Dalla tesi alla prova finale: cambiano le procedure per la Laurea Triennale

1° dicembre. Avviso ufficiale del Polo Didattico. A partire dalla sessione estiva (giugno – luglio 2017) entrerà in vigore una nuova procedura per il conseguimento della Laurea Triennale. Il cambiamento, che riguarda tutti i Corsi di Laurea afferenti ai tre Dipartimenti, determinerà il passaggio dall’attuale ‘tesi’ di laurea a una ‘prova finale’. Prova
che consisterà in una discussione orale, eventualmente corredata da un breve elaborato scritto (massimo 30.000 – 40.000 battute), dinanzi a una Commissione composta da almeno due membri. I candidati, in accordo con i rispettivi relatori, potranno discutere una parte della prova nella lingua straniera da loro prescelta per i Corsi di Studio che lo prevedono. Per gli studenti che si sono immatricolati dal 2015 in poi, le Commissioni d’esame potranno attribuire alla prova finale il punteggio massimo di 4 punti con un bonus di 2 se lo studente si laurea in corso. Per i laureandi appartenenti agli anni accademici precedenti, invece, le Commissioni potranno assegnare alla prova finale il punteggio massimo di 6 punti (oltre al bonus di 2 per gli studenti in corso). In questa fase transitoria, coloro che volessero accedere sin d’ora alla prova finale secondo la nuova modalità potranno concordarlo d’intesa con il proprio relatore. In tal caso, muterà unicamente il contenuto della tesi e resteranno
invariate tutte le altre modalità amministrative e didattiche. Da precisare ancora nel dettaglio la prassi operativa di gestione della nuova prova. Tergiversano nell’incognita, tuttavia, parecchi dubbi dalla parte studentesca.
“Si velocizzano i tempi”
“Muterà sostanzialmente la parte ‘materiale’ della tesi, perché le dimensioni dell’elaborato saranno ridotte. Immutato il colloquio, con una presentazione iniziale in italiano abbastanza sintetica e successive domande in lingua”, conferma Tonia, laureanda di dicembre, più ferrata sull’argomento. Ci sono, infatti, già diversi studenti che hanno preferito alla modalità classica adottare fin da subito il metodo sperimentale in vista delle prossime sedute di laurea. “Si velocizzano i tempi. Onestamente, era ora che si snellisse il procedimento. Nelle Università di tutta Italia, compresa la Federico II, questo metodo è già in vigore da moltissimi anni. I mesi concentrati sulla redazione di una tesi volano via tra ricerche e indagini impedendo una prosecuzione immediata degli studi. Peccato, però, che io mi sia laureata a ottobre scorso!”, afferma con sarcasmo Simona Ascione. Vento di cambiamento a L’Orientale, ma ancora moltissime le perplessità. “Quanto tempo passa tra la prova finale e la proclamazione?”, chiede Valentina Neri in segreteria senza ricevere risposta. “Finalmente notizie concrete! Non sapevamo prima d’ora neanche quanti sarebbero stati i punti assegnati dalla Commissione”, continua Angela Salvio guardando il lato positivo. Dalla provenienza più disparata le voci di corridoio che nell’ultimo periodo giravano indisturbate negli spazi universitari. “Sembrava il gioco del Monopoli. Chi diceva 4+2 per i vecchi iscritti, chi sosteneva il 6+2. Insomma, mai che si sapesse qualcosa di preciso. Il solito ping-pong tra la Segreteria e il Polo, ma discordanza assoluta tra le indicazioni”, riferisce Anna Nocerino. In un mare di informazioni fuorvianti e scarsamente attendibili,
“abbiamo creduto che affidarci solo alle parole dei nostri relatori fosse la strada più giusta, ma anche lì in fase di confronto tra noi studenti le notizie divergevano. Tutto il panico ruotava intorno a una solo frase: se fai la tesi sperimentale, ti possono pure bocciare”, riporta Antonella Malpede.
I punti
La questione dei punti da destinare ai laureandi resta la spina nel fianco. “Non possiamo mettere mano alla calcolatrice per conoscere anticipatamente il nostro voto di laurea. Non è mica il superenalotto. Anche se il massimo restasse 8, come d’altronde è sempre stato, i punti sono stabiliti in via discrezionale dalla Commissione. E i docenti possono anche scegliere di non darne neanche uno”, commenta Valentina. Anche la collega Maria Zollo insiste sulla faccenda del punteggio: “Era ciò che ci premeva maggiormente capire. Conosco gente che prepara la tesi persino in 8 mesi e non pochi giorni prima della laurea. In altri Atenei viene assegnato anche un massimo di 10 punti, sarebbe stato inaccettabile se noi avessimo dovuto accontentarci di 6. È necessario un criterio per giudicare diversamente l’impegno di chi ha preparato un lavoro più complesso da coloro che hanno
scelto il metodo rapido”. Gli iscritti al secondo anno sono i più entusiastidella novità sopraggiunta. “Una risposta a un disagio che dura da anni – ritiene Giulia Castaldi – ossia la sproporzione enorme tra chi dovrebbe seguire le tesi e il numero di studenti che dovrebbero essere seguiti. A volte passavano mesi prima che gli studenti trovassero un relatore rischiando di doversi riscrivere e pagare nuovamente le tasse”. Da un lato, studenti che esultano per la modalità semplificata, altri che aspettano le prossime sedute di laurea per vedere cosa accadrà concretamente o che addirittura posticipano la prova nei mesi successivi a modalità già rodata. “Ormai quelle che erano dicerie nel tempo di lezione sono diventate legge fondata. Ma molti ancora i vuoti e i quesiti inevasi: ad esempio, le domande in lingua. Se gli iscritti a Archeologia possono tranquillamente evitarle, per noi di Scienze Politiche come funziona? Come al solito, poca chiarezza da parte dell’Ateneo”, afferma Aldo Oliviero. In ogni caso, i colleghi cercano di farsi forza tra di loro. “Molti stanno creando un caos infondato. È inutile agitarsi prima del tempo. È semplice: la tesi si riduce a una breve relazione espositiva su un argomento specifico che viene concordato con il proprio relatore. Stop. Il mio infatti ha detto che per lui non cambia nulla, se non il numero delle pagine da correggere”, riprende Tonia. Da febbraio, tuttavia, i docenti non accetteranno più tesisti con vecchia modalità. “Trattandosi di una prova finale più immediata di quella tradizionale, i punti sono diminuiti. Quindi, per avere il massimo dei voti non è più sufficiente neppure la media del 28. Ma quest’esame specializzato non potevano introdurlo solo per coloro che si sono immatricolati quest’anno?”, un’altra comune rimostranza dei laureandi.
Le file e i dubbi
Intanto, verso la fine del mese di novembre, sono cominciate lunghe file di studenti al Polo Didattico in cerca di ragguagli sul da farsi. “Siamo qui per mettere fine alla confusione che regna sovrana. Vorremmo sapere per prima cosa se l’elaborato scritto vada consegnato o meno al docente. E soprattutto come verrà discusso? In forma privata o pubblica?”, domanda Ilaria. Tonia azzarda una risposta: “Fino a maggio, per chi sceglie la nuova modalità, il tutto avverrà in una normale seduta di laurea, da luglio invece si svolgerà come un esame con un relatore e un secondo docente. Subito dopo si è già laureati, ma la proclamazione avverrà dopo diversi mesi con la consegna della pergamena”. S’accende nuovamente il dibattito tra i laureandi in coda. “Come è possibile che si
dovrà attendere molto tempo per la proclamazione? E come si fa se a settembre dovessi iscrivermi a un Corso di Laurea Magistrale presso un altro Ateneo?”. Ancora nessun dato certo in proposito. “Una tesi tradizionale non si prepara in due settimane, richiede un bel lavoro di approfondimento e analisi. Io la sto scrivendo già da adesso per la mia ipotetica laurea a marzo. Se non riuscissi a superare gli esami scritti a gennaio, la laurea slitterebbe a giugno. In quel caso, dovrei rifare una tesi ex novo o comprimere tutto?”, il dubbio amletico di Lisa. Per il momento,
gli studenti con le idee un po’ meno chiare in merito al metodo da preferire permangono nell’indecisione e lasciano in sospeso giudizi affrettati. “Aspettiamo l’anno nuovo e stiamo a vedere. Tesi o non tesi: questo il dilemma!”, conclude
la studentessa.
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