Un viaggio affascinante attraverso le radici storiche, religiose e culturali di una tradizione che rappresenta un simbolo di identità per la Campania e l’Italia intera. Il Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale il 25 marzo ha offerto un seminario dedicato all’arte del presepe napoletano nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in Design per l’Innovazione.
Protagonista Vincenzo Nicolella, un “architetto ma soprattutto un’importante personalità dell’arte presepiale che è riuscito a mettere insieme operatori con diverse competenze, ancora oggi parte dell’Associazione Presepistica Napoletana, che si occupa non solo della conservazione di questa tradizione ma anche dell’aggiornamento e della divulgazione di questa conoscenza. L’associazione opera in sedi attive come la chiesa di Santa Marta e presso la stazione della metropolitana di Scampia e coinvolge le nuove generazioni attraverso laboratori didattici”, spiega la prof.ssa Ornella Cirillo che con la sua collega Francesca Castanò, entrambe docenti di Storia e Valorizzazione dei Patrimoni Culturali, ha introdotto l’incontro.
Nicolella ha sottolineato nel suo intervento come il presepe napoletano sia “un’arte che attraversa i secoli, un microcosmo che racconta la vita, la fede e l’evoluzione della società. Non è solo una tradizione natalizia, ma un vero e proprio archivio vivente della cultura partenopea, in cui sacro e profano, artigianato e devozione si intrecciano in un equilibrio che si rinnova senza perdere la propria essenza”.
In questo contesto, si inserisce anche la candidatura al riconoscimento del presepe come Patrimonio Unesco: “la Campania, con i suoi numerosi siti materiali e immateriali (tradizioni orali, feste, riti religiosi) iscritti nella lista Unesco, ha nel presepe un simbolo non solo religioso, ma anche culturale, trasmesso di generazione in generazione”. Ha poi ribadito l’importanza della trasmissione dei saperi, della tutela della tradizione e della valorizzazione del patrimonio presepiale, elementi fondamentali per garantirne la continuità nel tempo.
Una tradizione intrecciata con la storia. “Dal 1734 – ha proseguito Nicolella – con l’arrivo di Carlo di Borbone e della sua consorte Maria Amalia di Sassonia, il presepe acquista sempre maggiore diffusione. Arricchito di nuovi personaggi e scenari che riflettevano gli eventi storici e le trasformazioni sociali in atto, come l’influenza della cultura orientale dovuta agli scambi diplomatici e culturali con l’Impero Ottomano, si diffonde la moda di vestirsi alla ‘turca’ (visibile nelle vesti dei tre Re Magi). Napoli diventa così la porta sul Mediterraneo dell’Europa. Anche l’inizio degli scavi di Ercolano e Pompei ha influito sulla sua estetica, con scenografie di chiara ispirazione romana. Il presepe diventa uno strumento per il recupero dell’architettura rurale, non troviamo mai la ricostruzione di case nobili”.
Un aspetto fondamentale nella creazione del presepe è la realizzazione dei manichini, che nel corso dei secoli hanno subito un’evoluzione straordinaria. Come ha spiegato Nicolella: “originariamente realizzati in legno e destinati a cappelle gentilizie per famiglie nobili, alla fine del 1600 fu inventato il manichino in filo di ferro e stoppa. Questa soluzione conferiva uniformità al corpo, permettendo agli abiti di essere cuciti direttamente addosso (ogni vestito era la trasposizione di una zona e, con il cambiamento dei tempi e delle stratificazioni sociali, cambiava l’uso dell’abito), mantenendo una silhouette realistica”. Per modellare il corpo “vengono utilizzate delle imbottiture per creare una figura stilizzata e armoniosa”. Le teste “sono realizzate in argilla, con occhi di vetro montati con stucco dopo la cottura a circa 960º. Durante la modellazione, l’argilla viene mantenuta costantemente umida per evitare screpolature”.
Un aspetto interessante, i pastori venivano realizzati a più mani: “un artigiano si occupava della testa, un altro delle braccia, un altro ancora delle gambe. Proprio questa costruzione per pezzi consentiva all’artigiano di far acquisire diverse pose al pastore, rendendo ogni figura unica e dinamica. Il pastore diventa attore e il presepe si trasforma in una rappresentazione teatrale in miniatura”.
Le professoresse Castanò e Cirillo, in chiusura, raccontano come in Dipartimento si sia intrapreso un primo passo progettuale volto a vedere il presepe non solo frontalmente, ma da tutte le angolazioni. Questa nuova prospettiva permette di esplorare l’opera da punti di vista diversi, rivelando dettagli nascosti e coinvolgendo lo spettatore in un’esperienza dinamica. Un approccio che “rappresenta una fusione interessante tra tradizione e innovazione”.
Elisabetta Del Prete
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Ateneapoli – n. 6 – 2025 – Pagina 32