“Il cavallo ha ricoperto un ruolo essenziale nella storia di questo territorio, dal punto di vista politico-sociale, strategico-militare ed economico. La sua non è quindi una storia veterinaria ma è legata all’idea di eredità culturale”, così la prof.ssa Nadia Barrella sottolinea l’importanza della convenzione stretta tra il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali (Dilbec) e il Centro di Incremento Ippico di Santa Maria Capua Vetere per un tirocinio curriculare rivolto a tutti gli studenti del Dilbec. Il Centro, gestito dalla Regione Campania, non è solo il luogo deputato alla salvaguardia e all’incremento delle razze equine autoctone, ma anche e specialmente serraglio per la conservazione della memoria storica del territorio, grazie al suo prezioso archivio e alla ricca collezione di carrozze e finimenti.
Tutto è iniziato nel 2021, quando la prof.ssa Barrella, referente per l’orientamento di Dipartimento, e la dott.ssa Agnese Rinaldi, responsabile del Centro, hanno deciso di convogliare la loro passione per gli animali, la natura e la storia del territorio in un progetto più ampio. Quella del Centro è una storia antica, che si lega non soltanto all’importanza storico-sociale che il cavallo ha rivestito fino al momento in cui la trazione animale è stata superata, ma anche alle vicende della dinastia borbonica, del suo declino e alla successiva unificazione del regno.
È una storia che si può leggere anche attraverso l’osservazione diretta delle razze presenti nel Centro: Napoletana, Persana e Salernitana. Una memoria storica che si dipana nei faldoni presenti nell’archivio che, come spiega Rinaldi, “contiene informazioni relative al cavallo salernitano, ad acquisti di altre razze e alle monte. È per questo che la collaborazione col Dilbec è essenziale. Gli studenti ci aiutano a catalogare i documenti e, attraverso la loro lettura, a ricostruire la storia del Centro e delle razze equine che tutela”.
Rosaria “un’emozione impareggiabile”
Fino a oggi sono una trentina i tirocinanti impegnati nel Centro. Tutti ispirati ed entusiasti, come Rosaria Roviello, primo anno della Magistrale in Storia dell’Arte, che alla storia del Centro ha dedicato la tesi di Laurea Triennale. “Prima che la prof.ssa Barrella me ne parlasse, non sapevo neanche dell’esistenza di questo luogo – racconta – Una volta entrata, però, non l’ho più lasciato, tanto che ancora oggi ci vado almeno una volta a settimana”.
Un’esperienza che si colloca in un ambito diverso da quello noto ai professionisti dei beni culturali, all’interno di un polmone verde di inaspettata bellezza. “Quando si varca il cancello della struttura – riprende Rosaria – si dimentica del resto. È il potere di quel luogo. Anche sul piano della formazione è stata un’esperienza unica, perché non avevo mai approcciato testi antichi toccandoli con mano. Cercare di tradurre e interpretare una calligrafia ottocentesca vergata da chissà chi è un’emozione impareggiabile”. Quelle 75 ore di tirocinio, ribadisce Rosaria, le hanno cambiato la vita. Tanto che anche la tesi Magistrale verterà sul Centro.
Il tirocinio, sottolinea la prof.ssa Barrella, è parte integrante del percorso di formazione: “Gli studenti hanno la possibilità di entrare in contatto con la realtà operativa e di occuparsi del patrimonio culturale. Ma, cosa più importante, i ragazzi hanno imparato e imparano a comunicare”. Sul caso specifico: “Per uno storico dell’arte raccontare un palazzo cinquecentesco è relativamente semplice e scontato, ma raccontare la storia di un cavallo è stupefacente e richiede grande preparazione, perché significa parlare del ruolo storico del cavallo, della coltivazione dei campi, delle carrozze, della società del tempo, della strategia militare e di mille altre cose ancora”.
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Ateneapoli – n.09 – 2024 – Pagina 25