Il fascino: la visibilità ad occhio nudo, evento raro. Le comete, “nuclei di ghiaccio e polvere”, depositarie dei segreti della formazione del sistema solare e della Terra. Ne parlano gli astrofisici Inno (Parthenope) e Covone (Federico II)
C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas: è il nome della cometa che ha dato spettacolo nei cieli italiani ad ottobre e che si è avvicinata al Sole, rendendosi così visibile a tutti noi, dopo un viaggio durato circa 80mila anni. È partita, per dare un’idea, quando in alcune zone dell’Asia si andarono costituendo i primi villaggi dell’uomo di Neanderthal.
Particolarmente luminosa, ha una chioma che misura circa 209.000 chilometri di diametro ed è accompagnata da una coda lunga circa 29 milioni di chilometri. “È arrivata fino a noi – spiega la prof.ssa Laura Inno, un’astrofisica salernitana che si è laureata a Tor Vergata, insegna all’Università Parthenope ed ha trascorso diversi periodi di ricerca all’estero, in particolare in Germania – da una regione estremamente periferica del nostro sistema solare, la Nube di Oort. È una zona che noi ipotizziamo esista, ma che non abbiamo mai potuto osservare in maniera diretta proprio perché è così remota. Nasconde i residui del disco protoplanetario (l’insieme di gas e polveri che orbitano intorno ad una stella n.d.r.) dal quale si è formato il sistema solare”.
“Messaggero di un lontano passato”
C/2023 A3 Tsuchinshan – Atlas affascina, dunque, per la sua bellezza e perché ci parla delle origini più remote dell’Universo. Forse anche degli istanti di inizio della vita. “Questi nuclei cometari provenienti dalla Nube di Oort – dice la prof.ssa Inno – posseggono molecole, composti organici ed aminoacidi che sono i motori della vita. Sulla Terra non potevano esserci perché sarebbero stati spazzati dalle radiazioni solari. Un’ipotesi è che potrebbero essere arrivati sul nostro Pianeta proprio attraverso le comete. Quello che abbiamo osservato nei cieli ad ottobre è un messaggero di un lontano passato, un visitatore occasionale che ci ha fatto riflettere anche sul senso della nostra vita rispetto al cosmo”.
Già, ma cosa sono le comete? “Fino ad una ventina di anni fa si pensava che fossero, per banalizzare, palle sporche di ghiaccio. Come non di rado accade nelle scienze, approfondimenti successivi hanno portato a rivedere questa teoria, a lungo considerata inattaccabile. Si è arrivati ad una conoscenza migliore attraverso l’analisi e lo studio del materiale di una cometa. Merito della sonda spaziale Rosetta e della missione sviluppata dall’Agenzia Spaziale Europea. Lo studio della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko ci ha permesso di verificare che le comete sono costituite da polveri e che i ghiacci sono contenuti in una crosta più solida. Sono, in sostanza, nuclei di ghiaccio e polvere”.
Il perché hanno la coda: “La coda si forma – spiega la prof.ssa Inno – quando la cometa si avvicina al Sole. La radiazione solare preme sulle particelle di polvere della chioma e le spinge in direzione opposta rispetto al Sole. Si crea un effetto phon”.
Il nome della cometa star di questo inizio di autunno, spiega poi il prof. Giovanni Covone, astrofisico dell’Università Federico II, è il risultato di una combinazione di elementi: “C sta per cometa. A per gennaio, il mese nel quale è stata scoperta. C’è poi 2023, che è l’anno della sua prima individuazione. Tsuchinshan ed Atlas sono i nomi dei due osservatori che l’hanno individuata. Il primo è cinese e mi pare si traduca con Osservatorio della montagna purpurea. Atlas è americano ed è parte di un progetto della Nasa per scoprire gli asteroidi potenzialmente pericolosi. Quelli che potrebbero impattare con la Terra. La sorveglianza e il monitoraggio costante possono consentire anche di scoprire altro, al di là degli asteroidi a rischio collisione, ed è esattamente quello che è accaduto per la cometa in questione”.
La popolarità della quale, sottolinea il docente, “è stata determinata essenzialmente dalla circostanza che è visibile ad occhio nudo. Un evento raro, ne capitano pochi così. Un caso analogo risale agli anni Novanta, quando rimase visibile nei cieli per diversi mesi la cometa Hale Bopp”.
Prosegue: “Poi C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas ha caratteristiche astrofisiche interessanti. Probabilmente questa è la prima volta che passa nelle vicinanze del Sole. Altre lo fanno periodicamente, per esempio la cometa di Halley ogni 76 anni. Poiché arriva dalla Nube di Oort, potrebbe contenere avanzi della materia primigenia dalla quale si è formato il Sole. Materiale che potrebbe risalire a 4,5 miliardi di anni fa. Se riuscissimo a prelevare campioni di materia dalla cometa acquisiremmo molte informazioni interessanti sule origini del sistema solare”.
In passato, per altre comete, che però non provenivano dalla Nube di Oort, lo si è fatto. “È avvenuto circa 20 anni fa – ricorda il prof. Covone – all’epoca della sonda Rosetta. Ora c’è un progetto molto interessante, nel quale sono coinvolti anche astronomi italiani, che si chiama Comet Interceptor ed è della Nasa. Prevede di mandare una sonda in orbita intorno al Sole in attesa che arrivi una cometa come questa che abbiamo osservato nelle scorse settimane, una che prima non sia mai passata vicino al Sole e conservi materiale vergine. L’idea è di intercettarla, prelevare campioni ed analizzarli per avvicinarci sempre più alla comprensione dei segreti della formazione del sistema solare e della nostra stessa Terra. Per esempio della comparsa dell’acqua sul nostro pianeta. Un’ipotesi è che l’acqua ci sia stata regalata, da un bombardamento di comete, al pari delle molecole complesse basate sul carbonio. I mattoni della vita”.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n.17 – 2024 – Pagina 3