Hanno partecipato in diciotto al tirocinio sulla nave oceanografica Universitatis, dal 3 all’8 maggio nel Golfo di Napoli ed isole adiacenti. Tutti studenti del corso in Scienze Nautiche, otto iscritti all’indirizzo in Navigazione e dieci iscritti a quello in Meteorologia e Oceanografia, accompagnati dal tutor prof. Mario Vultaggio, docente di Navigazione e Presidente del Corso di Laurea, e dal dott. Giuseppe Siena, ricercatore di Meteorologia e Oceanografia, responsabile delle attrezzature della nave. A bordo della Universitatis, nave di proprietà del consorzio interuniversitario CONISMA, i ragazzi hanno potuto realizzare osservazioni per la determinazione della posizione della nave in navigazione utilizzando sia la strumentazione di bordo che quella di dotazione del Dipartimento di Scienze Applicate, imbarcata per il tirocinio. Sono state svolte tante attività specificamente differenziate per gli allievi dei due diversi indirizzi. E anche prima della partenza dal porto di Pozzuoli, gli studenti hanno avuto modo di imparare cose nuove, essendo stati opportunamente istruiti dall’ufficiale di bordo, addetto alla safety, sui sistemi di sicurezza, incendio, soccorso di uomo in mare e abbandono di nave. “Il gruppo si è dimostrato molto affiatato ed interessato all’applicazione dei metodi teorici studiati nei corsi di navigazione ed astronomia nautica – dice il prof. Vultaggio- Il giudizio, per tutti, è stato ottimo”.
Abbiamo chiesto ad alcuni dei tirocinanti un’opinione su quest’esperienza. Le risposte sono state concordi sull’alto valore formativo del tirocinio, ma c’è stato anche qualcuno che grazie ai cinque giorni in mare ha aperto gli occhi su una realtà che credeva diversa.
Il ventiquattrenne genovese Riccardo Antola ha apprezzato molto il modo in cui si è lavorato sulla nave. “Abbiamo messo in pratica quello che avevamo studiato nei corsi tecnici – racconta- Manovrabilità e governo della nave, sicurezza della nave, navigazione astronomica, nautica, elementi di cartografia, posizionamento satellitare. Sono stati giorni molto intensi, in cui si è cercato di sfruttare tutto il tempo a nostra disposizione. La notte, ad esempio, ci dedicavamo alle osservazioni astronomiche”. Riccardo è approdato alla Parthenope recentemente, dopo aver frequentato per un anno Ingegneria Navale a Genova ed essersi fermato per un po’ di tempo dedicandosi ad attività diverse dallo studio. “Ho scelto di riprendere l’università iscrivendomi alla Parthenope perché il suo Corso in Scienze Nautiche è unico in Italia”, dice. Riccardo è diplomato nautico, attualmente insegna all’Istituto Nautico di Savona, ma la condizione di studente lavoratore non gli ha impedito di essere celere con gli esami: gliene mancano cinque alla laurea triennale. Segno che a Napoli si sta trovando davvero bene.
Anche Ada Ciolli, 23 anni, è una fuori sede. Nata a Cremona, vive in un piccolo paese vicino a Isernia. Iscritta al terzo anno della triennale con indirizzo in Navigazione, deve sostenere solo quattro esami prima della laurea ma sta pensando di optare, l’anno prossimo, per il nuovo indirizzo in Sicurezza e gestione del volo. O meglio, ci stava pensando prima di salire sulla Universitatis. “Sono entrata un po’ in crisi – spiega- perché dopo essere stata sulla nave oceanografica ho incominciato a ripensarci. E’ stata un’esperienza molto formativa e arricchente. Hai presente quando fai un esame e dopo un anno hai dimenticato tutto quello che avevi studiato? Mi sono rimaste impresse più cose adesso di quando ho dato gli esami”. Ada, che, appena concluso il liceo scientifico, è corsa alla Parthenope perché le piaceva l’astronomia, ha già partecipato a qualche concorso dell’Enav come controllore di volo. Ma parlando con il prof. Vultaggio ha rivalutato le prospettive legate alla navigazione. “Il professore mi ha suggerito una buona scuola di navigazione inglese, la Royal Navigation Institute. Certo, questo tirocinio mi ha fatto anche comprendere che la vita in mare è molto dura. Io me la sono cavata con qualche mal di testa, ma tra i ragazzi a bordo c’è stato anche chi si è sentito male sul serio per molte ore”.
“Restare ventiquattrore su ventiquattro negli stessi spazi ristretti, in più di venti persone, per cinque giorni, può logorare”. Licio Fusco, ventisettenne iscritto al terzo anno fuori corso, indirizzo in Meteorologia e Oceanografia, sostiene che l’esperienza in mare è dura più sotto il profilo psicologico che sotto quello fisico. Il fattore stress non ha però sminuito l’utilità del tirocinio. “Il primo giorno e mezzo noi di Meteorologia e i ragazzi dell’altro indirizzo abbiamo fatto praticamente le stesse cose, poi i percorsi si sono un po’ differenziati. Noi abbiamo seguito in particolare Peppe Siena, un ricercatore bravissimo. Ci ha mostrato tutte le strumentazioni di bordo, spiegandocene il funzionamento ed abbiamo anche calato in mare delle strumentazioni per raccogliere dati da processare. Sono rimasto soddisfatto”.
Gianni Caracciolo, 23 anni, iscritto al secondo fuori corso, indirizzo Meteorologia e Oceanografia, esprime ugualmente un parere positivo sull’esperienza, ma fa degli opportuni distinguo. “La nave, con i suoi strumenti, è lì a tua disposizione. Il prof. Vultaggio e il dott. Siena sono pronti a rispondere a qualsiasi domanda. Però devi essere tu ad approfittare di tutto questo. Durante il tirocinio non è mancato chi la mattina si alzava tardi o non partecipava con grande interesse alle operazioni. Il tirocinio sulla nave oceanografica è più o meno formativo a seconda della maniera in cui lo si vive”. Gianni parla così anche per esperienza personale. “In realtà sulla Universitatis ci ero già stato tre anni fa, per una campagna organizzata dal prof. Spezie. Allora però la presi più che altro come una vacanza. Avevo vent’anni, non ero molto maturo. Non completai neppure i cinque giorni per cumulare i cinque crediti formativi previsti. Stavolta è andata diversamente, ho imparato un sacco di cose”.
Sara Pepe
Abbiamo chiesto ad alcuni dei tirocinanti un’opinione su quest’esperienza. Le risposte sono state concordi sull’alto valore formativo del tirocinio, ma c’è stato anche qualcuno che grazie ai cinque giorni in mare ha aperto gli occhi su una realtà che credeva diversa.
Il ventiquattrenne genovese Riccardo Antola ha apprezzato molto il modo in cui si è lavorato sulla nave. “Abbiamo messo in pratica quello che avevamo studiato nei corsi tecnici – racconta- Manovrabilità e governo della nave, sicurezza della nave, navigazione astronomica, nautica, elementi di cartografia, posizionamento satellitare. Sono stati giorni molto intensi, in cui si è cercato di sfruttare tutto il tempo a nostra disposizione. La notte, ad esempio, ci dedicavamo alle osservazioni astronomiche”. Riccardo è approdato alla Parthenope recentemente, dopo aver frequentato per un anno Ingegneria Navale a Genova ed essersi fermato per un po’ di tempo dedicandosi ad attività diverse dallo studio. “Ho scelto di riprendere l’università iscrivendomi alla Parthenope perché il suo Corso in Scienze Nautiche è unico in Italia”, dice. Riccardo è diplomato nautico, attualmente insegna all’Istituto Nautico di Savona, ma la condizione di studente lavoratore non gli ha impedito di essere celere con gli esami: gliene mancano cinque alla laurea triennale. Segno che a Napoli si sta trovando davvero bene.
Anche Ada Ciolli, 23 anni, è una fuori sede. Nata a Cremona, vive in un piccolo paese vicino a Isernia. Iscritta al terzo anno della triennale con indirizzo in Navigazione, deve sostenere solo quattro esami prima della laurea ma sta pensando di optare, l’anno prossimo, per il nuovo indirizzo in Sicurezza e gestione del volo. O meglio, ci stava pensando prima di salire sulla Universitatis. “Sono entrata un po’ in crisi – spiega- perché dopo essere stata sulla nave oceanografica ho incominciato a ripensarci. E’ stata un’esperienza molto formativa e arricchente. Hai presente quando fai un esame e dopo un anno hai dimenticato tutto quello che avevi studiato? Mi sono rimaste impresse più cose adesso di quando ho dato gli esami”. Ada, che, appena concluso il liceo scientifico, è corsa alla Parthenope perché le piaceva l’astronomia, ha già partecipato a qualche concorso dell’Enav come controllore di volo. Ma parlando con il prof. Vultaggio ha rivalutato le prospettive legate alla navigazione. “Il professore mi ha suggerito una buona scuola di navigazione inglese, la Royal Navigation Institute. Certo, questo tirocinio mi ha fatto anche comprendere che la vita in mare è molto dura. Io me la sono cavata con qualche mal di testa, ma tra i ragazzi a bordo c’è stato anche chi si è sentito male sul serio per molte ore”.
“Restare ventiquattrore su ventiquattro negli stessi spazi ristretti, in più di venti persone, per cinque giorni, può logorare”. Licio Fusco, ventisettenne iscritto al terzo anno fuori corso, indirizzo in Meteorologia e Oceanografia, sostiene che l’esperienza in mare è dura più sotto il profilo psicologico che sotto quello fisico. Il fattore stress non ha però sminuito l’utilità del tirocinio. “Il primo giorno e mezzo noi di Meteorologia e i ragazzi dell’altro indirizzo abbiamo fatto praticamente le stesse cose, poi i percorsi si sono un po’ differenziati. Noi abbiamo seguito in particolare Peppe Siena, un ricercatore bravissimo. Ci ha mostrato tutte le strumentazioni di bordo, spiegandocene il funzionamento ed abbiamo anche calato in mare delle strumentazioni per raccogliere dati da processare. Sono rimasto soddisfatto”.
Gianni Caracciolo, 23 anni, iscritto al secondo fuori corso, indirizzo Meteorologia e Oceanografia, esprime ugualmente un parere positivo sull’esperienza, ma fa degli opportuni distinguo. “La nave, con i suoi strumenti, è lì a tua disposizione. Il prof. Vultaggio e il dott. Siena sono pronti a rispondere a qualsiasi domanda. Però devi essere tu ad approfittare di tutto questo. Durante il tirocinio non è mancato chi la mattina si alzava tardi o non partecipava con grande interesse alle operazioni. Il tirocinio sulla nave oceanografica è più o meno formativo a seconda della maniera in cui lo si vive”. Gianni parla così anche per esperienza personale. “In realtà sulla Universitatis ci ero già stato tre anni fa, per una campagna organizzata dal prof. Spezie. Allora però la presi più che altro come una vacanza. Avevo vent’anni, non ero molto maturo. Non completai neppure i cinque giorni per cumulare i cinque crediti formativi previsti. Stavolta è andata diversamente, ho imparato un sacco di cose”.
Sara Pepe