Il racconto di un dottorando in Molecular Science for Earth and Space alla Scuola Superiore Meridionale, membro del team ‘The Kraft’
Dalle aule della Scuola Superiore Meridionale (SSM) allo Slash+, pub che ha sede al Vomero e che ha ospitato il Festival “Pint of Science” alla fine di maggio. Una birra e una chiacchierata con brillanti ricercatori sulle loro ultime scoperte. Il 23 dello scorso mese è toccato a Gabriele Iuzzolino, 27 anni, Laurea Magistrale in Scienze Chimiche con il massimo dei voti e la lode nel 2021, dottorando in Molecular Science for Earth and Space alla SSM, dove è membro del team di Chimica teorica e computazionale “The Kraft”, diretto dalla prof.ssa Nadia Rega.
Sotto le luci calde del locale, il giovane ricercatore ha raccontato “Come ragiona uno scienziato? La chimica teorica e i misteri della vita”, titolo pensato ad hoc “per attrarre i non addetti ai lavori”, spiega. “Ho parlato – continua – di quello che faccio da due anni. Un sistema modello per studiare un particolare tipo di reazione fotochimica che avviene tra proteine e DNA”. Ampio spazio anche per un cappello introduttivo che desse “informazioni di carattere preliminare al pubblico. Cioè cos’è la chimica teorica, quella computazionale”. In più, “nozioni di fotochimica e biochimica, di come funziona il metodo scientifico e che ruolo gioca la chimica teorica all’interno delle scienze chimiche”.
Se la chiacchierata al pub è finita quella sera stessa, il lavoro quotidiano non si ferma mai. E ruota tutto intorno “allo studio della reazione di fotociclizzazione del 5-benziluracile, una molecola che studiamo perché attraverso il suo comportamento riusciamo a spiegare quello di molecole più complesse”. Come dire, si tratta di una pezza d’appoggio. Una semplificazione della reazione di “fotoreticolazione tra DNA e proteine, un metodo sviluppato per permettere l’isolamento di complessi tra acidi nucleici e proteine”.
Una complessità che trova la sua applicazione finale nello “spiegare il meccanismo di una particolare reazione che, a sua volta, serve a comprendere meglio i complessi alla base di meccanismi biologici”. Qui, entrano in gioco chimica teorica e computazionale: “Lavoro al pc, costruisco delle simulazioni utilizzando programmi e algoritmi che prevedono il comportamento del sistema. Do le coordinate degli atomi e le leggi da usare al computer, che poi calcola e fa previsioni”.
Un fiume in piena Gabriele, che riesce per un attimo a dismettere il camice da chimico e provare a raccontarsi. Perché se lo studio di una disciplina continua anche dopo il canonico ‘3+2’ – somma degli anni di Triennale e Magistrale – assume un significato ben preciso: passione. Che nel giovane dottorando è sbocciata “per caso”. “Avendo frequentato il liceo classico, le mie conoscenze di chimica erano molto generiche. Tuttavia, mi incuriosiva molto la biochimica. All’epoca mi resi conto che attraverso i processi molecolari si può spiegare come funzionano gli organismi viventi. Di conseguenza, ne immaginavo anche le potenzialità, le applicazioni. Per esempio nell’ingegneria genetica, nella biomedicina. Orizzonti sui quali non a caso è ritornata la mia ricerca, in qualche modo. Ovviamente è all’Università che mi sono avvicinato alla chimica teorica, che spiega il meccanismo dei processi molecolari”.
Ma se è fiorita la passione per la chimica, il merito va ascritto anche all’incontro con i cosiddetti Maestri lungo il cammino. Nel caso del 27enne, “non c’è una stella polare in particolare”. Di sicuro Piero Angela, tra quelli più famosi – “lo guardavo fin da bambino”, dice – e Josiah Willard Gibbs, “un chimico-fisico di nicchia che ha dato una spiegazione complessiva della termodinamica”. Poi i professori, ultimi non per importanza: “Tutti quelli che ho conosciuto mi hanno lasciato qualcosa, in particolare la prof.ssa Rega, incontrata già alla Federico II. È grazie a tutti loro se ho capito cosa voglio fare. Insegnare”.
Claudio Tranchino