Curiosità, voglia di scoprire, impegno e sacrificio, un occhio ai traguardi più vicini, l’altro già orientato al futuro. È la ricetta che ha portato al successo Antonio Papa ed Enrica Luzzi, i migliori laureati 2020 nei Corsi, rispettivamente, Triennale in Scienza e Ingegneria dei Materiali e Magistrale in Ingegneria dei Materiali. Si dicono entrambi felici e grati per questo riconoscimento, il titolo di Migliore Studente viene assegnato ogni anno sulla base di media e voto di laurea, e attendono la premiazione che avverrà a settembre in occasione della giornata di presentazione dei percorsi formativi.
Antonio è uno sportivo, si definisce un ragazzo socievole e molto focalizzato sui suoi obiettivi. Ingegneria Chimica, all’atto dell’iscrizione all’università, avrebbe dovuto essere la sua scelta: “Poi partecipai ad un evento di orientamento e seguii anche la presentazione di Scienza e Ingegneria dei Materiali – ricorda – Il relatore era il prof. Giovanni Filippone, il nostro Coordinatore, il cui discorso mi colpì molto. Ero uno studente di liceo scientifico, mi piacevano la matematica, la fisica e la chimica e cercavo un Corso che fosse multidisciplinare e centrato su più aree di studio”. Nonostante l’entusiasmo di partenza, “in principio ebbi qualche difficoltà, infatti fui bocciato all’esame di Analisi Matematica I. Non ne feci una tragedia e mi rimisi a studiare”. L’inizio di un semestre “è sempre duro ed è il momento in cui bisogna impostare l’organizzazione che si seguirà di lì al termine della sessione di esami. O almeno è la mia strategia, che ha comportato, talvolta, grandi sacrifici e scelte diverse da quelle dei miei colleghi, ma che mi ha permesso di laurearmi in tempo e con profitto”. Uno studio di qualità, però, non deve prescindere da una vita piena e soddisfacente: “Non bisogna ammucchiare lo studio nel periodo degli esami; ripartendolo correttamente nell’arco dei mesi c’è tempo per fare tutto”. Ad esempio, allo sport. Come nel suo caso: “Durante i primi due anni della Triennale ho praticato basket a livello agonistico, poi mi sono dedicato al crossfit. Non posso immaginare di stare fermo”. Antonio ora è iscritto a Industrial Bioengineering, ancora presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale: “Per il futuro mi vedo in laboratorio, probabilmente con un Dottorato, ma non ne sono ancora sicuro. Un Corso come questo lascia aperte più porte”. Quel che è certo è che con la Magistrale “cambierò la mia forma mentis. In Triennale, mi sono concentrato tantissimo per cercare di concludere il percorso nel più breve e miglior tempo possibile. La mia vita universitaria è stata focalizzata esclusivamente sullo studio. Ora vorrei concedermi anche del tempo per approfondire quello che mi interessa. In fondo, parliamo di qualcosa che mi accompagnerà per tutta la vita”.
Antonio è uno sportivo, si definisce un ragazzo socievole e molto focalizzato sui suoi obiettivi. Ingegneria Chimica, all’atto dell’iscrizione all’università, avrebbe dovuto essere la sua scelta: “Poi partecipai ad un evento di orientamento e seguii anche la presentazione di Scienza e Ingegneria dei Materiali – ricorda – Il relatore era il prof. Giovanni Filippone, il nostro Coordinatore, il cui discorso mi colpì molto. Ero uno studente di liceo scientifico, mi piacevano la matematica, la fisica e la chimica e cercavo un Corso che fosse multidisciplinare e centrato su più aree di studio”. Nonostante l’entusiasmo di partenza, “in principio ebbi qualche difficoltà, infatti fui bocciato all’esame di Analisi Matematica I. Non ne feci una tragedia e mi rimisi a studiare”. L’inizio di un semestre “è sempre duro ed è il momento in cui bisogna impostare l’organizzazione che si seguirà di lì al termine della sessione di esami. O almeno è la mia strategia, che ha comportato, talvolta, grandi sacrifici e scelte diverse da quelle dei miei colleghi, ma che mi ha permesso di laurearmi in tempo e con profitto”. Uno studio di qualità, però, non deve prescindere da una vita piena e soddisfacente: “Non bisogna ammucchiare lo studio nel periodo degli esami; ripartendolo correttamente nell’arco dei mesi c’è tempo per fare tutto”. Ad esempio, allo sport. Come nel suo caso: “Durante i primi due anni della Triennale ho praticato basket a livello agonistico, poi mi sono dedicato al crossfit. Non posso immaginare di stare fermo”. Antonio ora è iscritto a Industrial Bioengineering, ancora presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale: “Per il futuro mi vedo in laboratorio, probabilmente con un Dottorato, ma non ne sono ancora sicuro. Un Corso come questo lascia aperte più porte”. Quel che è certo è che con la Magistrale “cambierò la mia forma mentis. In Triennale, mi sono concentrato tantissimo per cercare di concludere il percorso nel più breve e miglior tempo possibile. La mia vita universitaria è stata focalizzata esclusivamente sullo studio. Ora vorrei concedermi anche del tempo per approfondire quello che mi interessa. In fondo, parliamo di qualcosa che mi accompagnerà per tutta la vita”.
Analisi, solito scoglio
‘Folgorata sulla via di Damasco’ potrebbe essere un buon incipit per la storia universitaria di Enrica, Migliore Studentessa dell’anno anche nel 2018 per il suo percorso Triennale: “Ho intrapreso questi studi quasi per caso. Provenivo da un liceo classico e i miei interessi, a scuola, erano altri. Però, durante una lezione di Fisica, ebbi come un’illuminazione. Ho cominciato a pensare ad Ingegneria e ho scelto questo filone perché, tra i vari, è quello che ti permette di essere spendibile in molteplici campi”. Come si diventa una studentessa eccellente? “Innanzitutto, ma questo lo dicono tutti, ci vuole passione. Lo studio è un dovere che, all’università, si trasforma in scelta e vocazione e, se pesa, è segno che qualcosa non va”. Altra cosa importante, anche per lei, “è l’organizzazione perché non bisogna togliere tempo alla realizzazione personale”. Nel suo tempo libero, infatti, un’importanza cardine la riveste “il teatro, anche se il Covid ha rovinato tutto. Questa passione è iniziata grazie alla scuola, in cui il teatro era considerato un importante strumento pedagogico. Con i miei amici del liceo è nato un bel gruppo; recitavamo nei musical. Per me era una valvola di sfogo, uno spazio che mi consentiva di esprimere un’altra dimensione di me che non fosse quella scientifica”. Un percorso di studi, il suo, tutto rose e fiori dunque? Ride: “Assolutamente no. Il percorso Magistrale è stato fluido, sebbene gli esami fossero più corposi, ma evidentemente avevo acquisito consapevolezza del mio valore. In Triennale, invece, ho avuto problemi con Analisi Matematica I e II. In Analisi I addirittura fui bocciata al pre-test ed entrambi li ho ripetuti due volte. Poi Analisi I l’ho portato a casa con il massimo dei voti, su Analisi II mi sono un pochino accontentata, ma non ho mai avuto la fissa dei voti. Quello che mi interessa è imparare”. Il segreto del successo allora “sta nel costruirsi un bel gruppo di studio, il che aiuta e sostiene. Noi eravamo talmente uniti che, addirittura, i professori confondevano il mio nome con quello delle mie amiche. Eravamo sempre insieme e finivamo per essere considerate come un’unica entità”. Anche il confronto con i docenti è stato foriero di stimoli: “un Corso con un numero di iscritti contenuto permette di stabilire rapporti più profondi. Per me il docente non è mai stato qualcuno al di là della cattedra; anzi, i nostri professori ci hanno fatto sentire sempre parte di una comunità, ci invitavano in laboratorio per parlare delle loro ricerche, ci chiedevano addirittura cosa ne pensassimo”. E dall’università Enrica non è ancora uscita: “Ho vinto una borsa di ricerca presso il CRdC – una società consortile tra i cui soci ci sono anche diversi Atenei campani – e formalmente lavoro alla Federico II, a Piazzale Tecchio. Mi sto occupando di materiali per la tutela ambientale; funzionali alla rimozione di gas inquinanti come l’anidride carbonica o di coloranti, ad esempio coloranti tessili dalle acque reflue. Ho già pubblicato tre articoli scientifici, anche grazie al gruppo di docenti con cui lavoro”. La sua vita universitaria, del resto, è sempre stata densa: “A cavallo tra Triennale e Magistrale sono stata rappresentante degli studenti in Consiglio di Dipartimento. È stato un esercizio utile che mi ha permesso di ampliare il mio spazio relazionale. Sono una ragazza un po’ timida, ma ho imparato a mettermi in gioco”. La pandemia, “purtroppo, ha rovinato un po’ tutto. Ho svolto a distanza parte del mio ultimo semestre, della tesi e ho avuto un po’ di problemi con il tirocinio. Parte della tesi ho dovuto anche modificarla perché non c’era la possibilità di accedere ai laboratori. Io poi collaboravo con il CNR che aveva regole ancora più stringenti”. Enrica non cambierebbe nulla del suo percorso: “Aver vissuto l’università, stringendo rapporti al suo interno, è stata la cosa più bella di questi ultimi cinque anni. Per il futuro poi si vedrà, adesso sto bene qui”.
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