“Con la Triennale, un po’ di pazienza e un po’ di fortuna si può lavorare”

Qualche opportunità lavorativa l’hanno avuta appena concluso il percorso triennale, tanto da essere in dubbio se proseguire con gli studi. “Sono stato combattuto se iscrivermi o meno alla Magistrale perché ho ricevuto offerte di lavoro grazie a portali come Almalaurea e Linkedin. Alla fine, ho deciso di continuare per avere maggiori possibilità di occuparmi nel mio campo specifico”, racconta Luca Strazzullo, primo anno della Magistrale in Ingegneria Biomedica, il quale serba un ricordo non proprio piacevole del primo tratto del cammino universitario (“ho impiegato più dei tre anni previsti, un po’ per problemi di salute, un po’ perché mi sono ritrovato nella fase di transizione tra nuovo e vecchio ordinamento”). Grande fatica anche per l’ultimo esame: “l’ho ripetuto per un anno, a causa di un professore vecchio stampo, ormai vicino alla pensione, che bocciava allo scritto anche per un meno messo male. All’orale, invece, arrivava a chiedere anche la definizione esatta di nozioni che si trovano sui libri delle medie”. Luca è un po’ deluso anche dalla Magistrale: “professori non proprio impeccabili, materiale irreperibile durante i corsi. All’esame, poi, ti chiedono la luna. Poi c’è molta competizione tra gli studenti”. Dopo la laurea vorrebbe trovare lavoro “nell’ambito delle protesi o controllo pacemaker impiantati. Non a caso, uno dei corsi che ricordo con più piacere è quello di Biomateriali, a metà strada tra anatomia del corpo e protesi”. Anche la carriera di Dario Pappalardo ha avuto le sue spine: “alla Triennale gli scogli da superare  sono Analisi Matematica, Fisica e simili” ma si dice soddisfatto del percorso che ha condito con tante esperienze formative. Ad esempio un “tirocinio presso il centro Sinapsi che voglio ripetere alla Magistrale e che spero mi consenta, un domani, di continuare a lavorare in quell’ambito”. Appena laureato alla Triennale ha avuto la fortuna di essere chiamato, “con un contratto di collaborazione a progetto, dal Consorzio Interuniversitario per le Telecomunicazioni, a Napoli. È stata un’esperienza molto approfondita dei progetti universitari basati su fondi europei. Ho preso parte a due o tre progetti (con relativi contratti). L’ultimo non è andato avanti per motivi politici ed economici tra i partner privati, quindi ho ‘approfittato’ della conclusione del lavoro per andare a Londra. Sono stato fuori circa sei mesi e ho potuto appurare che con la Triennale, un po’ di pazienza e un po’ di fortuna si può lavorare”. Rientrato per una vacanza a settembre, “sono stato contattato dal mio relatore che mi ha chiesto di intervenire ad un convegno con ospiti europei sugli argomenti della mia tesi. Invogliato dallo stesso professore e con la sensazione che la Triennale sia in qualche modo incompleta ho ripreso gli studi”. Ma non è facile: “Dopo due anni di pausa, incontro qualche difficoltà a ritrovare la concentrazione e il ritmo di  studio, ma mi auguro di riuscirci presto”. Però alla Magistrale “niente più aule enormi e sovraffollate e il rapporto è più diretto e maturo con i docenti. Inoltre, si svolgono seminari interessanti e più orientati all’indirizzo del Corso di studi. Come sempre, si potrebbe sviluppare maggiormente il rapporto con l’esterno, non limitando le esperienze nelle aziende o nei laboratori alla sola stesura della tesi, ma rendendole parte integrante dei corsi”.Tutto è filato liscio per Sara Napolitano che si è laureata alla Triennale lo scorso dicembre: “sono riuscita, infatti, a finire gli esami in corso. I rallentamenti li ho avuti nella stesura della tesi, sia per difficoltà di comunicazione con il professore, sia per difficoltà personali e familiari”. Pro e contro del Corso di Laurea: “La mancanza di attività pratiche è uno degli aspetti più negativi. Si parla di tirocinio solo al II anno della Magistrale e, inoltre, i contatti con le aziende sono pochi. Il vantaggio è un Corso molto trasversale e ti permette di avere una conoscenza a 360 gradi”. Anche Sara ha una bella esperienza da raccontare: “ho conosciuto una bambina sorda che si è molto affezionata a me. È stato un modo per affacciarmi al mondo della disabilità, aspetto fondamentale se voglio lavorare nel settore della riabilitazione. Così ho iniziato a fare volontariato in oncologia pediatrica. Da allora sono trascorsi 3 anni e ancora tutte le settimane vado in reparto, non importa se mi rallenta negli studi. Questa esperienza mi ha permesso di crescere come persona, mi ha insegnato ad apprezzare quello che ho e a non arrendermi mai. Se i miei piccoli guerrieri non si arrendono, perché dovrei farlo io? Penso non esista esperienza più formativa!”.
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