“Avete la fortuna di studiare in Italia e, credetemi, se andrete all’estero vi accorgerete di essere più bravi di tanti altri”. È un messaggio chiaro di speranza e di forza quello che Paola Severino, ex Ministro della Giustizia del Governo Monti, ha portato ai numerosi studenti accorsi il 17 febbraio all’Aulario di Santa Maria Capua Vetere per una lectio magistralis sul rapporto tra Diritto ed Economia che si inserisce nel ciclo di incontri “Oltre le due Culture – I Dialoghi della Sun 2016”, una proposta di approfondimento culturale e di arricchimento personale che ha visto partecipare anche i professori di Giurisprudenza Stefano Manacorda e Lorenzo Chieffi, il Direttore di Dipartimento Fabrizio Amatucci e il Rettore Giuseppe Paolisso. Un’aula gremita dove sono intervenuti anche allievi delle scuole superiori casertane e giovani rappresentanti dell’associazione contro le mafie ‘Io Ci Sto!’. Un permanente valore di continuità e un filo conduttore che mai si spezzerà si presentano nella vita di chi crede in qualcosa e persevera affinché possano realizzarsi le sue aspirazioni, dimostrando che quelle scelte non sono state affatto casuali ma frutto di ragionamenti e sacrifici. La stessa continuità che si è materializzata più volte durante la carriera di ricercatrice prima, di giurista ed avvocato dopo, e di docente universitario oggi, compresa nella breve parentesi di politico. “Tutto è cominciato nel periodo in cui frequentavo le aule della Cassazione grazie a mio padre e a mio zio, entrambi magistrati, quando si stavano svolgendo i grandi processi sulla corruzione e sulla criminalità dei cosiddetti colletti bianchi. Ai tempi non lo sapevo ma queste visite avrebbero segnato il mio cammino successivo”. Paola Severino, nelle vesti di giurista e docente, ha raccontato così le grandi emozioni della sua vita che non hanno oscurato affatto quella che ha provato di fronte a centinaia di giovani, colleghi, amici, di persone semplicemente interessate. Il giorno in cui giovanissima si trovò a Siracusa, grazie al professore Stile, in mezzo ai santoni del Diritto Penale per parlare del ruolo del Pubblico Ufficiale incaricato di un pubblico servizio, prima di allora non definito dal Codice Penale, o quando aprì l’Armadio della Vergogna in cui si nascondevano gli atti dei processi contro i crimini nazisti e capì, guardando i testimoni piangere al ricordo dei parenti gettati nelle fosse Ardeatine, che i reati contro l’umanità sono imprescrittibili perché lasciano un segno indelebile nella collettività. E ancora, la telefonata in cui le veniva chiesto di…
Articolo pubblicato sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola (n. 3/2016)
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