A Napoli un’espressione descrive chi si prefi ssa un obiettivo e non molla mai la presa. Una persona testarda, ostinata, è “capa tost” (testa dura). I fratelli Paolo e Claudia Castaldo, nati e cresciuti a Napoli, di questa espressione ne hanno fatto il loro motto e il loro punto di forza. Era il 2014 quando Paolo decide di intraprendere un progetto tanto affascinante quanto rischioso, quello di aprire un’attività dedicata esclusivamente al toast, un prodotto semplice, conosciuto da tutti ma che mai nessuno prima aveva pensato di valorizzare. Nasce così il primo punto vendita di Capatoas t, nel quartiere Vomero, che riprende quel tradizionale modo di dire e ne fa un proprio tratto distintivo. A raccontare la nascita e lo sviluppo dell’ambizioso progetto ci pensano i Castaldo in un incontro con gli studenti all’interno di una iniziativa organizzata dal Dipartimento di Studi Aziendali e Quantitativi (Disaq) insieme a KnowTrack, acceleratore di idee e di impresa, che si pone come obiettivo quello di stimolare gli studenti all’imprenditorialità. STARTUP Experience(s) è il titolo del ciclo di seminari che vede nel proprio comitato organizzativo il prof. Claudio Porzio, la prof.ssa Adele Parmentola e il dott. Dario Salerno e che si è prefi sso lo scopo di rispondere ad alcune frequenti domande a proposito delle realtà di Startup, su come nasce un’idea innovativa, cosa serve per portarla avanti e che tipo di diffi coltà si incontrano lungo il percorso. Il prof. Porzio, Direttore del Disaq, ricorda insieme agli ospiti la loro partecipazione ad un altro incontro come quello tenutosi lo scorso 27 novembre, in modalità online: “vi ho conosciuti qualche anno fa di persona presso la nostra sede. Oggi capiremo come sono cresciuti Paolo e Claudia in questi anni e come l’idea imprenditoriale sia fatta anche di intuito e irrazionalità”. Paolo è laureato in Giurisprudenza, possiede l’abilitazione alla professione di avvocato, ma la passione lo ha spinto verso il mondo della comunicazione prima e dell’imprenditoria poi: “erano gli anni del successo delle catene delle patatinerie, l’idea dell’attività mono-prodotto era già nell’aria. Ho preso ispirazione dalle serate toast che facevamo spesso a casa con mamma e papà. Ho iniziato ad indagare, a prendere informazioni e solo in Giappone c’era qualcosa di questo tipo; nessuno pensava ad un locale di solo toast. Era un’idea un po’ folle, rischiosa e ci sono stati diversi momenti di crisi. Ma per fortuna abbiamo continuato, nonostante chi ci sconsigliava di intraprendere un’attività del genere, e nel 2014 abbiamo aperto il primo locale nella nostra zona, al Vomero. Il nome è un omaggio proprio alla nostra testardaggine”. Il successo dell’attività è stato immediato, con lunghe fi le di persone ad aspettare di ordinare il proprio maxi toast. Come sottolineato dal dott. Salerno, inizialmente la gente era forse più colpita dal nome che dal prodotto in sé. “Il naming nella costruzione di un brand è sempre molto importante – racconta Paolo – e in effetti si è rivelato davvero indovinato. È un nome che prima a Napoli e poi in tutta Italia ha sempre suscitato interesse e curiosità” e di fatto è stato una parte importante della più generale costruzione di un legame tra il produttore e il consumatore. L’idea della “testa dura” ha fatto leva su una caratteristica in cui molti clienti hanno semplicemente voluto immedesimarsi. Claudia, invece, è una laureata dell’Università Parthenope, in Marketing per le Imprese Turistiche. Anche lei negli anni post università ha però sviluppato una passione per il mondo della comunicazione, e dell’organizzazione eventi in particolare, settore in cui si è poi specializzata, ma, come lei stessa ricorda, “gli studi in economia ti abituano ad un approccio all’analisi e alle problematiche che ho poi ritrovato in tutti gli aspetti dell’attività che adesso conduciamo”. Ogni esperienza, formativa e professionale, diventa parte fondamentale delle proprie capacità. Ma come è possibile attirare sin da subito tanta attenzione su un’attività, come è successo per Capatoast? Claudia risponde: “eravamo consapevoli che la percezione iniziale del brand dovesse essere assolutamente perfetta e pronta in ogni dettaglio. Siamo passati nel breve tempo dal dover valutare bene quanti toast poter fare per non andare in perdita, ad aver inaugurato, sei anni dopo, il 36esimo punto vendita in tutta Italia”. Il segreto, quindi, è nel costruire un’identità tanto forte da essere riconoscibile ovunque. Il motto di Capatoast, non a caso, è la frase “non abbiamo inventato il toast, lo abbiamo reso straordinario”, perché in fondo il successo nell’imprenditoria sta proprio in questo: trovare un’idea semplice ma geniale. Caratteristica vincente di Capatoast è stato puntare sin da subito sulla qualità delle materie prime e nell’artigianalità, che rendono il gusto dei propri toast unico nel suo genere. Dice Claudia: “la nostra è stata una scelta per distinguerci dal resto del mercato del fast food, proponendo un pasto veloce ma mantenendone la qualità”. Gli studenti sono stati curiosi di conoscere anche gli aspetti più strettamente economico-imprenditoriali della realtà dei fratelli Castaldo, con domande a cui Paolo e Claudia hanno risposto nel modo più esaustivo. Ad esempio, con quali risorse ha avuto avvio il progetto? “Abbiamo iniziato con risorse personali – spiega Paolo – Siamo arrivati ad un certo punto ad aver capito che da soli non potevamo andare avanti, perché servivano competenze e forza lavoro. Eravamo corteggiati da diverse società, ma il nostro primo socio alla fine è stato un privato, una persona con molta esperienza nell’imprenditoria. Lui è diventato il CEO della nostra società. Poi nel 2018 abbiamo avuto un altro ingresso, di una società veneta che ha investito capitali nello sviluppo della nostra attività”. Oggi Capatoast è un franchising di successo, che inizia ad attirare un crescente interesse tra chi è vicino ai fondi di investimento, i quali rappresentano il gradino per una crescita ancora maggiore e l’abbandono della denominazione di startup. Un altro elemento che ha contribuito al successo della catena di Capatoast è l’uniformità del prodotto perché, come spiega Claudia agli studenti, “l’idea nella costruzione del brand è di rassicurare il cliente di ritrovare lo stesso format e la stessa qualità da Milano a Napoli”. Scegliere di aprire un punto vendita Capatost significa optare per un servizio “chiavi in mano”, come viene defi nito da Paolo, con un sistema di gestione centralizzato e seguito da figure specifiche dell’amministrazione che si occupano di controllare le ordinazioni dei prodotti e la rendita dei singoli punti vendita. In questa politica di centralizzazione rientra anche la gestione delle pagine social di Capatoast, importanti strumenti per il rafforzamento della propria identità tra i consumatori attraverso le immagini dei succulenti toast in menu e frasi motivazionali di chi, come questi giovanissimi imprenditori, non smette di sognare nonostante le diffi coltà. Come sottolineato dagli studenti, spesso le attività mono-prodotto rischiano di subire un improvviso crollo quando cala la richiesta, e un esempio di questo sono state proprio le patatinerie. C’è lo stesso pericolo anche nel caso della toasteria? “La differenza – specifi ca Claudia – sta anche nel prodotto in sé. Il toast può essere consumato anche più volte a settimana, a differenza di un prodotto come le patatine fritte che invece attira solo clienti saltuari, mai fi ssi, perché è un prodotto che non rientra nelle buone abitudini di alimentazione” e, continua Paolo spiegando un altro degli obiettivi del progetto, “noi vogliamo conquistare la fi ducia del cliente nell’ottica della qualità e della sicurezza del prodotto, convincendolo a venire a mangiare da noi tutti i giorni, magari scegliendo ricette sempre nuove”. Come sottolinea Paolo a questo proposito: “bisogna sempre rimanere al passo con le richieste dei clienti. Abbiamo visto che la gente chiedeva anche le patatine e le insalate e le abbiamo inserite in menu. Se si vuole essere longevi non si può che adeguarsi al mercato, anche modifi candosi continuamente”. Il 2020 è stato un anno di cambiamenti e trasformazioni anche nel mondo della ristorazione. Avere convenzioni con le società di delivery oggi è tanto necessario quanto problematico, come sottolinea Paolo, “questo perché a fronte del servizio che offrono, ci sono percentuali molto alte che rendono talvolta difficile per il ristoratore rientrare nei costi”. Un percorso in piena crescita, quello dei giovani Castaldo, che diventano per gli studenti modello a cui fare riferimento non solo per l’aspetto imprenditoriale ma anche per quando, in qualche giornata no, si potrebbe pensare di mettere da parte i propri sogni. Consiglio: in quei momenti ripetere per tre volte ad alta voce quanto si è una “capa to(a)st”.
Agnese Salemi
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