“Dicono che quando uno straniero arriva a Napoli piange due volte, quando arriva e quando parte. Per me si piange una volta soltanto, quando si va via”. Nel calendario di David Ye Chen, ventidue anni, lo spazio per le lacrime è riservato esclusivamente al 28 gennaio, quando, dopo circa quattro mesi, si è conclusa la sua esperienza di studente Erasmus alla Federico II. Saluti al Dipartimento di Farmacia. Si ritorna alla vita di sempre, all’Università Alcalá de Henares, a Madrid, sua terra natale. Dave, così preferisce farsi chiamare, è nato in Spagna, dove papà e mamma, cinesi entrambi, gestiscono un ristorante. Dell’esperienza napoletana porta con sé gli insegnamenti derivanti dai sei esami sostenuti, la sorpresa per il ‘bilinguismo’ partenopeo, la convinzione che la vera pizza si mangia solo all’ombra del Vesuvio. Non gli mancheranno: i mezzi pubblici e la tranquillità di Napoli. David, tranquillità e Napoli sembra un ossimoro? La vita universitaria a Madrid è veramente così caotica? “In Spagna, tra le lezioni mattutine e il laboratorio pomeridiano, si è impegnati anche dalle 9 alle 20. Poi, tornati a casa, bisogna mettersi a studiare. Qui c’è molto più tempo per assimilare i concetti della lezione, forse per questo gli studenti italiani, diversamente da noi, inseguono molto di più il voto alto”. Hai notato qualche differenza anche tra i docenti? “No, sono simili. In entrambi i Paesi ci sono docenti più severi e altri più gentili. Qui a Napoli mi hanno aiutato molto, hanno compreso le condizioni di difficoltà nelle quali si trova uno studente Erasmus. Ho avuto la possibilità di sostenere gli esami in spagnolo o in inglese, ma ho scelto di darli in italiano per rispetto dell’Università che mi ha ospitato. I professori hanno avuto la pazienza di ascoltarmi nonostante non lo parlassi benissimo. Per impararlo ho seguito un corso intensivo al Centro Linguistico di Ateneo, poi ho studiato autonomamente, ma soltanto l’italiano, non il napoletano, che usate molto. Prima di partire non sapevo che qui si parlasse anche un’altra lingua. L’ho scoperto un giorno stando qua”. In che modo? “Un napoletano mi parlava in dialetto. Non capivo nulla. Temevo di aver dimenticato quel po’ di italiano che avevo imparato. Per fortuna i miei amici mi hanno spiegato. Mi ero ripromesso di imparare qualcosa, ma andrò via senza ricordare nemmeno una parola. È troppo difficile”. Cosa ricorderai invece della città? “Ho preso casa vicino piazza Cavour, un posto che ho trovato ben collegato e fornito di tutti i negozi utili. Nel tempo libero ho visitato Pompei, Castel dell’Ovo e Castel Sant’Elmo. Ho cercato di vedere altro, ma non ho avuto tempo. Conto di tornarci da turista, anche per mangiare di nuovo la pizza”. Ti è piaciuta? “In tutto il mondo gli stranieri parlano di pizza, ma devono sapere che quella vera è solo a Napoli”. Tornando al discorso Università. Gli esami alla Federico II? “Ne ho sostenuti sei. Cinque a scelta e uno obbligatorio, ovvero Tossicologia dei farmaci con il prof. Roberto Russo. Si è trattato di un esame scritto a risposta multipla molto difficile. Si può superare, ma occorre studiare tanto. Per ogni lezione in aula occorrono tra i due e i tre giorni per assimilare i concetti spiegati”. Si torna in Spagna. Cosa ti è mancato in questi mesi? “Gli amici e la famiglia. Ho due fratelli e due sorelle. I primi tre lavorano in un negozio di famiglia e in un ristorante. L’altra sorella è laureata in Economia e lavora alla Huawei. In passato non c’erano soldi per studiare. Soltanto io e lei, che siamo i più piccoli, abbiamo avuto l’opportunità di frequentare l’Università. Impegnarmi giorno dopo giorno è l’unico modo che ho per dire grazie a mamma e papà”. Gli obiettivi? “Per ora concludere il quarto anno, poi mi tocca il tirocinio di circa cinque mesi in una farmacia o in azienda e la tesi. Mi concentro solo sulla laurea, non sto ancora pensando al dopo”.
Ciro Baldini