Abdelaziz Essid, il Premio Nobel per la Pace a Scienze Politiche

“Abdelaziz Essid ha dato un contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralistica in Tunisia”, afferma il Rettore Giuseppe Paolisso, nell’inaugurare l’incontro del 17 febbraio al Dipartimento di Scienze Politiche con il Premio Nobel per la pace 2015 Abdelaziz Essid, chiave di volta nella mediazione tra popolazione e autorità nella Tunisia pre e postrivoluzionaria a seguito della ‘Rivoluzione del Gelsomino’. Un evento che rientra nel programma VALERE, acronimo di Vanvitelli per la ricerca, e che è atto a far assumere agli studenti una visione più ampia del mondo, “specialmente se si trova a ottanta miglia da noi”, come chiosa il prof. Paolisso. Una storia di coraggio quella di Essid, quella di un cittadino ligio all’assolvimento dei valori morali, che invita a seguire con coraggio: “quando siamo scesi in piazza a difesa della popolazione dalle forze armate fedeli al regime, durante la rivoluzione e dopo la fuga del dittatore Ben Alì, non sapevamo come sarebbe andata a finire, ma eravamo coscienti che in caso di fallimento le conseguenze sarebbero state micidiali”. Tra le iniziative del Premio Nobel, che peraltro ha significato l’attribuzione del fregio, vi è l’adesione al cosiddetto ‘Quartetto per il dialogo nazionale tunisino’ che, composto da quattro istituzioni nazionali, si è distinto in opere di mediazione per la costruzione di una democrazia pluralistica, tentando di prevenire spargimenti di sangue “che tuttavia non si sono potuti evitare”. “Do you speak english? Parlez-vous française? Hal tatakallamu al-‘arabiyyah?”, chiede al pubblico, suscitando timide risposte. “Questo serva per comprendere quanto sia importante la comunicazione. Oggi avrei potuto parlare inglese, la comune lingua franca, e invece ho deciso di parlare italiano perché è il minimo che possa fare se voglio avvicinarmi alla vostra cultura e farvi avvicinare alla mia. In genere si teme il prossimo perché non si conosce, ma se ci impegnassimo a dialogare, anziché imbracciare le armi, probabilmente la strada verso la pace sarebbe più semplice”. Il substrato culturale giuridico tunisino non ha consentito uno sviluppo capillare del mestiere dell’avvocato, come invece è accaduto nel nostro paese e per questo “in Tunisia si contano appena novemila avvocati”, come dice Essid, “che però sono sempre stati militanti e avversi alla dittatura, conquistandosi per questo la fiducia del popolo che li ha eletti a propri rappresentanti. L’Assemblea Costituente del 2014 era composta per i due terzi da avvocati i quali, grazie al dialogo, hanno contribuito alla promulgazione di una costituzione che concedeva tutti i diritti fondamentali, con provvedimenti a tutela delle donne e dell’infanzia. Se non fosse stato per questo intervento di mediazione, con il supporto anche di avvocati italiani, la Tunisia sarebbe sprofondata in una guerra civile. Ecco quindi l’importanza del dialogo, sul quale mi soffermo lungamente da sempre; è l’unica risposta possibile per ambire alla pace”. Poi parla dei grandi problemi della Tunisia e del mondo, come il terrorismo, sostenendo che “l’errore che gli occidentali commettono troppo spesso è di identificare il terrorismo con una religione o una nazionalità; mi rende molto triste pensare che ciò accada anche qua, dato che voi italiani convivete da sempre contro il pregiudizio che vi vede spesso associati alla mafia. Se pensate che il vostro nemico sia l’Islam, o il Corano, allora nel mondo avete oltre un miliardo di nemici, ma se pensate che sia solo il terrorismo islamico, allora ne avete soltanto tremila. Lo dico forte, oggi come trent’anni fa, la cultura del terrorismo è sangue, morte ed esplosioni, la nostra è gioia, pace, speranza, musica e teatro. In Tunisia i terroristi vogliono distruggerci e impedirci di vivere: gli attentati, come quello di Susa in cui perirono quaranta inglesi, avvengono sempre presso siti turistici, questo perché sanno che la nostra nazione vive prevalentemente di questo. Alcuni governi occidentali abboccano e intimoriscono le popolazioni, convincendole che la Tunisia è un luogo pericoloso. L’anno scorso centoquaranta italiani hanno soggiornato presso l’albergo in cui si era consumato l’attentato proprio per scongiurare i luoghi comuni e questo ha fatto sì che i turisti tornassero. Abbiamo vinto noi, in un certo senso”. Un altro grave problema della Tunisia e dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo è quello degli esuli dalla Libia: “Oggi in Libia non c’è rappresentanza, la zona è diventata un passaggio dall’Africa subsahariana all’Italia, che per gli africani è il paradiso come per gli italiani lo era l’America all’inizio del Novecento. Il flusso di migranti che si è riversato in Tunisia lo abbiamo accolto, perché quando ti viene incontro della gente che fugge dalla morte non puoi scostarti, devi comportarti da essere umano”. E parla anche del ruolo dell’Occidente che: “dovrebbe accettare una certa responsabilità, poiché per anni ha sfruttato e depredato questi paesi oggi instabili”. La Tunisia è ad oggi l’unico paese arabo in cui “la poligamia è reato e in cui la donna è libera di indossare il velo, la minigonna o entrambi. Abbiamo abolito la schiavitù prima degli Stati Uniti e concesso il voto alle donne prima della Svizzera. Siamo, in questo senso, il paese più vicino al concetto di laicità della zona”. Poi conclude: “è sulla base dell’amicizia che vi chiedo, cari amici, collaborazione, comunicazione, comprensione e tolleranza”. “Crediamo in quello che facciamo – interviene il prof. Aldo Amirante, docente di Diritto internazionale ed europeo per il turismo e coordinatore dell’incontro – specialmente per quanto riguarda la costruzione di un dialogo nella Libia postrivoluzionaria. In questo mi sento di segnalare un deficit delle Nazioni Unite, che potrebbe essere più attivo nella promozione di missioni e campagne per la pace”. Per il il prof. Pasquale Femia, Direttore del Dipartimento, “Abdelaziz Essid ha restituito al termine Iurisprudentia il suo significato originale, ovvero quello di confrontarsi nelle aule e non affrontarsi nelle strade”. È intervenuto per i saluti anche il presidente della Camera Civile di Aversa, Carlo Maria Palmiero: “Essid è una personalità unica, in grado di insegnare l’importanza dell’andare oltre ai confini della nazionalità e dell’appartenenza religiosa e politica. Credo che noi tutti oggi ne abbiamo tratto un grande insegnamento”.
Presenti all’incontro anche numerosi studenti, tra cui alcune classi degli istituti superiori del casertano. Giuseppe Lavano, del Liceo Scientifico Armando Diaz di Caserta, dice: “non conoscevo il premio Nobel Essid, da oggi presterò più attenzione al fine di non incorrere in pregiudizi dovuti all’appartenenza a un gruppo etnico o a una religione”. “Sono pienamente d’accordo con la posizione del dott. Essid per quanto riguarda l’importanza della comunicazione. Credo che oggi ci si stia rendendo conto di quanto comunicare con le altre culture e realtà sia essenziale”, afferma Sara Vendittelli, rappresentante e studentessa del Corso di Laurea in Scienze del Turismo. Federica Giaccio, iscritta al Corso di Laurea Magistrale in Relazioni ed organizzazioni internazionali e rappresentante degli studenti, commenta: “questo incontro è stato formativo per comprendere quanto avviene al di fuori dei confini italiani e il modo in cui è possibile intervenire nei limiti delle nostre possibilità”.
Nicola Di Nardo
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