“La musica è un linguaggio universale”

Nel caleidoscopio di lingue che si studiano a L’Orientale, la musica non può certo essere da meno. A suggellare l’incontro tra l’arte dei suoni e delle lettere è l’insegnamento di Storia della musica, attivo presso il Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati. Aperto a tutti gli studenti dei Corsi di Laurea Triennale, a partire dal 7 marzo si estenderà per tutta la durata del secondo semestre. Dal 2013 ne è responsabile la prof.ssa Tiziana Pangrazi, che terrà, inoltre, da quest’anno anche il Corso di Estetica Musicale Italiana, rivolto anche agli studenti iscritti alla Magistrale in Lingua e Cultura Italiana per Stranieri. Il biglietto da visita della docente è un curriculum vitae ampiamente nutrito di studi musicali che incontrano ‘sincreticamente’ sulla strada della conoscenza la passione per la storia della filosofia e l’estetica, discipline – spiegherà – tutt’altro che distanti dal panorama
musicologico. La Storia della musica è, infatti, concepita come ‘storia delle idee’. Sia il corso Triennale
che quello di Specialistica si propongono di promuovere una certa competenza auditiva grazie alla pratica di ascolto, seguendo la lectio del filosofo e musicologo tedesco Theodor Adorno: ‘Parlare di musica senza perdere di vista i prodotti musicali concreti’. Quali sono stati i punti salienti della sua formazione? “Ho iniziato a studiare musica quando avevo otto anni affiancando il Conservatorio alla scuola. Ho studiato flauto traverso, didattica
della musica e musica elettronica. Mi sono laureata prima in Filosofia e poi in Letteratura, Musica e Spettacolo.
Ho insegnato propedeutica musicale ai bambini e ho svolto inoltre attività pratiche da concertista, a livello sia orchestrale che solistico. In seguito, ho conseguito a Roma il dottorato di ricerca sulla musica e la filosofia del Seicento. A L’Orientale, collaborando con il prof. Giampiero Moretti, sono stata Assegnista e ora sono Ricercatrice”. Come avviene l’incontro tra musica ed estetica? “In realtà, fin dalle sue origini antiche, la musica è appannaggio dei saperi filosofici (Platone docet). L’estetica in senso moderno, disciplina che nasce nella seconda metà del Settecento, è un ambito di riflessione sul bello e sugli scopi dell’arte, musica compresa, al di là di specialismi. Grazie alla filosofia si può analizzare con cognizione di causa sia il momento produttivo del compositore, il ‘fare musica’, sia quello ricettivo dell’ascoltatore, ossia la percezione del fatto sonoro”. Come imposta il corso per gli studenti della Triennale? “È fondamentale che il docente trasmetta l’entusiasmo per ciò che fa. Io cerco di rendere le lezioni interessanti anche facendo partecipare gli studenti in maniera attiva. Bisogna mostrare loro che la musica non è qualcosa di separato dalla nostra vita quotidiana, anzi accomuna tutti. Per questo, affronto la Storia della musica anche come ‘Storia delle idee’ considerandone soprattutto gli aspetti interdisciplinari. In tal modo la musica diviene parte integrante della storia in senso ampio. E le arti in genere sono lo specchio dei cambiamenti epocali che avvengono in essa”. Che tipo di studente frequenta solitamente le sue lezioni? “I miei studenti provengono da vari Corsi di Laurea e scelgono l’insegnamento tra gli esami a scelta
libera, per cui sono sempre molto motivati. Si avvicinano al corso per i motivi più vari: qualcuno studia già musica da autodidatta, qualcun altro canto, alcuni sono iscritti al Conservatorio, altri lo seguono per curiosità personale. Negli anni la risposta degli studenti è stata sempre più ampia. Molti di loro hanno approfondito il discorso al punto da appassionarsi a un argomento specifico e chiedere di lavorarci per la tesi”. Su quali argomenti si focalizza il programma di Storia della musica? “Il programma di quest’anno spazia dal Medioevo fino al Novecento con l’intento di attraversare i momenti fondamentali della storia della musica. Ho voluto aggiungere al programma anche due dvd, che racchiudono il ciclo televisivo ‘C’è musica & musica’ ideato dal compositore Luciano Berio (1925-2003) per la Rai nel 1972. Il suo fu un tentativo di divulgazione della cultura musicale ‘alta’ a un pubblico vasto dando voce ad altri compositori, giovani e personalità del mondo della musica. In aula commentiamo tutte le puntate, da Monteverdi ai Beatles”. Come si svolgono le sue lezioni? “Cerco di presentare la cultura musicale a una platea dal background eterogeneo. Il tecnicismo spesso spaventa, ma molte conoscenze si possono chiarire anche allo studente ‘profano’. A lezione, ad esempio, facciamo sempre molti ascolti. Un Corso sulla musica senza i contributi audiovisivi sarebbe inconcepibile, perché la fase d’ascolto è indispensabile per educare l’orecchio del giovane”. Ascolto e spiegazioni tecniche sono le linee essenziali della sua didattica? “Analizziamo le composizioni cercando di cogliere l’idea che le guida. L’ascolto è guidato con il supporto di esempi, slide, pdf, video.
Ascoltare, inoltre, vuol dire anche essere in grado di estrapolare i temi musicali e il risultato d’insieme. Lo studente è invitato ad ascoltare ma soprattutto a interagire. A volte, succede che sulle note di un Lied di Schubert qualcuno senta il ‘rumore delle foglie nel pianoforte’. La suggestione musicale non è affatto immotivata, tutt’altro. Lo studente
reagisce cogliendo aspetti particolari che magari senza la guida non avrebbe intercettato”. Cosa resta agli studenti di quest’esperienza? “La passione consapevole per alcuni repertori che dubito avrebbero
scoperto altrimenti. Per alcuni spesso è l’Opera, in particolare quella napoletana del Settecento. Per altri è il canto gregoriano, ma l’esito è molto variegato”. Gli studenti le rivolgono domande sulla musica contemporanea? “Mi rivolgono spesso quesiti sui file, lo standard MIDI, le registrazioni. È ovvio che per trattare la storia della musica dai Greci ad oggi si dovrebbe tenere un corso annuale. Tuttavia, nel programma dell’anno scorso c’era una parte di approfondimento sull’elettronica. I ragazzi sono davvero affascinati dai prodotti musicali nati digitalmente”. Come dialoga questo insegnamento con la varietà di discipline impartite a L’Orientale? “Tutti gli studenti hanno uno spiccato interesse per il multiculturalismo. Se capita uno studente che conosce l’arabo, ad esempio, lo invito all’approfondimento del canto mozarabico. Anche se formalmente insegniamo la musica ‘occidentale’, è bene che ognuno lavori anche sul proprio ambito di studio. Al di là delle tradizioni, la musica è un’arte unitaria. E la musica cosiddetta ‘colta’ attinge da sempre al patrimonio popolare e nel percorso non mancano vari cenni d’ambito etno musicologico”. Allora la musica può essere considerata un’altra lingua?
“La musica è linguaggio e scienza, per questo mi concentro sul dato scientifico, la cosiddetta ‘enciclopedia
musicale’. Scienza ma non solo: disciplina e prassi, poiché per comprenderla appieno bisogna rapportarsi allo strumento. Ma più di ogni altra cosa la musica è un piacere, ci fa stare bene”.
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