Lingue e letterature straniere è la Facoltà de l’Orientale che attira il maggior numero di studenti: circa la metà. Chi sceglie questo percorso formativo punta soprattutto a specializzarsi nella conoscenza delle lingue, delle tradizioni e delle culture dei popoli occidentali. Gli sbocchi lavorativi: traduzione ed interpretariato nelle istituzioni internazionali, ma anche piccole e medie imprese, che trattano affari e commerci in ambito internazionale, organizzazioni non governative, istituiti di cultura italiana all’estero. Altri ambiti: il turismo o la mediazione linguistico culturale a vantaggio degli immigrati – molti sono di lingua francese – che sempre più numerosi arrivano in Italia. Lo sbocco dell’insegnamento, che fino ad alcuni anni fa era quello tipico dei laureati, oggi è in parte residuale, essendo sempre di meno le assunzioni.
“Chi esce dalla facoltà con una buona preparazione ha l’opportunità di giocarsi ottime carte”, sostiene il professore Domenico Silvestri, Preside della Facoltà da alcuni anni.
Professore, che cosa non può mancare ad uno studente della Facoltà di Lingue e letterature straniere de L’Orientale?
“La curiosità verso quello che accade fuori dai confini di casa. Significa informarsi, leggere gli articoli che trattano le questioni degli altri paesi, magari sui giornali di quei paesi. Significa anche che il nostro studente è uno abituato a viaggiare ogni volta che può, perché l’esperienza sul campo è importante. Intendo dire con questo che se uno studia francese non può non sapere chi è De Villepin, chi sono i probabili candidati alla successione di Chirac oppure cosa è successo qualche mese fa nelle banlieu di quella nazione”.
L’errore peggiore che può commettere chi stia valutando di immatricolarsi alla vostra Facoltà?
“C’è ancora qualcuno che ritiene di iscriversi perché vuole imparare bene una lingua e basta. Insomma, pensano di frequentare l’università come se fosse il Grenoble, il British o altro. E’ un errore fatale, perché qui da noi lo studio delle lingue è indissolubilmente legato a quello della storia, della letteratura, dell’economia, della società. Imparare una lingua è anche amare un paese, la sua civiltà, le sue tradizioni, la sua arte, la sua musica. Anche sotto il profilo propriamente linguistico, non si tratta solo di imparare a parlare l’inglese, il francese, lo spagnolo, l’americano, il portoghese, solo per citare qualche esempio. Discipline come Glottologia sono parte integrante del corso e non a caso, spesso, gli studenti incontrano qualche difficoltà ad affrontarle. Chi s’iscrive alla Facoltà solo perché vuole apprendere una lingua straniera spreca risorse ed energie. Capita spesso di ascoltare qualcuno che si lamenta perché vorrebbe una formazione più pratica, meno teoria. Io dico a tutti che questa è la Facoltà di Lingue e letterature straniere, dove lo studio approfondito di un idioma non esaurisce certo l’impegno”.
Professore, alcuni studenti lamentano che non tutti i laboratori funzionano per il meglio, che le ore effettive di pratica sono poche. Hanno ragione?
“Mi pare che i laboratori siano andati a regime. Certo, c’è un problema di carenze di risorse, di docenti ed a volte perfino di spazi. Questa è una questione antica della facoltà di Lingue, la più numerosa, per numero di studenti, spesso penalizzata, nell’assegnazione delle risorse”.
E’ possibile imparare una lingua, partendo da zero e frequentando solo i corsi ed i laboratori della facoltà?
“Agli studenti cerchiamo di offrire opportunità, con i corsi, con le lezioni dei lettori, con il Centro linguistico di ateneo, che consiglio vivamente di frequentare ogni qual volta ci sia l’opportunità. Chi s’impegna, viene a lezione, si esercita impara. Certamente la pratica sul posto è un valore aggiunto insostituibile. Può essere molto utile anche sfruttare le opportunità del progetto Erasmus, per trascorrere all’estero un periodo di studio, presso un’altra università”.
(Fa.Ge.)
“Chi esce dalla facoltà con una buona preparazione ha l’opportunità di giocarsi ottime carte”, sostiene il professore Domenico Silvestri, Preside della Facoltà da alcuni anni.
Professore, che cosa non può mancare ad uno studente della Facoltà di Lingue e letterature straniere de L’Orientale?
“La curiosità verso quello che accade fuori dai confini di casa. Significa informarsi, leggere gli articoli che trattano le questioni degli altri paesi, magari sui giornali di quei paesi. Significa anche che il nostro studente è uno abituato a viaggiare ogni volta che può, perché l’esperienza sul campo è importante. Intendo dire con questo che se uno studia francese non può non sapere chi è De Villepin, chi sono i probabili candidati alla successione di Chirac oppure cosa è successo qualche mese fa nelle banlieu di quella nazione”.
L’errore peggiore che può commettere chi stia valutando di immatricolarsi alla vostra Facoltà?
“C’è ancora qualcuno che ritiene di iscriversi perché vuole imparare bene una lingua e basta. Insomma, pensano di frequentare l’università come se fosse il Grenoble, il British o altro. E’ un errore fatale, perché qui da noi lo studio delle lingue è indissolubilmente legato a quello della storia, della letteratura, dell’economia, della società. Imparare una lingua è anche amare un paese, la sua civiltà, le sue tradizioni, la sua arte, la sua musica. Anche sotto il profilo propriamente linguistico, non si tratta solo di imparare a parlare l’inglese, il francese, lo spagnolo, l’americano, il portoghese, solo per citare qualche esempio. Discipline come Glottologia sono parte integrante del corso e non a caso, spesso, gli studenti incontrano qualche difficoltà ad affrontarle. Chi s’iscrive alla Facoltà solo perché vuole apprendere una lingua straniera spreca risorse ed energie. Capita spesso di ascoltare qualcuno che si lamenta perché vorrebbe una formazione più pratica, meno teoria. Io dico a tutti che questa è la Facoltà di Lingue e letterature straniere, dove lo studio approfondito di un idioma non esaurisce certo l’impegno”.
Professore, alcuni studenti lamentano che non tutti i laboratori funzionano per il meglio, che le ore effettive di pratica sono poche. Hanno ragione?
“Mi pare che i laboratori siano andati a regime. Certo, c’è un problema di carenze di risorse, di docenti ed a volte perfino di spazi. Questa è una questione antica della facoltà di Lingue, la più numerosa, per numero di studenti, spesso penalizzata, nell’assegnazione delle risorse”.
E’ possibile imparare una lingua, partendo da zero e frequentando solo i corsi ed i laboratori della facoltà?
“Agli studenti cerchiamo di offrire opportunità, con i corsi, con le lezioni dei lettori, con il Centro linguistico di ateneo, che consiglio vivamente di frequentare ogni qual volta ci sia l’opportunità. Chi s’impegna, viene a lezione, si esercita impara. Certamente la pratica sul posto è un valore aggiunto insostituibile. Può essere molto utile anche sfruttare le opportunità del progetto Erasmus, per trascorrere all’estero un periodo di studio, presso un’altra università”.
(Fa.Ge.)