Un dato incontestabile: in Italia la Federico II è maglia d’argento per numero di Dipartimenti di eccellenza”

Un dato incontestabile: in Italia la Federico II “è maglia d’argento per numero di Dipartimenti di eccellenza”

CLASSIFICHE TRA LE UNIVERSITÀ. L’opinione della Prorettrice e dei Presidenti delle Scuole federiciane

Censis; QS World University Rankings; ARWU (Academic Ranking of World Universities, a cura dell’organizzazione indipendente Shanghai Ranking Consultancy). Sono tre esempi, ma se ne potrebbero citare altri, delle classifiche tra le Università in Italia e nel mondo che periodicamente sono pubblicate e trovano vasta eco sui giornali. Croce e delizia dei Rettori, ineluttabilmente contattati dai cronisti per commentare questo o quel risultato, quella scalata alle posizioni di testa oppure quella retrocessione in coda. Sono affidabili, hanno un senso e come vanno lette? Ateneapoli ha interpellato la Prorettrice Rita Mastrullo ed i Presidenti delle quattro Scuole della Federico II per raccogliere commenti ed opinioni. Potrebbero essere uno strumento di confronto per i giovani e le famiglie che si affacciano alla scelta universitaria – dice la prof.ssa Mastrullo – però dovrebbero essere ben presentate e non accade”.

“Vanno spiegati bene gli indicatori”

La lettura di una classifica va guidata: Vanno spiegati bene gli indicatori. Ci sono quelli più di contesto, per esempio relativi alle residenze e ai trasporti, sui quali un Ateneo non ha modo di decidere. Se risiedo a Milano sono collocato in un tessuto socio-economico che non è quello di Messina ed è diverso pure da quello di Napoli. Va bene che una ragazza scelga di immatricolarsi a Parma e non a Napoli o Messina perché magari lì si sposterà in bicicletta, troverà una città tranquilla e una residenza nella quale alloggiare. È legittimo e può essere un criterio valido di opzione. Quel che non va bene, però, è che poi nella classifica tra gli Atenei la Federico II, che pure sta compiendo grossi sforzi con l’Adisurc su questo versante, risulti peggiore – ma è un esempio, non parto da un dato reale – di Parma perché lì i trasporti sono più efficienti ed hanno le residenze”. Prosegue: “Una classifica, poi, affinché fornisca elementi di valutazione corretti dovrebbe sempre distinguere tra Atenei grandi e piccoli. Grandi non solo per la numerosità delle studentesse e degli studenti che li frequentano, ma anche per la pluralità dell’offerta formativa e culturale. Non ha senso mettere a paragone un Politecnico con un Ateneo generalista o con uno medio – piccolo di un’area interna. Magari quest’ultimo con la sua presenza farà sì  che per la prima volta entrerà la laurea in molte famiglie ed allora anche questo è un valore da considerare, ma non si misura con il numero delle pubblicazioni”.

Secondo la Prorettrice, un confronto andrebbe fatto per sottoinsiemi più omogenei e valutando se una Università è in crescita rispetto a certi parametri, se c’è un indirizzo verso la qualità della ricerca”. Al di là delle classifiche, riflette la prof.ssa Mastrullo, alla Federico II portiamo a nostro favore un dato obiettivo ed incontestabile: il risultato dei 15 Dipartimenti di eccellenza, con oltre il 50 per cento dei ricercatori e con la presenza di tutte le aree disciplinari. Questo testimonia un livello medio-alto ed è un dato molto significativo anche se lo si confronta con la penultima prestazione dell’Ateneo. Stesso discorso si potrebbe fare sui progetti Pnrr. Ribadisce: A volte si semplifica nel presentare le classifiche tra le Università.

Fotografie molto parziali

Il prof. Domenico Carputo, che è il Vicepresidente della Scuola di Agraria e Veterinaria (si attendono le elezioni per il nuovo Presidente), è convinto che ci siano in giro troppe classifiche e graduatorie. Sinceramente guardo ad esse sempre con un certo distacco. Derivano ovviamente da una serie di indicatori e parametri: indicatore che metti, classifica che trovi. Poi, se cambi i parametri, non è la stessa graduatoria. Insomma, ogni classifica è una fotografia molto parziale. Non le guardo moltissimo, sebbene mi dispiaccia quando vedo che la Federico II ed il mio Dipartimento sono penalizzati”. Focalizza l’attenzione in particolare sulla classifica del Censis, che è pubblicata all’inizio dell’estate. “Tra i parametri – ricorda – c’è la occupabilità. Al Sud, però, è evidentemente più difficile trovare lavoro e questo, come il parametro residenze, finisce con il penalizzare ingiustamente la Federico II”. Le classifiche pubblicate dai giornali influenzano la scelta degli studenti e delle famiglie alle quali essi appartengono di immatricolarsi ad un Ateneo o in un altro? Possono certamente influenzare per il prof. Carputo chi non è esperto delle vicende universitarie. I non addetti ai lavori. Si legge il titolo: tale Università è la migliore e tale la peggiore e ci si ferma lì, perché magari poi anche nell’articolo non si entra nel dettaglio dei parametri”. Classifiche da cestinare, dunque? “No, non è corretto dire questo. Da interpretare con enorme cautela. Noi della Federico II non ci abbattiamo troppo per quelle che ci penalizzano, ma ovviamente cerchiamo di migliorare. Sulle residenze, per esempio, che pure non dipendono da noi, stiamo lavorando molto per aprire nuovi spazi nei prossimi anni e migliorare l’attrattività verso studenti provenienti dalle altre regioni e dall’estero”.

“Non so quanto le classifiche siano considerate dai nostri portatori di interesse, dagli studenti e dalle imprese. Sono certamente un fenomeno, anche mediatico, con il quale dobbiamo fare i conti, dice il prof. Stefano Consiglio, Presidente della Scuola delle Scienze Umane e Sociali.  Prosegue: “Quando ci premiano tendiamo a divulgarle e se non ci premiano le critichiamo. Ci sono diverse graduatorie che misurano cose eterogenee ed un Ateneo, infatti, si trova in posizioni differenti a seconda di quale sia la classifica di riferimento. Ce ne sono alcune le quali misurano il contesto nel quale si trovano le Università. È, per esempio, quella del Censis che valuta cose sulle quali gli Atenei non hanno possibilità di impatto e privilegiano chi sta in un contesto economicamente più sviluppato e socialmente meno problematico”.

Ricerca, laureati, risorse

Per il prof. Consiglio bisogna sottolineare tre elementi: “Il primo: attività di ricerca. Il secondo: capacità di laureare persone. Il terzo: le risorse con le quali si realizzano le prime due attività. Questo solitamente è un aspetto abbastanza trascurato quando si parla di Università, eppure sarebbe corretto parlare di sistema educativo nel suo complesso. Allora da questo punto di vista i dati Eurostat parlano chiaro e ci dicono che l’Italia è il Paese europeo che spende meno in educazione nel suo complesso”. Quantifica: circa l’otto per cento della spesa pubblica, la media è del dieci per cento. L’Italia, poi, destina all’Universitàlo 0,6% della spesa pubblica. Il Regno Unito l’1,5%, la Germania 1,7%, la Francia ci doppia”. Anche il sistema di finanziamento va a privilegiare scuole ed Università “che operano in un contesto più favorevole e meno complesso di quello campano. Le classifiche più serie dovrebbero tenerne conto”. A fronte di investimenti pari alla metà di altri Paesi, “l’Università italiana produce 1,7 pubblicazioni ogni mille abitanti. Come la Francia. La Spagna 1,8 e gli Stati Uniti 1,9, ma a fronte di investimenti a volte doppi. I ricercatori italiani garantiscono standard di produzione di ricerca pari a Paesi che magari spendono il doppio. Quale tra le tante classifiche è la più seria? “Non mi esprimerei. Quella del Censis a volte sottolinea parametri fuori dal controllo degli Atenei. Per esempio le residenze universitarie che attengono al sistema regionale. In ogni caso, anche quelle che ci penalizzano rappresentano un pungolo”. Sostiene poi: Le classifiche internazionali influiscono poco sulle scelte studentesche.Ragazze e ragazzi guardano soprattutto alla capacità di erogare servizi, alle sedi. Su questo gli Atenei del Mezzogiorno stanno recuperando, come racconta il rapporto dell’Agenzia per la coesione per il periodo tra il 2010 ed il 2017”. Prosegue: “La retorica dei cervelli in fuga dal Sud in realtà evidenzia che i laureati sono stati formati benee ci sarà pure un poco di merito di chi li ha formati. Il problema vero è che non riusciamo ad attrarre nei nostri centri di ricerca per mancanza di risorse e scarse retribuzioni”. Conclude: “Sicuramente le classifiche sono uno stimolo. Non è che non le sfogliamo, ma cerchiamo anche di analizzarle”.

La prof.ssa Maria Triassi, Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia, sottolinea: “Le classifiche sono sempre molto parziali. Si basano su diversi parametri. Alcune sulla produzione scientifica, altre su servizi, trasporti e case dello studente. Lo stesso Ateneo può essere premiato da una graduatoria e castigato da un’altra. Bisogna conoscere gli indicatori. Gli studenti, aggiunge, “non credo si orientino in base a queste classifiche per decidere dove si iscriveranno, a quale Ateneo. Si basano sull’esperienza altrui e sui siti.

“Mi pare che non sempre i resoconti della stampa fotografino la realtà”, afferma la prof.ssa Gioconda Moscariello, Presidente della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base. Nell’ultima classifica che è stata pubblicata – QS World University“complessivamente la Federico II ha mantenuto le sue posizioni. Risulta ottava nel complesso generale della valutazione. Nella media generale si colloca avanti a Torino e a Roma Tor Vergata. Poi è chiaro che ogni classifica esamina punti. Questa si basa sul ranking delle riviste e delle pubblicazioni, ma anche sull’internazionalizzazione, sui contatti con le imprese internazionali ed è chiaro che su questo ambito ci sta ancora da fare molto”. Al di là delle classifiche più o meno opinabili, peraltro, rileva la docente, “va ricordato che in Italia l’Ateneo Federico II è maglia d’argento per numero di Dipartimenti di eccellenza. Nella nostra Scuola ne abbiamo avuti 8 su 11. In tutta l’Università sono stati 15. Questa è una valutazione dell’Anvur, una Agenzia pubblica del Ministero”. Sottolinea: I nostri laureati che vanno all’estero sono molto apprezzati, lavorano in ambiti di ricerca importanti. Sul fronte dell’internazionalizzazione e della connessione con il mondo del lavoro ci stiamo impegnando molto, per esempio con i Career Day. Quest’anno avremo quasi il doppio delle imprese rispetto a dodici mesi fa. Credo che da parte dell’Ateneo ci sia una grande soddisfazione, poi è chiaro che se si esamina il singolo punto possono emergere criticità in ogni classifica”. La prof.ssa Moscariello conclude: “La stampa non ci aiuta. Magari gli studenti si soffermano alle prime battute di un articolo che racconta di una di queste classifiche e poi pensano di andare altrove, sebbene noi ci collochiamo tra i primi a livello italiano. È giusto che ci si valuti, ma non deve diventare un servizio di marketing, una campagna di pubblicità per questo o quell’altro”.

Fabrizio Geremicca

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