A Medicina con la consapevolezza di dover sopportare dei sacrifici

“Chi si iscrive a Medicina, rispetto ad altre Facoltà, deve avere realmente una grande convinzione e determinazione”. A sottolinearlo non è un docente ma un ex studente illustre: Tommaso Pellegrino, laureato in Medicina alla Federico II dove è stato a lungo anche rappresentante degli studenti, ed eletto poi lo scorso anno come uno dei più giovani parlamentari alla Camera (35 anni non ancora compiuti). “Per iscriversi a Medicina è necessaria la determinazione a voler fare dei sacrifici. Come diceva il prof. Gaetano Salvatore, è una sorta di tortura cinese, perché si comincia a studiare dal primo giorno in cui ci si iscrive e si finisce solo a fine carriera”. Sacrifici che però vengono in qualche modo ampiamente compensati dalle soddisfazioni che può dare la professione medica. “In un momento in cui la nostra società diventa sempre più iper-tecnicistica è importante cercare di puntare invece proprio sulla componente umana, sul rapporto con il paziente come elemento fondante della professione. Poi bisogna considerare certo anche le strutture e gli strumenti tecnici, le possibilità date dai farmaci”. Motivazioni a parte, Pellegrino consiglia agli studenti e agli aspiranti tali di “vivere la Facoltà in modo attivo”, atteggiamento fondamentale per non subire quelli che possono essere gli aspetti “tortuosi” della didattica, dagli orari agli spostamenti richiesti agli studenti, ma “cercare di partecipare” e di intervenire anche attraverso i propri rappresentanti. Pellegrino esprime l’auspicio “che la Facoltà possa somigliare sempre più ad un vero e proprio campus”. Una struttura che “rispecchi sempre più le esigenze degli studenti che comunque rimangono in quegli spazi per tutta la giornata, data la frequenza obbligatoria di tutti i corsi. Il mio invito agli studenti e ai rappresentanti è quindi che facciano pressione sulle istituzioni in questo senso”.
In ogni caso, oltre all’interesse scientifico, quello che la medicina può dare è “una delle più belle soddisfazioni umane e professionali: potere dare un aiuto concreto a chi soffre”. Una soddisfazione anche più forte di quelle che può dare la politica? “Si”, risponde dopo una lievissima esitazione, “perché c’è una carica più forte di componente concreta che la politica in questo momento ha perso e che dovrebbe riuscire a ritrovare”. Ma, sostiene, “l’affinità tra politica e medicina è molto forte, per cui non è un caso che i medici prestati alla politica siano molti. Nella medicina si è continuamente a contatto con le persone e con il sociale, bisogna formulare diagnosi e dare risposte. E la politica è la stessa cosa: bisogna stare a contatto con la gente, capire i problemi delle persone più in difficoltà e riuscire ad essere concreti”. Motivo per cui, come medico, ha avuto un approccio alla politica “spontaneo e facilitato”. Inutile chiedere quindi quali fossero le sue materia preferite, da studente: ”le branche chirurgiche: ho preferito sempre i settori con un approccio più concreto e pratico, in medicina come in politica”.
(Vi.Sa.)
 
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