I progressi in campo medico non puntano soltanto a sconfiggere il tumore alla mammella – e i numeri sembrano incoraggianti – ma, di conseguenza, anche a migliorare la qualità della vita di chi deve affrontare questa battaglia e di chi ne è già uscito vincitore. Di questo si occupa un’eccellenza tutta nostrana: la dott.ssa Martina Pagliuca, 32 anni, oncologa specializzata alla Federico II nel 2022 e, da allora, dottoranda di Clinical and Translational Oncology alla Scuola Superiore Meridionale, che è il primo dottorato in Italia espressamente dedicato all’oncologia. Un percorso innovativo che punta a “formare un hub internazionale di ricerca e formazione in grado di richiamare i migliori studenti italiani e stranieri (è interamente in inglese, ndr) desiderosi di effettuare un percorso di altissima specializzazione nel settore dello sviluppo terapeutico in Oncologia e di rappresentare la futura leadership oncologica nel settore accademico e industriale dei prossimi decenni”, si legge nella descrizione. E infatti i vincitori del bando possono optare per la ricerca traslazionale o clinica. Su quest’ultima si è orientata Pagliuca – giunta, nel frattempo, al suo secondo anno – attualmente in Francia, presso l’Institut Gustave Roussy di Villejuif, alle porte della capitale Parigi: “il miglior centro in Europa per la ricerca sui tumori”, ha spiegato ad Ateneapoli. Sul suo percorso in terra transalpina racconta: “lavoro in particolare nel setting di survivorship; cioè mi focalizzo sui differenti aspetti di qualità della vita dei pazienti che hanno avuto il tumore al seno. Parliamo della gestione di sintomi che possono protrarsi a lungo dopo la fine dei trattamenti: fatica, insonnia, declino cognitivo, ansia, depressione”. Al servizio di questo orizzonte di ricerca anche “strumenti di monitoraggio digitali, che stiamo provando a portare negli ospedali per pazienti nel pieno del trattamento”. Già, perché l’obiettivo è proprio questo: “riuscire a implementare un percorso personalizzato – indipendentemente dalla diagnosi – attento alla qualità della vita del soggetto e alla gestione degli effetti a lungo termine che può subire”. Una necessità, a ben vedere, perché “la popolazione di pazienti che guarisce cresce, e così anche quella costretta a convivere con il tumore come malattia cronica”. Dallo scopo della ricerca a quello personale, la dott.ssa Pagliuca ha le idee chiare sul futuro: “entro la fine del dottorato ho intenzione di tornare in Italia e magari avviare qualche progetto pilota per percorsi personalizzati: servono fondi, figure professionali, valutare la responsività dei pazienti, i dati di ricerca e il relativo screening. È possibile, ma non si può realizzare tutto dall’oggi al domani”. Infine, la conferma che quella di sposare la Scuola Superiore Meridionale è stata una scelta felice: “nonostante io non sia a Napoli riesco a seguire tutto a distanza: i seminari sono di livello davvero elevato e, grazie agli strumenti offerti, non ho dovuto rinunciare a nulla”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n.03 – 2024 – Pagina 34