”Tra i 17 e i 26 anni da precario” prima di diventare professore associato

Venerdì 7 marzo, nell’aula 10 del Dipartimento di Farmacia, ha avuto luogo l’Assemblea pubblica organizzata dalla sezione partenopea dell’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia (ADI) contro i tagli alla ricerca e per discutere del Disegno di Legge 1240, meglio noto come DdL Bernini, la proposta di riforma della ricerca universitaria che sta generando molte proteste in alcune frange del mondo accademico, soprattutto quelle esposte al precariato.

Per l’Assemblea, con l’approvazione di questa riforma, intraprendere la carriera accademica potrebbe significare vivere “tra i 17 e i 26 anni da precario prima di arrivare al ruolo di Professore Associato”, ha detto Angelo Pota, Assegnista a Farmacia e membro ADI che è intervenuto assieme al prof. Bruno Catalanotti, direttore Pharmatech Academy, e Salvatore Favenza, Coordinatore ADI Napoli; la moderazione è stata affidata a Martina Gargiulo, Direzione Nazionale ADI.
Va specificato che nel frattempo il DdL – lo ha annunciato la stessa Ministra – è stato sospeso (non ritirato) per le proteste di alcune sigle sindacali e parasindacali dei lavoratori della conoscenza, ma appare abbastanza chiaro che si tratti solo di una battuta d’arresto e, non appena le condizioni politiche lo consentiranno, riprenderà il suo iter legislativo.
Ed è stato lo stesso Pota a presentare i tratti salienti del 1240 e come questo si inserisca nel meccanismo del reclutamento universitario, cioè nella cosiddetta “terra di mezzo” che intercorre tra il conseguimento del titolo di Dottore di Ricerca e il raggiungimento di una maggiore stabilità.
Le ha chiamate “cronache di precariato”: “il DdL Bernini moltiplicherebbe la figure intermedie dopo il Dottorato”.
E già, perché ai tre anni di quest’ultimo seguirebbe tale schema: massimo tre anni come Assistente di ricerca junior, massimo tre anni come Assistente alla ricerca senior, Contratto post-doc annuale che potrebbe arrivare massimo a tre anni, Contratto di ricerca biennale per un massimo di cinque anni, Professore aggiunto, ruolo che si potrebbe ricoprire da un minimo di tre mesi a un massimo di tre anni, e infine Ricercatore a tempo determinato in tenure track (RTT), per un massimo di sei anni.
“Così non c’è limite al precariato: ci vorrebbero dai 17 ai 26 prima di poter diventare Professore Associato. Più che una cassetta degli attrezzi sembra una shopping list”.
Basti pensare che con la Legge Gelmini, tuttora in vigore, la durata del pre-ruolo arriva a massimo 12 anni.
Ma non è tutto. C’è pure la ‘bolla’ dovuta al Pnrr: “è stato alimentato un finanziamento precario e sottopagato alla ricerca che ha portato gli Assegnisti da 15 mila ad oltre 23mila e gli RTDa da 4500 a più di 9000. Come si stabilizzano queste persone?”. Successivamente si è attivata la discussione. Gargiulo ha parlato di “visione politica del DdL chiara: mantenere un esercito di riserva di precari per il maggior tempo possibile. È quello che chiamiamo precariato à la carte. “La Bernini ci ha detto che avrebbe fornito ai docenti una cassetta degli attrezzi per tutte le necessità – ha detto Catalanotti – in realtà non ci sono investimenti in ricerca ma si vuole che questa resti comunque di alto livello”.
Poi aggiunge: “nel nostro Paese siamo sempre troppo giovani, poi all’improvviso diventiamo vecchi, e in mezzo cosa c’è? Non si sa”.
Al netto dell’Assemblea, le mobilitazioni per il ritiro della riforma non sono certo iniziate di recente: sul finire dell’estate scorsa i primi ad esporsi sono stati i Presidenti delle principali società scientifiche italiane – il DdL minerebbe le fondamenta della libera ricerca in Italia, tuonavano all’epoca – l’ADI stessa ha dato vita alla ‘Campagna del 90%’, percentuale che si riferisce ai precari della ricerca che vengono espulsi dall’università dopo 10, 15 anni di lavoro. L’ultimo snodo è stato il 7 febbraio scorso, quando Flc-Cgil e Dottorandi, tramite un ricorso, hanno chiesto alla Commissione Europea di intervenire sull’attuazione del DdL per il mancato rispetto di alcune milestones del Pnrr – Bruxelles ha ribadito la necessità di una riforma che stabilizzi i contratti di ricerca, dichiarando incompatibili con tale obiettivo le figure proposte da Bernini.
Tutti concordi, infine: “È necessario ricostruire il senso di comunità che è venuto a sfilacciarsi negli anni ed empatizzare con la condizione di precariato altrui”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n. 5 – 2025 – Pagina 13

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