Cultura è un termine che ritorna nelle denominazioni dei Corsi di laurea proposti dalla Facoltà di Lettere del Suor Orsola Benincasa: Conservazione dei Beni culturali, Turismo per i Beni culturali, Lingue e Culture moderne. Anche Diagnostica e Restauro, il corso professionalizzante rivolto a chi vuole diventare restauratore, rimanda all’idea di una cultura da conservare materialmente, fisicamente. Chi dunque vuole prepararsi a custodire i patrimoni culturali di cui, soprattutto nella nostra regione, siamo ricchi, o chi attraverso lo studio intende accostarsi alle culture di altri popoli europei, nella Facoltà di Lettere orsolina troverà quel che cerca. Abbiamo chiesto al prof. Edoardo D’Angelo, docente di Letteratura latina e delegato di Facoltà all’orientamento, di farci conoscere più da vicino i singoli Corsi. Non prima di aver risposto a una domanda: perché preferire la Facoltà di Lettere del Suor Orsola alle altre Facoltà di Lettere presenti sul territorio? “La ragione più importante è che la nostra è una Facoltà a misura d’uomo. Abbiamo decine o centinaia di studenti, non migliaia. Questo fa sì che il rapporto con i docenti sia molto equilibrato e che i servizi possano funzionare nel modo migliore. Abbiamo una sede molto bella nel centro di Napoli, in una buona posizione logistica. E poi c’è una ragione di tipo tecnico-didattico: la nostra filosofia è quella di collegare strettamente la didattica con il mondo del lavoro. Le convenzioni per stage e tirocini sono molto sviluppate. Per chi studia Archeologia ci sono numerosi cantieri di scavo che nessun altro ateneo ha a disposizione. E la teoria è unita alla pratica grazie anche al fatto che lo stesso Suor Orsola possiede tesori artistici su cui gli studenti possono senz’altro lavorare”. Chi è il vostro studente tipo? “Lo studente che vuole lavorare in serenità. Riteniamo che da noi ciò sia realizzabile dal punto di vista mentale, fisico e psicologico. Qui si respira un’atmosfera molto tranquilla, tutti si conoscono e possono interagire tra di loro, diversamente da quanto accade nelle grandi università, che sono un po’ spersonalizzate”. Parliamo del vostro Corso forse più famoso, Conservazione dei Beni culturali. “Fu uno dei primi tre sorti in Italia, nel 1990, e il primo nel Meridione. Inizialmente avemmo un’affluenza di iscritti quasi eccessiva, poi l’attivazione di altri corsi analoghi sul territorio campano ha ridimensionato le richieste. Una cosa che non ci dispiace perché i piccoli numeri sono un punto di forza della nostra Facoltà, la rendono più vivibile. Oggi si immatricolano circa 200 studenti l’anno”. Perché questo Corso ha attirato tanto i giovani? “All’inizio degli anni ’90 c’era la grande speranza che i beni culturali diventassero un settore di investimento da parte sia del pubblico che del privato. Poi le cose sono andate diversamente”. Dunque, Conservazione dei beni culturali continua ad essere piuttosto gettonato nonostante quella speranza sia rimasta delusa. Come se lo spiega? “Rimane il fascino dell’umanesimo, della cultura storica, dello studio del passato. E’ bello studiare queste cose, la spiegazione sta qui. Chi sceglie un percorso del genere lo fa per passione e dimostra grande attenzione alla propria personalità”.
Gli sbocchi occupazionali. “Possono insegnare e lavorare per il Ministero dei beni culturali nelle sovrintendenze, nelle biblioteche, nei musei. Possono lavorare per enti privati che si occupano di conservazione e restauro del patrimonio artistico. Inoltre credo che questi laureati abbiano acquisito un’apertura mentale tale da consentire loro di spendersi anche in altri campi. Un po’ come a volte succede per i laureati in Filosofia, che si possono incontrare perfino nelle multinazionali a rivestire i panni dei manager”. Turismo per i Beni culturali ha sede a Pomigliano d’Arco. Che tipo di Corso è? “Professionalizzante. E’ molto utile per chi vuole inserirsi nell’ambito turistico, sia come guida che come coordinatore di attività relative al turismo. Ha aspetti umanistici e storico-artistici, ma anche una buona componente di carattere manageriale. Ogni anno abbiamo all’incirca un’ottantina di iscritti”.
Gli sbocchi occupazionali. “Possono insegnare e lavorare per il Ministero dei beni culturali nelle sovrintendenze, nelle biblioteche, nei musei. Possono lavorare per enti privati che si occupano di conservazione e restauro del patrimonio artistico. Inoltre credo che questi laureati abbiano acquisito un’apertura mentale tale da consentire loro di spendersi anche in altri campi. Un po’ come a volte succede per i laureati in Filosofia, che si possono incontrare perfino nelle multinazionali a rivestire i panni dei manager”. Turismo per i Beni culturali ha sede a Pomigliano d’Arco. Che tipo di Corso è? “Professionalizzante. E’ molto utile per chi vuole inserirsi nell’ambito turistico, sia come guida che come coordinatore di attività relative al turismo. Ha aspetti umanistici e storico-artistici, ma anche una buona componente di carattere manageriale. Ogni anno abbiamo all’incirca un’ottantina di iscritti”.
Due lingue straniere
Veniamo a Lingue e Culture moderne, dove è possibile studiare diverse lingue europee: Inglese, Francese, Spagnolo, Tedesco, Russo e Portoghese. Quali sono le sue peculiarità? “Negli ultimi anni abbiamo avuto molti studenti che hanno fatto il passaggio dall’Orientale. Il discorso è sempre lo stesso, siccome da noi non c’è affollamento, la didattica è particolarmente efficace. I docenti sono bravi, e i ragazzi restano soddisfatti perché al termine del corso conoscono bene due lingue. La Facoltà ha puntato sulla qualità del Corso, con molte conferenze extracurricolari di altissimo livello scientifico”. E poi c’è quel “Culture moderne” nella denominazione che significherà qualcosa. “Esatto. Si insiste sull’aspetto culturale e non soltanto su quello tecnico della formazione linguistica. Conoscere una lingua straniera significa comprenderne la cultura di riferimento. Per questo spingiamo sull’Erasmus, che funziona bene”. Dulcis in fundo, l’unico Corso di laurea a numero chiuso, Diagnostica e Restauro. Parliamone. “E’ un corso particolare: ha una retta da milionari, circa 6.000 euro l’anno. Però dopo consente di lavorare. Il restauro ligneo, il restauro degli argenti hanno un mercato. Chi di noi non ha un mobile da restaurare a casa? Naturalmente, i restauratori possono condurre lavori appaltati dalle sovrintendenze”. I posti disponibili sono 80. Riuscite a coprirli tutti? “No, ci manteniamo sulla trentina. Non dipende solo dalla spesa che si deve sostenere per frequentare il corso, ma anche dal fatto che si tratta di un percorso professionalizzante, rivolto a persone che vogliono fare proprio quello. Alcuni, ad esempio, hanno già alle spalle una tradizione di famiglia”. Perché tasse così elevate? “Il corso ha carattere prevalentemente tecnico. E i laboratori costano. Spendiamo quasi 50mila euro l’anno solo per il laboratorio del legno. Proporre un corso di restauro senza laboratori sarebbe una presa in giro”.
(Sa.Pe.)
(Sa.Pe.)