“I vostri orari saranno più o meno quelli di un metalmeccanico con gli straordinari”

Il dibattito si apre subito e la prima perplessità degli uditori è, chiaramente, il test d’accesso. “È uno scoglio, dovete avere una solida preparazione di base. Solo un candidato su sei lo supera” (Pignata, Federico II). “Il test d’accesso è nazionale, unico per Medicina e Odontoiatria. Il consiglio, se avete deciso per questa strada, è cominciare a studiare sin dall’ultimo anno di scuola. Dovrete avere buone conoscenze in matematica, fisica, chimica, biologia e saper ragionare per rispondere alle domande di logica. Se intendete seguire Medicina in inglese, il test sarà ovviamente in lingua” (Cappabianca, Vanvitelli). “Io sono una grande sostenitrice del quiz poiché è un metodo oggettivo di valutazione. Ed è anche giusto che, all’accesso, ci sia questo ostacolo perché solo una percentuale dei laureati poi riuscirà a specializzarsi. Bisogna dire anche questo” (Montagnani, Federico II). Il discorso sugli accessi porta ad una catena di domande sulle specializzazioni. Neuropsichiatria infantile, Pediatria, Ginecologia, Medicina Legale, quelle più gettonate in questa sessione. Prende avvio un curioso botta e risposta tra gli studenti e i docenti incuriositi dall’atteggiamento dei ragazzi che, sorvolando sui sei anni del percorso di laurea, si mostrano proiettati in un futuro ancora in là da venire. Uno studente, attivando il suo microfono, sottolinea a questo punto l’importanza di avere una strada già delineata in tempi tanto incerti. “Sono lieto nel vedere così tanti ragazzi con le idee chiare. È giusto sognare. Anche io ho iniziato presto e poi ho realizzato nel tempo quello che desideravo. Comunque la passione per un settore viene dalla pratica, dalla sua frequentazione abituale. L’importante è studiare bene. C’è tutto il tempo per chiarire la propria predisposizione” (Pignata, Federico II). Ma qual è la giornata di uno studente di Medicina? “Al mattino ci sono le lezioni frontali, il pomeriggio le attività pratiche. I vostri orari saranno più o meno quelli di un metalmeccanico con gli straordinari, per darvi un’idea. Ma chi riesce a sostenere questi ritmi viene molto accompagnato. È quasi come una continuazione del liceo, ma con più attività pomeridiane” (Montagnani, Federico II). “Al secondo triennio comincia l’attività di tirocinio, ma sappiate che gli esami non diminuiranno nel numero. Sapere e saper fare devono andare di pari passo. Ma se avrete avuto un proficuo primo triennio, vi troverete bene” (Cappabianca, Vanvitelli).
Vocazione o casualità? I docenti si raccontano
Esaurite le richieste più tecniche, gli studenti cominciano a porre, cosa che non accade spesso, domande un po’ più personali inducendo i docenti a raccontarsi e a tornare alle origini della loro vocazione. “Credo che anche il caso abbia la sua importanza. Io volevo fare l’architetto, poi ho sposato un medico afgano. Siate sempre aperti a più possibilità” (Montagnani, Federico II). “Avevo il papà medico e sin dai tre anni il mio desiderio era fare questa professione, all’epoca si diceva dottore. Non volevo essere radiologo, però, come mio padre. Avrei voluto fare il pediatra. Poi le cose sono andate diversamente” (Cappabianca, Vanvitelli). “Io sono stato un po’ contrastato dalla mia famiglia invece, perché mio padre diceva che solo i figli di medici potevano diventare medici a loro volta. Da bambino volevo fare l’esploratore, poi mi sono appassionato alla ricerca. Ma alla base c’è stato il desiderio di aiutare chi soffre e questo è anche ciò che mi gratifica di più” (Pignata, Federico II). Quella del medico è una professione che dà le soddisfazioni sperate? “Ci si confronta con situazioni sempre tanto complesse, dovete essere pronti. Si vive con la sofferenza, ma anche con la consapevolezza di star facendo qualcosa di importante per gli altri” (Pignata, Federico II). “Non immaginate qualcosa di profondamente idilliaco. Dovrete lavorare anche con il coltello tra i denti, pronti a guardarvi da superiori, colleghi e pazienti scontenti” (Montagnani, Federico II). “Ricordate che non si deve mai guardare all’operato di un altro collega. Agiamo secondo scienza e coscienza, senza ergerci a censori. Siamo umili” (Cappabianca, Vanvitelli). Qual è il modo giusto di approcciarsi al paziente? “Il rapporto umano con il paziente è il cardine della professione. Da pediatra, io scherzo con il bambino ma anche con la mamma. Il medico deve sempre sorridere. E avere tanta credibilità, il che gli consente di essere seguito dal paziente” (Pignata, Federico II ). “Ho cominciato a capire quanto sia importante l’empatia quando ho lavorato in oncologia pediatrica. Ero giovane allora e i bambini si affezionavano. Dobbiamo far capire al paziente che il nostro operato è per lui. Non dobbiamo permettere che perda le speranze” (Cappabianca, Vanvitelli). Chiamati ad intervenire sul rapporto tra medicina e religione i docenti sono concordi nel ricordare che il metodo scientifico è laico, per quanto la religione non sia affatto in contrasto con la scienza. Un ultimo consiglio: “Fate valere la vostra motivazione. Questa è una professione in cui altrimenti non si riesce” (Cappabianca, Vanvitelli).

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