Ogni ambito del sapere cela insidie. Qualcuna in più l’area tecnico-scientifica. Ingegneria, ad esempio, richiede una preparazione matematica almeno di base. Che, come hanno osservato i docenti del Dipartimento di Aversa, non sempre c’è. “Riscontriamo una certa difficoltà a concentrarsi da parte degli studenti, unitamente a lacune nei principi di matematica di base che certamente non dipendono da loro”, afferma la prof.ssa Anna Maria Piccirillo di Analisi matematica. Le cause: “una scarsa qualità della didattica erogata alle scuole medie e superiori” e la natura stessa della disciplina che “richiede costanza, esercizio e lentezza. Non è difficile, dunque, che lo studente si senta disorientato”.
Il Dipartimento ha attivato corsi di Matematica zero, propedeutici alla disciplina, e un solido servizio di tutorato che affianca alle matricole docenti e studenti senior. Il consiglio della docente è quello di non subire l’università passivamente: “Studiate con impegno, rivolgendovi ai vostri docenti se vi trovate in difficoltà, e non vi isolate. Ma, soprattutto, seguite i corsi”.
“La mancanza di metodo nello studio è uno dei principali problemi di chi si avvicina per la prima volta all’università – sottolinea il prof. Alessandro Sarracino, docente di Fisica teorica della materia, modelli, metodi matematici e applicazioni – I primi anni servono per acquisire le conoscenze di base, ma anche e soprattutto ad acquisire un metodo. Suggerisco sempre ai miei studenti di affrontare il percorso di studi cercando di acquisire una nuova visione sulle cose, perché ho notato che hanno difficoltà nel passaggio dal formalismo matematico al contenuto dei concetti fisici, che sono espressi attraverso le equazioni e quindi con il linguaggio matematico”.
Una difficoltà che emerge in sede d’esame: “alcuni incespicano su argomenti che in genere vengono affrontati alle medie e alle superiori”. Ovviare a questa lacuna con l’applicazione pratica, fin dall’inizio, è il modo migliore per iniziare il proprio percorso. “Vengono messi a disposizione molti strumenti – aggiunge il docente – ad esempio ore di esercitazione pratica in presenza di studenti più grandi. La socializzazione è un fattore importante, bisogna seguire le lezioni assiduamente e confrontarsi con i colleghi sugli argomenti trattati”. Anche nell’ambito dell’Informatica sono necessarie delle conoscenze di tipo matematico, come operazioni tra vettori e tra matrici, per sperimentare funzioni al calcolatore.
A parlarne è il prof. Salvatore Venticinque, docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni: “La prima difficoltà la riscontro nel processo di problem solving, nel cercare cioè di formalizzare una soluzione a partire dal problema. Cerchiamo di superare questa lacuna offrendo agli studenti esempi pratici di esami svolti su come ordinare, per esempio, gli elementi di un vettore, oppure con ausili video e grafici, per mostrare come l’algoritmo o la sequenza di operazioni risolvano un dato problema”. C’è poi il problema dell’approccio alla materia: “Gli studenti fanno fatica a utilizzare il calcolatore per verificare l’esattezza del lavoro svolto. Molti si arrendono e attendono il giudizio del professore, mentre lo strumento suggerisce come autocorreggersi attraverso una verifica puntuale degli errori commessi”.
Un suggerimento? “Affrontare gradualmente i problemi che si presentano senza sconfortarsi. Si inizia con gli esercizi più semplici, solo dopo si può passare a quelli più complessi”. “Credo ci sia una dimensione di scarsa capacità di concentrazione sul contenuto delle discipline – spiega il prof. Alfonso Marino, docente di Ingegneria economico gestionale – Gli studenti hanno più capacità di apprendimento mnemonico che logico e questo può rappresentare un ostacolo per chi studia Ingegneria: i concetti richiedono di essere introiettati attraverso il ragionamento. Una volta che si apprendono, restano impressi. Al pari dell’abilità di andare in bicicletta”.
Quello che serve, secondo Marino, è rallentare: “c’è necessità di una maggiore sedimentazione dei contenuti della disciplina, perché sono complessi e richiedono capacità di sintesi e impegno”.
L’assenza di un metodo di studio corretto induce “sconforto tra gli studenti” e genera il fenomeno dell’abbandono negli anni successivi al primo. “L’impatto con l’università è complicato, e questo deve essere tenuto in considerazione – sottolinea il prof. Eugenio Ruocco, docente di Scienza delle Costruzioni e delegato all’orientamento – Alle superiori il docente conosce il valore dello studente a prescindere dall’interrogazione, all’università nessuno sa quanto vale se non in seduta d’esame. È un processo in cui si diventa un numero in una massa, e questo non è banale. Ingegneria somma a questo aspetto generale problemi tipici della disciplina”.
I primi anni della formazione di un ingegnere sono generalisti e con l’ingegneria hanno poco a che fare: “La matematica, la geometria e l’algebra non sono l’ingegneria ma il linguaggio usato dall’ingegneria. Spesso lo studente non si rende conto dell’utilità di queste materie. Un po’ come quando alle elementari i bambini riempiono pagine e pagine di lettere tutte uguali, senza capire che quel lavoro sarà loro utile per comporre parole più complesse e successivamente frasi con le quali esprimere un pensiero. Quello con la matematica, che è una disciplina astratta, è quindi un impatto duro, al quale semplicemente bisogna abituarsi con un giusto rodaggio e che si risolve naturalmente negli anni successivi”. La risposta per affrontare al meglio gli anni di studio si racchiude per il prof. Ruocco in due parole: lungimiranza e resilienza:
“Alla Triennale gli studenti tendono a correre, perché quello che alla fine appare sul curriculum è il voto della Magistrale. Questo li porta a sottovalutare aspetti in realtà essenziali. I primi anni servono ad acquisire quelle conoscenze che costituiranno la base irrinunciabile della formazione dell’ingegnere, è il bagaglio senza il quale tutto il resto sarà affrontato con difficoltà. Essere lungimiranti significa non correre, magari impiegare un po’ più di tempo nello studio dei concetti propedeutici, ma essere agevolati in futuro”. Resilienza: “non arrendersi alle prime difficoltà, perché ci saranno e soprattutto all’inizio. Si può provare, anche molto forte, la sensazione di non essere adeguati a questo percorso perché magari non si è abituati alle piccole sconfitte, un esame che va male, un voto inaspettatamente basso o un’incomprensione con il docente. Possono sembrare ostacoli insormontabili, ma agli studenti dico: resistete!”.
Nicola Di Nardo
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Ateneapoli – n.15 – 2024 – Pagina 26