Addio Erasmus in Gran Bretagna con la Brexit?

Dal 1° gennaio l’Erasmus+ parla un po’ meno inglese. Il Regno Unito, uscito dall’Unione Europea, ha infatti annunciato, pochi giorni prima della chiusura del periodo di transizione e negoziazione con l’UE avvenuta il 31 dicembre, che non parteciperà più al prezioso programma europeo per la mobilità studentesca. Questa decisione ha naturalmente disorientato i tanti studenti che, pandemia permettendo, non si sarebbero lasciati sfuggire l’opportunità di un soggiorno di studio nelle prestigiose università inglesi. “Parliamo di mete generalmente molto ambite dai ragazzi, sia per lo studio della lingua che per l’interesse verso la storia e le tradizioni di questo Paese – commenta il prof. Sergio Minucci, delegato all’Internazionalizzazione e alla Mobilità dell’Università Vanvitelli – Nell’ambito dell’Erasmus c’era un certo interesse verso il mondo anglosassone da parte dei nostri studenti, ad esempio, di Architettura, Design, Ingegneria o dei Corsi umanistici. Su Medicina c’era la possibilità di svolgere un’esperienza di traineeship. Non avevamo, invece, doppi titoli di laurea”. L’opportunità di studiare in Gran Bretagna è finita con la Brexit? “Ci sarebbero due eventuali possibilità future. Abbiamo la chiave 107 – che proietta il programma Erasmus oltre i confini europei – e adesso il Regno Unito è un paese extraeuropeo”. Nell’ambito dell’azione chiave 107, “il nostro Ateneo ha svariati accordi internazionali che intendiamo riconfermare, ad esempio, con Tunisia, Brasile, Russia, Albania, Ucraina. C’è anche la possibilità di intraprendere un nuovo accordo, con l’Uzbekistan, dove c’è interesse per i nostri Corsi di Architettura e Design e per le Triennali delle Professioni Sanitarie”. Quanto alla seconda possibilità, “è stringere degli accordi quadro, stabilendo fondi specifici di Ateneo”. Al di fuori degli accordi per la mobilità, studiare in Gran Bretagna si complica. Gli universitari europei avranno, infatti, bisogno del visto e si troveranno a dover pagare rette universitarie molto alte venendo allineate a quelle pagate dagli studenti extra-europei. “Il nostro Ateneo farà una verifica degli accordi con le università inglesi e valuteremo se mantenerli e come mutarli. In ogni caso, pur applicando le due possibilità di cui si è detto in precedenza, in generale ci sarà sicuramente un minor flusso di studenti in movimento. È una cosa penalizzante”. Altra questione che andrà studiata e risolta “riguarda la validità dei titoli di laurea e il riconoscimento dei titoli formativi. Con l’Erasmus non c’era alcun problema. Il sistema didattico dei Paesi europei, inoltre, si stava abbastanza uniformando; le differenze più grandi erano con i paesi dell’Est, ma ora, anche questi, si stanno avvicinando all’Europa”.
Il premier britannico Boris Johnson ha annunciato intanto, al posto del programma Erasmus che ha definito troppo costoso, il varo di un nuovo programma, il Turing Scheme, dal nome del matematico Alan Turing che permetterà agli universitari inglesi di studiare nelle migliori università del mondo. “Non ci sono ancora informazioni dettagliate in proposito. Anche la Turchia, in passato, ad esempio, ha lanciato un programma del genere, Mevlana”. La questione mobilità Europa – Regno Unito “si è aperta in un momento delicato, in cui gli spostamenti sono rallentati a causa del Covid. In questo momento abbiamo alcuni studenti all’estero, così come ragazzi spagnoli che stanno seguendo online i nostri corsi. C’è anche un buon numero di studenti in partenza per il secondo semestre, se la situazione lo consentirà. E devo aggiungere che sarebbero partiti anche prima, se molte università estere non lo avessero impedito”, conclude il prof.

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