Una vera bolgia il Teatro San Carlo che ha abbracciato Alessandro Barbero lo scorso 11 marzo, invitato dalla Federico II in occasione delle celebrazioni degli 800 anni dell’Ateneo, per fare un ritratto del suo fondatore tra storia e leggenda. Circa 2000 persone sono accorse, tra posti a sedere e foyer (adibito per l’occasione con tanto di maxischermo), per lo storico e scrittore, che non ha percepito alcun cachet. “Sono onorato di essere qui – ha detto – a partecipare alle celebrazioni di una delle università più antiche del mondo”.
Poi ha aggiunto: “i giovani di oggi hanno una gran voglia di confrontarsi, di sapere, di discutere. Sappiamo che sono una bellissima generazione ed è una gioia vivere e lavorare in mezzo a loro”. A scortarlo sul palco, la Prorettrice Rita Mastrullo e il Rettore Matteo Lorito, il quale nell’introdurlo ha ricordato la grandezza di Federico II nel capire che “le proto-università avevano un potere enorme e per questo volle ricondurlo allo Stato, cioè nel campo della laicità. L’università è il rifugio della verità, a sua volta principio fondamentale per il consolidamento della democrazia”.
Parafrasando il fondatore dell’Ateneo, Lorito ha poi ceduto la parola a Barbero, chiamato “a renderci edotti del nostro passato, affinché sia l’anima del nostro futuro”. Nei pochi secondi di silenzio tra la fine del discorso del Rettore e l’inizio del racconto dello storico, alcuni ragazzi del CAU (collettivo autorganizzato universitario) hanno esposto striscioni pro Gaza dai palchi in alto e urlato il coro ‘Palestina libera’, sostenuti da tanti applausi. E così Barbero ha cominciato a evocare, passo dopo passo, aneddoto dopo aneddoto, Federico II. Un sovrano illuminato e assai moderno, capace di mettere in comunicazione mondo cristiano e islamico e, per questo, oggetto di una propaganda denigratoria per il graduale inasprimento dei suoi rapporti con la Chiesa, con il Papa che arriva a scomunicarlo e a definirlo “bestia dell’Apocalisse”.
Federico II, “ragazzo del Sud”
E però, da bambino, Federico è il Puer Apuliae, che Barbero traduce con la felice espressione “il ragazzo del Sud”. Diventa negli anni stupor mundi perché uomo del Rinascimento nato nel Medioevo; un legislatore che nella Costituzione di Melfi sancisce l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, difende i deboli contro le prepotenze, abolisce il giudizio di Dio.
Una cosa è certa: il vero scoglio della vita politica di questo sovrano così atipico è il potere del Papa. E infatti alla fine, assieme alla Crociata – che tocca pure a Federico, che si finge malato pur di non partire per la Terra Santa – arriva la citata scomunica. Decisamente più avanti nel tempo, addirittura a inizio Novecento, per lo storico tedesco Kantorowicz, Federico II è il perfetto eroe tedesco e pure incarnazione del Mefistofele del Faust. Insomma, Barbero lo ammette candidamente, il cammino tra storia e leggenda è vischioso; tuttavia, anche ciò che non è accaduto e che pure viene ricondotto allo stupor mundi ha il suo peso nella costruzione duale della sua immagine nell’immaginario collettivo, a metà tra l’ammirazione e il terrore.
E allora, in virtù di questa labilità dei confini tra mito e storia, conclude lo storico, è “come se fossimo al cospetto di una tavola imbandita, dove ognuno può scegliere quello che più desidera”. Applausi fragorosi hanno salutato Barbero, che si è concesso al pubblico del San Carlo come una vera rockstar.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n.05 – 2024 – Pagina 3