Scienze Politiche spegne 50 candeline

Il Direttore del Dipartimento: gli studenti sono “europeisti, entusiasti, attivi, ostinati, attenti”

Giornata di festeggiamenti per il Dipartimento di Scienze Politiche della Federico II che, il 16 novembre, all’interno della scenografica cornice del Chiostro di SS Marcellino e Festo, ha celebrato il cinquantesimo anniversario dalla sua fondazione, avvenuta nel 1972. Cinquant’anni in cui la Facoltà (dal 2012 Dipartimento) ha sancito la sua autonomia da Giurisprudenza e ha continuato a crescere esponenzialmente, sia per offerta formativa – tant’è che ad oggi conta quattro Corsi di Laurea Triennale, cinque Magistrali (di cui uno interamente in inglese) e cinque Master di primo e secondo livello – sia per numero di iscritti. Ad aprire le danze è il Rettore Matteo Lorito, il quale ha sottolineato come siano stati “cinquant’anni importanti di una Facoltà che ha avuto un peso notevole nell’Ateneo”. È difficile immaginare uno studio che sia più trasversale delle scienze politiche “che intervengono in tutta la nostra vita sociale e in tutta la vita dell’Ateneo”. Il Dipartimento “è fondamentale non solo per formare i ragazzi in maniera più critica e capace di affrontare la complessità, ma perché avremo bisogno in futuro sempre più di mettere insieme le due categorie del sapere”, ha aggiunto Lorito facendo riferimento alla consueta separazione tra ‘scienze dure e scienze morbide’, “tutto questo oramai non è più pensabile e stiamo lavorando affinché i nostri percorsi formativi siano delle contaminazioni vere”. “Le conoscenze di questo Dipartimento sono preziosissime e faremo in modo di coinvolgerle sempre di più nell’offerta per i nostri giovani”, ha affermato relativamente al progetto di introdurre alcun esami a scelta di Scienze Politiche anche in Corsi di Laurea di Dipartimenti diversi.

La celebrazione del cinquantenario ha fornito l’occasione per dare avvio anche, in maniera ufficiale, al nuovo anno accademico alla presenza di una numerosissima platea, popolata da autorità accademiche e soprattutto da studenti, il cui senso di appartenenza è richiamato più volte dal Direttore del Dipartimento Vittorio Amato: “Il nostro senso dell’identità, evidenziato dal mantenimento della nostra denominazione originaria, resta intatto e i nostri studenti mantengono i tratti tipici degli studenti delle antiche Facoltà di Scienze Politiche: europeisti, entusiasti, attivi, ostinati, attenti. In prima linea sempre per la difesa delle minoranze, per la parità di genere, per la tutela dell’ambiente”. Tutto quanto vissuto negli ultimi anni spinge ancora di più il Dipartimento “a sentire il dovere di fornire competenze e conoscenze avanzate, adatte ad operare in un’economia che deve saper attuare una transizione duplice: digitale ed ecologica. È un compito difficile, che richiede fatica, aggiornamento costante, flessibilità, nuovi strumenti di lettura e modalità di risposta. E queste risposte non possono che essere interdisciplinari, come siamo noi di Scienze Politiche”. La mission del Dipartimento: “formare cittadini informati, consapevoli, pronti, maturi e al servizio di una democrazia che, lo vediamo ogni giorno, è una costruzione fragile e richiede cura e manutenzione”. L’apertura al mercato del lavoro internazionale offre agli studenti “un varco sul mondo mantenendo al contempo ben salde le radici della nostra città e l’orgoglio di essere parte integrante della più antica università pubblica mai istituita”, ha concluso il prof. Amato.

Scenari demografici

A dimostrazione dell’utilità dello studio delle Scienze Politiche, l’intervento del Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica Gian Carlo Blangiardo, a cui è affidata la Lectio magistralis dal titolo La sfida della coesione nel panorama europeo: scenari demografici e immigrazione”. Attraverso (ovviamente) i dati passa in rassegna l’evoluzione della popolazione nel passato, presente e futuro dell’Italia e dell’Europa, partendo da una premessa: “Non sono più i tempi di una volta, con l’Europa al centro del mondo”. Il nostro continente rappresenta appena un decimo, da circa un quarto, della popolazione mondiale. In Italia, in particolare, si è spesso parlato di “inverno demografico”, in relazione ad una natalità decisamente calante: “l’anno scorso ci sono stati in Italia 399 mila nati”; i dati relativi ai primi otto mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno sono ancora inferiori: “Ci avviamo verso un nuovo record”. La proiezione ad oltre qualche decennio rileva anche un problema di ‘mamme’: “Oggi ci sono dodici milioni di donne tra il quindicesimo e il cinquantesimo anno di età. Nel 2070  ce ne saranno 8 milioni, un terzo di potenziali mamme in meno”. Tutto ciò andrà a riflettersi negativamente sulla questione del lavoro e sul potenziale produttivo del nostro Paese. Ma quale potrebbe essere la soluzione? A detta di Blangiardo, tutto ciò “può non essere un dramma se ci si organizza in anticipo con una serie di interventi”. Ad esempio, l’allargamento del confine dell’età lavorativa; una maggiore partecipazione al mercato del lavoro (soprattutto delle donne). Il contributo apportato dall’immigrazione: “l’immigrazione non risolve il problema dell’invecchiamento: lo ritarda. Perché gli immigrati invecchiano anche qui”. D’altro canto, va sottolineato che la crescita europea è interamente basata sui flussi migratori in entrata perché, “se avessimo fatto affidamento solo sul saldo naturale, questa crescita non ci sarebbe stata affatto. È un’opportunità importante che va governata e valorizzata e la valorizzazione passa spesso per i processi di integrazione. Un esempio è l’acquisizione della cittadinanza”. In Italia vi sono attualmente un po’ più di 6 milioni di persone nate all’estero, fra cittadini e residenti, che sono tanti “se consideriamo che siamo complessivamente circa 59 milioni”.

Un mix multidisciplinare

Però, se si rapporta il datocon il numero di italiani all’estero, che è di circa 6 milioni, c’è alla fine una specie di compensazione che fa sì che il bilancio si chiuda in condizione di parità. In sostanza, “c’è un’Europa che sta cambiando per i processi migratori, all’interno dei quali c’è un’interazione con il mondo esterno e all’interno dei quali la vivacità di un Paese come l’Italia è particolarmente presente in vario modo: sia nell’acquisizione di immigrazione sia nel favorire, nella storia così come nel presente, i processi di emigrazione”.

Chiude i festeggiamenti il Professore Emerito, già Preside della Facoltà, Tullio D’Aponte, menzionando allievi dal calibro di Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti, nell’esperienza congiunta con l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli. Scienze Politiche è un modello che fa proprio in pieno l’assoluta indispensabilità di un mix multidisciplinare di saperi, da cui scaturisce una “formazione che risponde prioritariamente al principio di una cultura civile e democratica” e risponde ad una “banale e ricorrente domanda: A cosa serve una laurea in Scienze Politiche? Serve a formare un cittadino consapevole, fornito di strumenti metodologici adeguati all’esigenza di adattamento a molteplici opzioni professionali, in continua rimodulazione, che caratterizzano il complesso limite di un mondo dinamico ancor che disordinario”.

Giulia Cioffi

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