“Mai dire: io non ce la farò”

Ansia da prestazione, timore di non essere all’altezza, stress da esame: le matricole varcano la soglia dell’università con mille paure. Nei primi mesi vivono un senso di spaesamento e fanno fatica a confrontarsi con una realtà non conforme alle proprie aspettative. Per avere dei consigli su come gestire al meglio questa situazione ci siamo rivolti al Centro SInAPSi, come possono fare tutti gli studenti della Federico II.
“Per alcuni ragazzi può essere difficile cambiare contesto, professori, compagni, ritmi di vita. Implica un processo di adattamento – afferma il Direttore del Centro, prof. Paolo Valerio – Sono abituati ad una piccola classe, ad insegnanti che li conoscono da anni, ad un apprendimento scadenzato da interrogazioni e compiti scritti. All’improvviso tutto cambia e può capitare che lo studente si isoli pensando che sia l’unico a vivere un senso di disagio. Il rischio è maggiore se si è uno studente fuori sede”.
Le matricole possono sentirsi perse perché private di figure che fungano loro da guida. “All’università viene meno il riferimento adulto che ha avuto in carico lo studente come persona sin dalla scuola materna – spiega la prof.ssa Maura Striano, Responsabile della Sezione di Pedagogia e membro del Comitato Direttivo del Centro – Gli adulti diventano risorse per un suo processo di auto-orientamento. L’Università ha il compito di promuovere gradualmente questo sviluppo”.
Il metodo di studio
La mancanza di convinzione nella propria scelta universitaria acuisce dubbi e incertezze: “E’ importante essere consapevoli delle motivazioni che hanno spinto ad intraprendere un determinato percorso. Può essere utile, per esempio, fermarsi a riflettere se si stanno seguendo le proprie aspirazioni o quelle dei propri genitori”, afferma Valerio. Per la prof.ssa Maria Francesca Freda, anch’essa membro del Comitato Direttivo del SInAPSi, è errato parlare di studenti demotivati: “Nessuno è privo di motivazioni. Ognuno deve chiedersi quali siano le proprie e se l’orientamento che intende dare alla propria vita è coerente con i fini universitari”. “Il progetto di studio deve essere concepito in una prospettiva di apprendimento permanente. Lo studente incontra difficoltà quando percepisce questo segmento discontinuo rispetto al proprio progetto di vita”, aggiunge la Striano.
Partecipare alla vita universitaria, fare gruppo, è un ottimo modo per iniziare il primo anno con il piede giusto. “Nel passaggio all’università si perde la relazione con la classe – sostiene la Freda – I gruppi diventano trasversali, gli studenti vengono in contatto con un contesto allargato e si sentono soli”. Maggiore diventa la competitività: “Si guarda non solo ai voti migliori o peggiori dell’altro ma anche alla sue capacità di ottenere i nostri stessi risultati con maggiore o minore fatica”.
Identificare un proprio metodo di studio ed affinarlo con l’esperienza è l’arma vincente per essere degli studenti brillanti. “Per chi è abituato all’apprendimento scolastico sequenziale e scandito da contenuti parcellizzati, la vastità del programma di un esame universitario può creare qualche difficoltà – spiega la prof.ssa Striano – La prima regola in questo caso è di non sentirsi frustrati. Mai dire ‘Io non ce la farò mai’ ma riflettere sul proprio apprendimento. Il confronto con i compagni può risultare prezioso: il contrasto tra due approcci cognitivi allo stesso problema può essere molto stimolante”. Il metodo di studio fallimentare più diffuso consiste nell’imparare tutto a memoria senza focalizzarsi sugli aspetti nodali della disciplina. Tra le strategie più originali adottate dagli studenti che si sono avvalsi dei servizi del SInAPSi lo scorso anno, vi sono le ripetizioni di gruppo via skype.
Frequentare è essenziale per capire il taglio che il professore dà agli argomenti trattati; altrettanto basilare è saper prendere appunti. “Spesso gli studenti si affidano alla registrazione audio e si distraggono durante la lezione. Registrare serve a riascoltare dei passaggi, non sostituisce la partecipazione”, precisa la Striano. Ogni studente deve trovare il proprio modo di procedere. Alcuni preparano due esami contemporaneamente, altri preferiscono immergersi in una disciplina alla volta: “Si tratta di scoprire lo stile di pensiero che connota ciascuno di noi e magari di acquisirne uno più organico all’università”.
Il perfezionismo
 può paralizzare
 i primi della classe
Chi ha attraversato la scuola superiore con difficoltà, può avere accumulato delle lacune soprattutto nelle materie scientifiche; ma anche per i primi della classe non è detto che fili tutto liscio… “Hanno una grossa ansia di mantenere alte le loro prestazioni. Il perfezionismo può paralizzarli”, mette in guardia Valerio.
Sbagliato, secondo la Freda, è cercare il modo di compiacere il docente: “Molti seguono gli esami altrui per osservare l’atteggiamento del professore, per capire cosa si aspetta dai suoi allievi, invece di cogliere l’occasione per chiarire dei contenuti”.
Le matricole non sempre riescono a sostenere tutti gli esami pianificati per il primo semestre. Molti si riducono all’ultimo momento per preparare un esame. “Dividono nettamente il tempo della frequenza da quello dello studio, invece di studiare sin dall’inizio e riservare il periodo pre-esame a consolidare l’apprendimento già sistematizzato”, asserisce la Striano. La docente suggerisce agli studenti di approfittare delle ore di ricevimento: “Non vengono mai da noi con il testo alla mano per chiederci di spiegare meglio un passaggio. Li vediamo direttamente al momento dell’assegnazione della tesi”.
Adattarsi bene al nuovo contesto significa anche imparare ad orientarsi tra i vari servizi offerti dall’Ateneo. Lo staff di SInAPSi può contribuire a sviluppare strategie vincenti per l’impatto con la nuova realtà e per potenziare il proprio stile di apprendimento attraverso incontri individuali o di gruppo. Il segreto per vivere al meglio l’università è, dunque, partecipare attivamente ed essere protagonisti del proprio percorso formativo.
Manuela Pitterà
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