“Proporremo di mettere a disposizione dell’America’s Cup le nostre competenze”. Il prof. Giorgio Budillon, Prorettore dell’Università Parthenope, velista e docente di Oceanografia, annuncia che il suo Ateneo, come già era accaduto nel 2012, quando Napoli ospitò la Louis Vuitton Cup, si proporrà per il servizio meteo in occasione delle regate che si svolgeranno nel mare di Napoli nel 2027.
Quali attività durante la Louis Vuitton Cup?
“Fornimmo il servizio delle previsioni meteorologiche agli equipaggi che gareggiarono. Il Centro Meteo dell’Ateneo ha stazioni meteo sul territorio e sensori a mare per misurare le correnti. Disponiamo inoltre di diversi altri strumenti, tra i quali un radar meteorologico che ci fa vedere in tempo reale dove piove e quando piove. Tutte queste attività, che abbiamo sviluppato nel corso degli anni per la ricerca e la Terza Missione, furono utili agli equipaggi delle regate della Vuitton Cup e spero che potranno tornare utili anche nel 2027, in occasione dell’America’s Cup. Siamo pronti a dare il migliore servizio”.
Quali sono i venti predominanti nel golfo di Napoli?
“Maestrale, scirocco e libeccio. In estate c’è un regime di brezza. I venti sono influenzati dall’orografia del Golfo, dalla presenza di rilievi come il Monte Faito. Naturalmente nei mesi estivi, in particolare ad agosto, frequenza e direzione dei venti – il regime anemometrico – non sono molto forti. Va detto che queste imbarcazioni sono anche molto sensibili alle condizioni del moto ondoso”.
Dare lustro al Museo del mare
Il suo Ateneo potrebbe essere coinvolto anche in altri aspetti della competizione velica?
“Nel periodo delle regate saranno organizzati diversi eventi che avranno come tema il mare, la navigazione, la cultura marinara. Ne sono sicuro, anche in considerazione del fatto che qui a Napoli tra Università (la nostra e la Federico II), Cnr, Enea e Stazione Zoologica Dohrn c’è una solida tradizione di studi e ricerche sul mare. Ebbene, spero che si riesca a valorizzare e a dare lustro al bellissimo Museo sulla storia della navigazione che l’Università Parthenope ha a Villa Doria d’Angri.
L’America’s Cup potrebbe essere l’occasione, un modo per tenerlo aperto al pubblico molto più di quanto accada oggi e per farlo conoscere ai napoletani e ai turisti. Quel Museo è una chicca, una gemma preziosa, ma non abbastanza nota. Lo apriamo su richiesta o in occasione di eventi come il Maggio dei Monumenti, ma certamente nei giorni dell’America’s Cup proveremo a fare di più”.
Le piacerebbe, da velista ed appassionato di mare, navigare su una imbarcazione della Coppa America?
“Ho avuto l’opportunità di vedere New Zealand, la barca che si aggiudicò la competizione alcuni anni fa. Ero in viaggio verso l’Antartico, per una delle missioni di ricerca nel Mare di Ross alla quale partecipa l’Università Parthenope con Altri atenei ed istituti di ricerca. Facemmo tappa in Nuova Zelanda ed ebbi l’occasione di ammirare New Zealand. Per me che vado a vela su una barca normale fu un po’ come vedere da vicino una Formula 1.
Sono scafi che possono raggiungere anche i 50/ 55 nodi. Hanno una sorta di alettoni in virtù dei quali quasi non toccano l’acqua. È dunque una tecnologia davvero molto spinta. Insomma, certamente navigare su uno di questi scafi sarebbe un’esperienza straordinaria. Tengo, però, a precisare un punto importante: il fascino e la gioia dell’andare per mare a vela non dipendono dalla tecnologia e dalla grandezza di una barca. Quelle certamente permettono di affrontare traversate che una imbarcazione più modesta non consente, ma andare a vela è bellissimo anche su un piccolo scafo”.
La navigazione a vela “un inno alla sostenibilità”
Quali vantaggi, secondo lei, potrà portare l’America’s Cup a Napoli?
“Ho letto molto, dopo l’aggiudicazione alla nostra città, di afflussi turistici e vetrina internazionale. Sono certamente aspetti non trascurabili. A me, però, piace sottolineare un aspetto diverso. Il vento fornisce un’energia pulita, naturale ed infinita per cui la navigazione a vela, che sia per diporto o per una qualche competizione, è un inno alla sostenibilità. La circostanza che Napoli ospiterà l’America’s Cup offre a tutti noi l’opportunità di riflettere sui cambiamenti climatici e sulla necessità di ampliare più il ricorso alle fonti alternative di energia. Mi piacerebbe, inoltre, che lo spettacolo delle vele tra via Caracciolo e Posillipo sensibilizzasse anche ad una fruizione del mare meno nevrotica ed aggressiva”.
A che si riferisce?
“In estate vedo barche e motoscafi che sfrecciano a velocità folle, senza rispetto per gli altri e per il mare. Chissà che l’America’s Cup non compia anche il miracolo di aiutare ad una riflessione sull’opportunità di cambiare questi comportamenti pericolosi, dannosi e sbagliati”.
Cos’ha di tanto speciale l’America’s Cup, rispetto ad altre regate di storica tradizione e ad altri eventi sportivi di rilevanza internazionale?
“È la più antica manifestazione sportiva giunta fino a noi. La prima edizione risale al 1851 ed è perfino più antica dei Giochi olimpici moderni. Si chiama Coppa America perché la prima edizione fu vinta dalla yacht America e per decenni si sono aggiudicati la coppa solo equipaggi americani. La competizione, però, non è importante solo per la sua splendida ed antica storia. Essa è oggi sinonimo di eccellenza tecnologica e ingegneristica. L’innovazione che oggi trova spazio sulle barche dell’America’s Cup finirà con contribuire, tra qualche anno, a modificare e migliorare oggetti, dispositivi e materiali che utilizzeremo nella nostra vita quotidiana”.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n. 10 – 2025 – Pagina 3