mondo del lavoro. Una preparazione alla quale si attende fin dal primo anno. È nel corso del Laboratorio di Design per la Moda, infatti, che agli studenti del primo anno della Triennale viene chiesto di organizzarsi in gruppi e realizzare, nel giro di un semestre, un’intera collezione, presentata poi durante il Fashion Show. Nell’occasione della sfilata sono state anche inaugurate due mostre: ‘Mutation+’ in biblioteca e ‘Gioia Africana’ nell’aula T6, quest’ultima dedicata al design del gioiello ecosostenibile.
All’ora indicata un piccolo stuolo di persone è già presente all’interno del Chiostro, perlopiù parenti e amici degli studenti e delle studentesse che hanno realizzato i capi. Si stanno svolgendo in quel momento le prove generali della sfilata. Pian piano, poi, il Chiostro si è riempito e i convenuti, ormai numerosi, hanno preso posto nelle file di sedie rivelatesi presto insufficienti. Molti sono rimasti in piedi, affollando i loggiati. A quel punto, nella penombra serale è iniziato l’incantesimo. Da un’ala del Chiostro escono figure eteree, bellissime, slanciate, adorne di indumenti che conferiscono loro un aspetto regale. Si muovono aggraziate, accompagnate dal violoncello del Maestro Sorrentino che intanto intona arie. Un’anziana signora osserva sorridente le modelle. “Vede quella modella? – ha detto – L’abito che indossa l’ha realizzato mia nipote. Ha una mano delicatissima. Disegna vestiti da quando era bambina”.
Sfila un giovane con camicia e giacca larghissime, ispirate agli anni Quaranta, ma con alle orecchie quattro enormi anelli dorati. Un altro indossa un gilet (senza camicia né t-shirt) e una lunga gonna nera. Al collo una cravatta, ma la parte pendula batte sulle spalle. Molte ragazze indossano jeans larghissimi e corti, e borchie al collo e alle orecchie. È evidente che per la generazione Z fare moda significa sperimentare, abbattere i serrami del formalismo.
I modelli e le modelle sono immobili al centro del Chiostro, gli sguardi dei presenti fissi su di loro. Indossano abiti di pelle, in prevalenza bianchi e neri. La pelle non è mai passata di moda, il suo uso è semplicemente andato incontro a numerose reinterpretazioni. Poi la musica del Maestro si è interrotta di colpo e tutto il Chiostro è esploso in un applauso. Gli stilisti, o meglio alcuni rappresentanti dei gruppi che hanno realizzato i capi di vestiario, si sono portati al centro del Chiostro accompagnati dalla prof.ssa Ornella Zerlenga, Direttrice del Dipartimento, e dal prof. Roberto Liberti, Coordinatore scientifico del Fashion Show e del progetto Mutation+.
Una breve spiegazione del progetto e infine i saluti, comprensivi di ringraziamento per i presenti. All’evento, un capannello di curiosi nell’ala adibita a camerino per il cambio abiti. Un altro mondo, uno scenario da Fashion Week. Gli organizzatori, in un’elegantissima mise nera, invitano ad attendere fuori, ma la curiosità è troppa. Sui tavoli i progetti che illustrano la realizzazione degli abiti, corredati delle foto dei modelli e delle modelle. Modelli e stilisti si congratulano gli uni con gli altri: “Abbiamo fatto un buon lavoro”, “Quel vestito ti stava da Dio”. Un’emozione grande, per alcuni il primo approccio concreto alla professione. “Può sembrare una piccola cosa a chi guarda da fuori – afferma una ‘stilista’ – ma per noi è la concretizzazione di un progetto finora solo supposto. È qualcosa che ci avvicina alla nostra professione e che ci dà la motivazione per continuare a perseguire i nostri desideri”.

“Qui si impara a essere autonomi”

È da poco finita la sfilata e la prof.ssa Ornella Zerlenga, Direttrice del Dipartimento, e il prof. Roberto Liberti, Coordinatore scientifico del progetto Mutation+, raggiungono la biblioteca dove è stata allestita la mostra che porta il nome del progetto. “Quelli che vedete sono prodotti interamente realizzati dai nostri studenti – dice il prof. Liberti ai presenti – Abbiamo condotto uno studio approfondito sulla pelle per capire come il suo utilizzo potesse essere reinterpretato alla sensibilità di oggi”.
Sui tavoli da esposizione si possono ammirare manufatti dalle fogge e dai colori più disparati. Ci sono anche degli album fotografici ed esplicativi del progetto e del prodotto finito. Sulle pareti gigantografie di modelli con indosso le creazioni degli studenti. “Eventi come quello di stasera pongono lo studente al centro, lasciandolo libero di agire in totale autonomia – spiega ad Ateneapoli il prof. Liberti – Tutto, dalla progettazione e realizzazione dei capi all’organizzazione della serata, ai casting per i modelli, è opera degli studenti. Il nostro obiettivo è fornire agli studenti non solo un bagaglio di conoscenze teoriche, ma anche di prepararli al mondo del lavoro in un settore in cui sono necessarie creatività, determinazione, costanza e capacità di non farsi sconfortare dalla forte competizione”.
La prof.ssa Zerlenga individua due motivi per cui eventi come il Fashion Show sono importanti: “Gli studenti in questo modo entrano nel reale, realizzano che è questo ciò per cui hanno studiato. In secondo luogo il territorio diventa più consapevole della presenza dell’Università”. Un inciso: “L’università statale sta perdendo la propria autorevolezza, a differenza di quanto accadeva negli anni Sessanta, a beneficio delle università private e telematiche. È un dramma, perché le università statali, con l’erogazione di una didattica partecipativa, forniscono l’energia creativa dei giovani ai vari comparti dell’economia del Paese”.
In Dipartimento si insegnano discipline professionalizzanti, che non significa semplicemente “insegnare un mestiere”. “Si formano menti consapevoli – spiega ancora la Direttrice – Si fornisce una professionalità colta sull’intera filiera del settore moda. Qui si impara a essere autonomi. Un commento sulla serata: “Per tutti noi è stata un’emozione, perché il Dipartimento è un organismo che si muove e opera grazie all’impegno di ciascun membro. Personalmente, traggo da questi eventi l’energia per portare avanti il mio lavoro con entusiasmo. L’università è luogo di formazione, ma anche di persone, e quindi pulsante di vita. È con eventi di questo tipo che tutti possono rendersene conto”.

Gli studenti-stilisti tra emozione e sogni

Le modelle sfilano, il fotografo suggerisce loro come posizionarsi, le pose da assumere: sono le prove generali della sfilata che si terrà a breve. Tutto è quasi pronto. Vestiti di nero, sono seduti e contemplano il loro lavoro. Sono alcuni dei 450 studenti che hanno realizzato gli abiti all’ultimo grido che sfileranno. Le loro espressioni sono preoccupate: si dovranno confrontare con il pubblico, molti per la prima volta, e sperano che la critica sia clemente. “Il capo che abbiamo realizzato richiama la pelle di serpente di una giacca caratterizzata da squame sul retro e da una lingua di serpente, in rilievo, sul fianco”, spiega Raffaele Della Volpe, al secondo anno di Design per la Moda.
Con il suo gruppo ha lavorato diligentemente, al primo anno, realizzando in un semestre un’intera collezione. L’attività, incuneata nel programma didattico del laboratorio di Design per la Moda, vale come esame e permette agli studenti di affacciarsi per la prima volta alla professione. “All’inizio abbiamo avuto un po’ di difficoltà – prosegue Raffaele, che dopo la Triennale sogna una Magistrale a Roma e poi la creazione di un proprio brand o l’affiliazione a qualche grande marchio – ma basta impratichirsi un po’ e il lavoro diventa entusiasmante”. Nel gruppo anche studenti del terzo anno, come Francesco D’Averno e Francesca Zanchelli. “Abbiamo pensato a un abito che calzasse come una seconda pelle, una sorta di maschera”, illustra Francesco, che studia Moda perché è una passione che coltiva sin da bambino e dopo gli studi vorrebbe intraprendere una carriera in ambito manageriale.
Emozionato per la sfilata: “Gli abiti sono stati sviluppati a partire da un’idea, dalla nostra creatività, è la dimostrazione di come da un semplice concetto si giunge al prodotto finito. È un po’ come dedicarsi all’osservazione di un’opera d’arte”. Per Francesca, laureanda che si è già iscritta all’Accademia di Moda, si tratta di un banco di prova: “Il nostro Dipartimento ci ha dato la possibilità di metterci in gioco, di sondare le nostre capacità creative e applicarle a un progetto concreto. Non è una semplice sfilata, laddove si tratterebbe comunque di un evento di per sé importante, ma dell’attuazione pratica di tutto ciò che abbiamo studiato”.
Francesca vuole diventare art director o copywriter. Ha studiato prima Lingue, poi ha scelto Moda, ma non tutto il male viene per nuocere: “Le lingue sono importantissime per il mercato della moda, che si muove su circuiti internazionali. E questo è il motivo per cui penso di essere avvantaggiata rispetto ad altri”. Poi c’è chi, sempre al terzo anno, si è calato sia nella parte di stilista che di modella, come Nancy Napoletano: “Sono appassionata di moda da sempre e lavoro come modella. Il Dipartimento mi ha permesso di entrare a contatto con l’intera filiera, dalla produzione dell’articolo di moda alla sua presentazione al pubblico”. Dopo gli studi vorrebbe diventare una stilista e ha già qualche progetto in cantiere. Ma prima c’è la Magistrale, che non pensa sarà contrassegnata da molte difficoltà quando ci si fa “guidare dalla passione e dalle inclinazioni personali”.
All’evento presenti anche studenti del primo anno che quest’anno inizieranno il laboratorio di Design per la Moda e avranno modo di realizzare i propri capi. “Ho sviluppato una forte passione per la moda – racconta Luca Giannico, che vorrebbe fare il direttore creativo o lavorare per una grande casa di moda – Sono una persona molto dinamica, mi piace sperimentare e cambiare”.
Fan sfegatato degli stilisti Rick Owens e del compianto Virgil Abloh, Luca sa che il percorso non sarà agevole: “affermarsi nella moda è difficile. Servono passione, ambizione e strategia. È importante sapersi guardare intorno e rimanere sempre sul pezzo con idee competitive”. Eventi come il Fashion Show sono per lui importantissimi: “Ho preso ispirazione da alcuni capi e sto già pensando ad alcune idee da buttare giù”. Davide Cognetta ha cominciato a leggere Vogue in quarta superiore e da allora non ha più smesso.
Osservando gli abiti prendere vita sulle pagine della prestigiosa rivista, ha deciso che anche lui avrebbe fatto parte di quel mondo.“Vorrei fare il critico – dice – Mi piacerebbe poter esprimere la mia opinione sulle collezioni che stanno per uscire e acquisire così una certa rispettabilità”. Un percorso difficile, che richiede molta competenza: “Bisogna conoscere bene la moda, la sua evoluzione attraverso il tempo, studiarla come fenomeno sociale”. Un evento come il Fashion Show ritiene sia “utile a capire come lavorano gli stilisti, cosa si cela dietro alla presentazione di un semplice abito. Serve anche a prendere ispirazione nel caso in cui si volesse intraprendere la carriera di stilista. La moda, infatti, è un ciclo. Non esiste il totalmente nuovo, ma l’emulazione attraverso il processo di osservazione e la successiva reinterpretazione”.
Nicola Di Nardo
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Ateneapoli – n.16 – 2024 – Pagina 30-31

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