La “terra di mezzo, tra due lingue, due mondi e culture” della comunità romena in Italia

Intervista-discussione con alcuni studenti di origine romena nell’ambito del seminario che si terrà il 18 novembre

I romeni, dati Istat, sono 1.076.412, ovvero il 20,81% di tutti i cittadini stranieri presenti sulla penisola. Una comunità spesso bistrattata, oggetto di scherno e preconcetti per una superficiale associazione a fenomeni illegali. Mai calati nella loro prospettiva, sempre inabissati nella nostra, senza chiedersi come sia ‘abitare un Paese, abitare due lingue’. Un virgolettato scelto non a caso da L’Orientale come titolo di un seminario che avrà luogo il 18 novembre a Palazzo du Mesnil, organizzato per grattare la corteccia del pregiudizio, dura a morire, e far emergere contraddizioni e affinità de l’Identità Linguistica e Culturale dei Romeni d’Italia, come recita la seconda parte dell’intestazione. Promotori dell’iniziativa, il Dipartimento Studi Letterari Linguistici e Comparati, nella persona della prof.ssa Anna De Meo, e il Centro di elaborazione culturale MoMI (mobilità, migrazioni internazionali), nella persona del presidente Fabio Amato. Tanti gli ospiti, tanti gli snodi tematici, tanti i momenti di confronto. Di questi ultimi, due su tutti: l’intervista-discussione con alcuni studenti di origine romena e la presentazione del volume ‘Radici a metà. Trent’anni di immigrazione romena in Italia’, che verrà consegnato in omaggio a tutti i partecipanti, realizzato a sei mani da Miruna Căjvăneanu (giornalista RoZoom Press), Benedetto Coccia (Istituto di Studi Politici “S. Pio V”) e Antonio Ricci (Centro Studi e Ricerche IDOS). “Parliamo di una comunità, quella romena – afferma De Meo – che porta con sé una sorta di desiderio di mimetismo. Non ama troppo rimarcare le proprie peculiarità. Gli aspetti culturali e linguistici, che meriterebbero molta più attenzione da parte nostra, sembrano destare poco interesse. Questo credo accada anche per tutti i pregiudizi che i romeni sono costretti a portarsi dietro. Basti pensare all’associazione immediata, a livello di comunicazione quotidiana, tra loro e i campi rom. Così si scatenano i cortocircuiti”. Gli studi che la docente sta conducendo assieme alla dottoressa di ricerca Anca Budeanu sulla comunità romena d’Italia hanno rivelato un fatto assai curioso: “Dai piccolissimi agli anziani, abbiamo registrato un abbandono netto dell’identità linguistica da parte loro. Addirittura molte coppie romene, in casa, si interfacciano utilizzando l’italiano. Insomma, è come se fluttuassero in una terra di mezzo, tra due lingue, due mondi e culture. Dal punto di vista strettamente organizzativo, la giornata si dividerà in due momenti. Durante la mattinata, l’attenzione sarà rivolta in toto alla dimensione linguistica – “a come i romeni ristrutturano il tutto nel momento in cui arrivano qui”, specifica la docente – che tuttavia è legata in maniera indissolubile al fatto culturale. Dopo la pausa pranzo spazio al già citato volume, che ha uno sguardo di tipo sociologico e demografico. Non mera somma di interventi e momenti, ma un confronto attivo tra i tantissimi attori in causa per cogliere “luci e ombre della migrazione romena in Italia. Speriamo che questa giornata sia solo la prima di una serie di incontri e che ci aiuti a conoscersi e comprenderci reciprocamente”. Non manca, da parte di De Meo, una piccola stoccata al mondo accademico: “Mi sorprende l’attenzione limitata di tanti colleghi nei confronti di questa comunità, come se fosse un po’ data per scontata. Il fatto che i romeni imparino subito la nostra lingua non significa che non abbiano difficoltà ad inserirsi nel nostro tessuto socio-culturale, tutt’altro”. L’esempio lampante, la testimonianza di una giovane studentessa che De Meo ha ricevuto nella sua stanza solo qualche giorno fa: “Si è trasferita qui all’età di 13 anni e mi ha raccontato che ora è costretta a tornare in Romania per rinnovare la carta d’identità. Al che mi sono chiesta perché non avesse avviato le pratiche per ottenere la cittadinanza. La serie di problemi che devono affrontare questi ragazzi è infinita. Nel suo caso non basta avere la maggiore età perché, essendo nata in Romania, ora deve dimostrare di avere un reddito qui in Italia”. A maggior ragione, la giornata seminariale, nel suo piccolo, può saldare un legame, tra noi e loro, che stenta a decollare nell’immaginario collettivo. “I nostri studenti hanno mostrato grande interesse – conclude la prof.ssa De Meo – abbiamo ricevuto molte richieste di partecipazione, non me l’aspettavo. Speriamo di coinvolgere anche il territorio”.

Claudio Tranchino

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