Dalle aule di Giurisprudenza del Suor Orsola Benincasa, dove è stato anche rappresentante degli studenti in Senato Accademico, ai tavoli della quinta edizione della Conferenza Globale sul Crimine Organizzato, tenutasi tra il 30 e il 31 ottobre, come uno dei dieci ricercatori italiani selezionati nonché unico campano: è la storia del dott. Giovanni Russo, che ha inseguito la sua passione per il Diritto Penale fino a Roma dov’è ad oggi impegnato presso la LUISS nel dottorato in ‘Law&Business’, rivendicando sempre, però, un cuore casertano.
È stato, infatti, proprio l’amore per la sua terra a portarlo verso gli studi giuridici, con un interesse verso i temi dell’antimafia che è sempre stato un po’, come lui stesso racconta, “una forma di reazione alle cronache nere che ancora oggi leggiamo nella provincia di Caserta: arrestati, indagati, infiltrazioni camorristiche negli enti locali e nella sanità. Siccome sono legato a questa terra, sentivo di dovere e di voler dare un contributo, e ho colto gli studi giuridici come strumento per fare qualcosa di buono”.
Così, una volta laureatosi, “non ho preso in considerazione nessun altro Ateneo che il Suor Orsola per perfezionare i miei studi”, rimasto positivamente colpito dalla modalità con cui il Dipartimento gestisce i profili offerti e dal fatto che l’Ateneo “è connotato dall’essere una grande famiglia: si crea uno spiccato senso di comunità collegiale, che si avverte fin dai primi anni, dai docenti ai tutor fino alle cariche più alte e questo ambiente mi ha fatto sentire a casa” anche durante la Scuola di Specializzazione, prima, e un Master di II Livello sulla legislazione sia sostanziale che processuale in materia di antimafia, dopo. Grazie all’importante bagaglio culturale acquisito, ha potuto allora intrattenere il pubblico internazionale della Conferenza Globale sul Crimine Organizzato, composta da accademici, magistrati, forze dell’ordine su “come le mafie si stanno evolvendo nello spazio virtuale e come usano il digitale, inteso a 360 gradi, per i propri scopi criminali”.
Purtroppo, infatti, anche la criminalità organizzata si sta, per così dire, ammodernando in linea con il progresso tecnologico: “hanno abbandonato le estorsioni tipiche degli anni ’80 o i sequestri di persona e ora preferiscono, ad esempio, l’estorsione tramite la captazione di dati personali”. Da qui, allora, l’esortazione ad “immaginarci tutti come sotto un unico tetto ordinamentale penale: se le mafie hanno abbandonato i confini degli spazi fisici, gli Stati non possono pensare di muoversi ancora allo stesso modo e devono uscire anche loro dai confini nazionali”.
Nel concepire nuove leggi che possano efficacemente stare al passo con la trasformazione del fenomeno mafioso, la ricerca gioca allora un ruolo fondamentale. La nostra regione, secondo il dott. Russo, “riesce ancora a fornire validissimi ricercatori in vari ambiti, che riescono ancora a fare la differenza in scenari come questo a cui ho partecipato e anche in altre conferenze internazionali”.
Il problema della cosiddetta “fuga di cervelli”, però, resta un dato di fatto. A suo dire, è problematico proprio l’approccio che questo Paese ha rispetto alla ricerca, soprattutto quando si tratta di stanziare risorse economiche. La ricerca contribuisce all’evoluzione della società e lo Stato non può relegare a questa solo una piccola percentuale del bilancio annuo quando, invece, sono investimenti fondamentali.
Giulia Cioffi
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Ateneapoli – n.18 – 2024 – Pagina 30