“La scommessa è non perdere il welfare”

La definizione di una memoria europea, le fasi attraverso le quali si è formata e le specificità della stessa sono stati al centro del convegno internazionale che si è svolto il 4 e 5 giugno presso il Dipartimento di Scienze Politiche. Studiosi provenienti da vari Paesi si sono confrontati sui modi in cui le memorie sono influenzate dagli interessi e dai progetti individuali e di gruppo e dalle modalità attraverso cui il futuro può essere immaginato e concretamente influenzato a seconda delle memorie che sostengono gli immaginari e le aspettative collettivi. L’iniziativa è stata promossa dalla European Sociological Association-ESA e dall’Associazione Italiana di Sociologia-AIS,in collaborazione con Labex “Le passés dans le présent”, dell’Università Paris Ouest Nanterre, l’Art & Humanities Research Council “Care for the Future” dell’Università di Exeter, i Dipartimenti di Scienze Sociali e di Scienze Economiche e Statistiche della Federico II, il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali de L’Orientale e il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria. L’iniziativa si è inserita nel programma di eventi e convegni promossi per festeggiare i 791 anni dalla fondazione della Federico II. Sono intervenuti, tra gli altri, Barbara Adam (Università di Cardiff), Giuliana Mandich (Università di Cagliari), Roberto Poli (Università di Trento), Anna Lisa Tota (Università di Roma III) e John Urry (Università di Lancaster), Gabriele Balbi (Università della Svizzera Italiana), Simone Natale (Humboldt University), Karina Horsti (Università di Jyväskylä), Carlos Lopez Galvis (Università di Londra) e Barbara Pabjan (Università di Wroclaw). Nel complesso, si sono avvicendati oltre cinquanta relatori e relatrici in varie sessioni, dedicate a: teoria sociale; memorie pubbliche e rappresentazioni del futuro in Europa; conflitti; migrazioni, relazioni di genere e dinamiche generazionali; elaborazione del passato; memorie e futuri postcoloniali; movimenti sociali; orizzonti urbani; immaginario sociale, vita quotidiana, tecnologie e innovazioni. Dalla due giorni è emerso con forza un appello che l’Europa non smarrisca il ricordo di ciò che è stata, dopo le devastazione della seconda guerra mondiale, e di ciò che, tra contraddizioni ed inadeguatezze, ha rappresentato nel mondo. Vale a dire un progetto di società teso alla redistribuzione delle risorse, al welfare, a modelli di assistenza sociale e di equità alternativi al liberismo spinto e senza regole. “Mi sono chiesta – ha detto per esempio Paola Di Nicola, la presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia – se esista già qualcosa che, a livello embrionale, possa costituire il nucleo di partenza di una memoria europea. Ebbene, è un progetto di società che va oltre i confini delle singole nazioni, senza annullarne le specificità, e nel quale ci sia attenzione ai modelli di welfare  che contraddistinguono l’Europa rispetto alle società extraeuropee. Ciò che caratterizza il Vecchio Continente è che parte costitutiva della sua memoria e della sua identità è un modello sociale di sviluppo che coniughi ricchezza pubblica e privata. Abbandonare questo sistema vuol dire abbandonare il modello europeo”. In questa ottica, ha sottolineato la prof.ssa Maria Carmela Agodi, anch’ella membro dell’Associazione Italiana di Sociologia, “la memoria europea può e deve diventare una risorsa per progettare un futuro del Vecchio continente che non sia definito solo in termini di crescita economica. La scommessa è non perdere il welfare. Deve essere costruito un progetto in maniera diversa, che non perda di vista i valori della solidarietà”. Nasce da qui la critica dell’Ais a molti dei documenti sui quali si sta costruendo Europa 2020, il piano che delinea gli obiettivi che dovranno essere conseguiti nell’ambito dell’Unione europea nei prossimi anni. “È un modello – sostiene la prof.ssa Agodi – molto appiattito su una dimensione economica”.
Fabrizio Geremicca
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