2000 pagine per un esame

Ad un anno esatto dalla pubblicazione del documento congegnato dalla rappresentanza studentesca in accordo con la Commissione didattica, ritorniamo su una questione che da sempre interessa gli iscritti di Giurisprudenza molto da vicino: la vastità dei programmi d’esame. Diritto Amministrativo era tra le materie ‘incriminate’. Ne parliamo con il prof. Fiorenzo Liguori il quale da quest’anno subentra al prof. Sergio Capozzi.
“Provengo dalla Seconda Università dove insegnavo Diritto Urbanistico alla Facoltà di Architettura – si presenta il prof. Liguori- e qui a Giurisprudenza ho intenzione di tenere un corso che fornisca ai ragazzi gli elementi utili sia alla conoscenza della parte istituzionale che di quella in costante trasformazione del diritto amministrativo. Questa materia richiede una continua attenzione alle novità, oltre che una buona conoscenza della giurisprudenza e della prassi amministrativa. Non escludo, durante il corso, esperimenti sul genere di quelli portati avanti dal compianto professor Pugliese, che faceva studiare in aula gli atti della amministrazione comunale”.
Fatta la necessaria premessa, si passa a parlare più specificamente di programmi. “Ho indicato come testo di riferimento -continua- il ‘Mazzarolli e altri autori’, in due volumi, che ritengo un manuale ottimo, ma la scelta resta libera. In effetti il programma è innegabilmente lungo, sotto le 2000 pagine, forse 1800. Si consideri, tuttavia, che il diritto amministrativo è formato da una parte sostanziale e da una processuale, entrambe importanti. Con qualunque buon testo si arriverebbe più o meno a quel numero di pagine; per come è oggi la materia non si può pensare di tagliare qualche argomento. Certo, può essere visto come un handicap dover studiare 1800 pagine, almeno si ha la certezza che non se ne ricavano solo nozioni sterili ma anche tanti utili approfondimenti. Invece poche pagine non danno, spesso, le basi storiche per poter comprendere appieno la materia. No, non saprei caldeggiare testi particolarmente sintetici. Libri come quelli della Simone o tanta altra manualistica non rappresentano una valida alternativa. L’ho detto, il diritto amministrativo è in trasformazione, non si può pensare di ridurlo a mere definizioni. Negli anni scorsi ho concesso talvolta sgravi di programma, nell’ordine di 2-300 pagine, quest’anno ho deciso di non farlo, ma se i ragazzi mi seguono al corso capiranno da soli quali sono gli argomenti che devono conoscere con particolare cura…”.
Chiare e dirette le parole del prof. Liguori, cui fanno eco quelle, altrettanto smaliziate, del prof. Giuseppe Olivieri, docente, come noto, di Diritto processuale civile, un esame duro e temuto da tutti gli studenti.
“Perché il programma di diritto processuale civile è lungo? Il codice civile non l’ho mica scritto io -dice, tra il serio ed il faceto, il docente-. La sua domanda andrebbe invertita: perché non si dovrebbero studiare tutte le pagine di cui si compongono i testi di riferimento? Il codice civile è un indispensabile strumento di lavoro, l’operatore giuridico si trova di fronte ad ogni tipo di questione, che deve saper dirimere. Chi studia i libri non può dire questa parte mi piace e quest’altra no. Piuttosto bisogna far attenzione a razionalizzare l’impegno e studiare nel modo giusto, questo si. Se ci fosse stata l’intenzione di cambiare le regole la facoltà avrebbe potuto dividere l’esame in due parti, ma allora non ci sarebbero voluti più solo 4 anni per laurearsi, ma 5 o 7… Il punto su cui è fondamentale intendersi è che il diritto processuale civile non è materia storica ma professionale, cioè fa continuamente i conti con la realtà. Lei si immagini uno che si laurea in medicina senza conoscere l’anatomia…
Il programma è sotto le 1200 pagine “ce ne sono di più lunghi. Poi gli stessi studenti della Commissione si sono resi conto che è fondamentale conoscere bene sia la parte istituzionale del diritto privato che quella del processo, basta darsi il giusto tempo di studiarle a fondo entrambe. Ecco, se dovessi individuare un errore che commettono gli studenti, direi che sbagliano a fare diritto processuale civile come ultimo esame. L’80-90% dei ragazzi si comporta così, ma i tempi compressi e lo stress spesso non permettono una resa ottimale in sede d’esame, perché non si sono compresi a perfezione i meccanismi che regolano il processo. Direi che sarebbe non responsabile far laureare uno studente che non abbia ben chiari almeno i rudimenti della materia”.
Marco Merola
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