L’Università Federico II, a fine dicembre, ha chiuso il bilancio in rosso con un passivo di 10 milioni di euro: circa 20 miliardi di vecchie lire. Un buco dovuto “a minori finanziamenti ordinari, di fonte ministeriale”. Conseguenza: l’ateneo ha nominato una commissione con lo scopo di realizzare un piano di rientro del deficit. Della commissione fanno parte due professori di Economia: Massimo Marrelli (docente di Scienza delle Finanze) già Preside di facoltà ed ora Presidente del Polo delle Scienze Umane e Sociali, il prof. Riccardo Viganò (docente di Strategia e politica aziendale) e il prof. Gaetano Manfredi, ordinario di Tecnica della Costruzioni ad Ingegneria ed astro in ascesa del Federico II. Qualche domanda al prof. Manfredi, 43 anni, uno dei giovani scienziati di primo piano della Facoltà di Ingegneria (neo Presidente del Consorzio Universitario Re-Luiss, la Rete di Laboratori Universitari Italiani di Ingegneria Sismica), dal primo gennaio Direttore del super dipartimento di Ingegneria delle Strutture, consulente del Ministro Nicolais (Innovazione e Funzione Pubblica) con delega alla “formazione e competitività legata all’innovazione.”
L’intervista parte da una battuta: professore, oltre al rientro dei cervelli, lei deve ora occuparsi anche del rientro dei capitali, del bilancio? Lui cita un esempio: “al nostro dipartimento (ex Daps, n.d.r.) sono attualmente presenti, in formazione, un ricercatore americano ed una ricercatrice iraniana. Due brillanti studiosi venuti a perfezionarsi ad Ingegneria del Federico II. Ecco, anche queste iniziative producono scambi internazionali, valore aggiunto, attraggono finanziamenti”. Parla già da economista? “Il problema è che anche la scienza deve individuare i modi di procacciarsi i mezzi per andare avanti. Il finanziamento delle Università ha tre voci: l’FFO, cioè il Fondo di Finanziamento ordinario, che rappresenta oltre il 90% e che serve soprattutto a pagare gli stipendi dei docenti e del personale, le tasse degli studenti e i fondi diversi che gli atenei riescono ad attrarre”. Quest’ultima voce rischia di diventare, in pratica, sempre più importante? “Purtroppo sì. Perché il deficit di bilancio dipende, unicamente, dal sottofinanziamento del governo, cioè dalla riduzione dell’FFO, dovuto anche all’immissione, a carico degli atenei, della spesa proveniente dagli aumenti stipendiali, dai costi di energia elettrica, riscaldamento, guardiania e quant’altro di spese primarie”. Ed a quanto ammonterebbe questo deficit? “La misurazione delle dimensioni è anch’essa compito dalla commissione. Non ci sono dati precisi, ma si presuppone un ordine di grandezza intorno ai 10 milioni di euro. Che per un mega ateneo come il Federico II è un deficit ancora contenuto”. Conseguenza del deficit, si parte con i tagli? Risposta cauta: “andiamo con ordine”. Innanzitutto il compito della commissione. “È duplice. Da un lato, nel breve, di verificare e capire se con delle economie è possibile ridurre questo deficit. Più nel lungo periodo, capire se c’è un deficit strutturale e come reperire nuove risorse”. Perché, ribadisce: “la situazione è naturalmente legata soprattutto al sottofinanziamento, ai tagli del governo”. Nel frattempo: “siamo in una fase di ricognizione. Dunque stiamo pensando a dove fare economia, senza tagliare i servizi agli studenti. Che è la linea indicataci dal Rettore”. Fatta la ricognizione? “Avremo le risultanze che riferiremo a Rettore, CdiA e Senato Accademico”. Tempi? “Ci siamo dati tre mesi per la ricognizione”. Intanto partono già delle economie? “Sì. Il blocco delle assunzioni. I concorsi che sono in atto si continueranno a svolgere. Per i vincitori precedenti –ricercatori e docenti- in attesa di assunzione, invece, non avviene la presa di servizio per il 2007”. Servizi agli studenti, borse di ricerca e dottorandi, invece, saranno confermati o decurtati? “Tutti confermati. O incrementati, se i nuovi fondi lo consentiranno. Questa è la linea: non possiamo fermare il futuro dell’ateneo e il nostro sviluppo, anche nell’attrarre studenti”. “Fermo restando che siamo obbligati a fare delle economie. Perché la norma di bilancio obbliga al pareggio”. Altri tagli? “Le iniziative voluttuarie vengono tagliate. Come, ad esempio, il buffet agli incontri de “La Corte di Federico”, soppresso anche se non grava sul bilancio dell’ateneo ma produce utili. Non sono grandi cifre, ma è forte il valore simbolico: in un momento di difficoltà si taglia il superfluo”. Da quanto tempo state lavorando? “Dal 10 gennaio”. Vi farete molti nemici? “No. L’ateneo è la casa comune di tutti. Come nelle famiglie, in un momento di difficoltà, tutti facciamo qualche sacrificio. Ma sapendo che servono per far crescere l’ateneo”. Si dice che si pensa di tagliare le grandi apparecchiature? “Non è esatto. In genere per le grandi attrezzature gli investimenti recenti sono arrivati da Regione (attraverso i Centri di Competenza) e MIUR. E non credo ci possiamo lamentare dei risultati ottenuti, perché abbiamo avuto forti investimenti negli anni passati” “Naturalmente, però, Regione e Ministero debbono continuare a supportarci”. “Di certo è difficile, in questo momento, prevedere investimenti dai fondi del bilancio d’ateneo”. Però nuovi fondi arriveranno, diceva Nicolais sul numero scorso di Ateneapoli, dal Ministero della Ricerca e da quello dell’Innovazione. “È vero. E serviranno anche per i ricercatori”. “Però, – ribadisce – quello che ci manca, oggi, sono i fondi ordinari: per l’elettricità, la guardiania, le manutenzioni, i riscaldamenti, le fotocopiatrici. Per dire, l’Ateneo sta incrementando il numero di aule e le aule informatizzate e questo produce spese aggiuntive di energia elettrica, riscaldamento, uscieri, vigilanza, personale docente e non docente”. Una situazione difficile? “Speriamo in una maggiore attenzione da parte del governo. Poi, in periodi di difficoltà, si aguzza l’ingegno e si chiede l’aiuto da parte di tutti”. Anche evitando qualche spreco, parola che il prof in ascesa non utilizza mai. Ma forse in cuor suo pensa.
L’Ateneo ha anche nominato una Commissione per la verifica dell’efficienza dei Master. Ne fanno parte i Presidi di Medicina (Giovanni Persico), Sociologia (Enrica Amaturo), Scienze (Alberto Di Donato), Ingegneria (Edoardo Cosenza), Giurisprudenza (Michele Scudiero). Compiti: una ricognizione sui master attivati dall’Ateneo, sul loro funzionamento, autosufficienza finanziaria (del resto lo prevede la stessa norma di attivazione: all’equilibrio economico debbono contribuire le tasse dei laureati e le aziende), loro efficacia anche in termini di sbocchi occupazionali. In pratica, si vuole capire quanto questi master servano veramente e quanto siano, invece, una sorta di parcheggio in attesa del lavoro.
Paolo Iannotti
L’intervista parte da una battuta: professore, oltre al rientro dei cervelli, lei deve ora occuparsi anche del rientro dei capitali, del bilancio? Lui cita un esempio: “al nostro dipartimento (ex Daps, n.d.r.) sono attualmente presenti, in formazione, un ricercatore americano ed una ricercatrice iraniana. Due brillanti studiosi venuti a perfezionarsi ad Ingegneria del Federico II. Ecco, anche queste iniziative producono scambi internazionali, valore aggiunto, attraggono finanziamenti”. Parla già da economista? “Il problema è che anche la scienza deve individuare i modi di procacciarsi i mezzi per andare avanti. Il finanziamento delle Università ha tre voci: l’FFO, cioè il Fondo di Finanziamento ordinario, che rappresenta oltre il 90% e che serve soprattutto a pagare gli stipendi dei docenti e del personale, le tasse degli studenti e i fondi diversi che gli atenei riescono ad attrarre”. Quest’ultima voce rischia di diventare, in pratica, sempre più importante? “Purtroppo sì. Perché il deficit di bilancio dipende, unicamente, dal sottofinanziamento del governo, cioè dalla riduzione dell’FFO, dovuto anche all’immissione, a carico degli atenei, della spesa proveniente dagli aumenti stipendiali, dai costi di energia elettrica, riscaldamento, guardiania e quant’altro di spese primarie”. Ed a quanto ammonterebbe questo deficit? “La misurazione delle dimensioni è anch’essa compito dalla commissione. Non ci sono dati precisi, ma si presuppone un ordine di grandezza intorno ai 10 milioni di euro. Che per un mega ateneo come il Federico II è un deficit ancora contenuto”. Conseguenza del deficit, si parte con i tagli? Risposta cauta: “andiamo con ordine”. Innanzitutto il compito della commissione. “È duplice. Da un lato, nel breve, di verificare e capire se con delle economie è possibile ridurre questo deficit. Più nel lungo periodo, capire se c’è un deficit strutturale e come reperire nuove risorse”. Perché, ribadisce: “la situazione è naturalmente legata soprattutto al sottofinanziamento, ai tagli del governo”. Nel frattempo: “siamo in una fase di ricognizione. Dunque stiamo pensando a dove fare economia, senza tagliare i servizi agli studenti. Che è la linea indicataci dal Rettore”. Fatta la ricognizione? “Avremo le risultanze che riferiremo a Rettore, CdiA e Senato Accademico”. Tempi? “Ci siamo dati tre mesi per la ricognizione”. Intanto partono già delle economie? “Sì. Il blocco delle assunzioni. I concorsi che sono in atto si continueranno a svolgere. Per i vincitori precedenti –ricercatori e docenti- in attesa di assunzione, invece, non avviene la presa di servizio per il 2007”. Servizi agli studenti, borse di ricerca e dottorandi, invece, saranno confermati o decurtati? “Tutti confermati. O incrementati, se i nuovi fondi lo consentiranno. Questa è la linea: non possiamo fermare il futuro dell’ateneo e il nostro sviluppo, anche nell’attrarre studenti”. “Fermo restando che siamo obbligati a fare delle economie. Perché la norma di bilancio obbliga al pareggio”. Altri tagli? “Le iniziative voluttuarie vengono tagliate. Come, ad esempio, il buffet agli incontri de “La Corte di Federico”, soppresso anche se non grava sul bilancio dell’ateneo ma produce utili. Non sono grandi cifre, ma è forte il valore simbolico: in un momento di difficoltà si taglia il superfluo”. Da quanto tempo state lavorando? “Dal 10 gennaio”. Vi farete molti nemici? “No. L’ateneo è la casa comune di tutti. Come nelle famiglie, in un momento di difficoltà, tutti facciamo qualche sacrificio. Ma sapendo che servono per far crescere l’ateneo”. Si dice che si pensa di tagliare le grandi apparecchiature? “Non è esatto. In genere per le grandi attrezzature gli investimenti recenti sono arrivati da Regione (attraverso i Centri di Competenza) e MIUR. E non credo ci possiamo lamentare dei risultati ottenuti, perché abbiamo avuto forti investimenti negli anni passati” “Naturalmente, però, Regione e Ministero debbono continuare a supportarci”. “Di certo è difficile, in questo momento, prevedere investimenti dai fondi del bilancio d’ateneo”. Però nuovi fondi arriveranno, diceva Nicolais sul numero scorso di Ateneapoli, dal Ministero della Ricerca e da quello dell’Innovazione. “È vero. E serviranno anche per i ricercatori”. “Però, – ribadisce – quello che ci manca, oggi, sono i fondi ordinari: per l’elettricità, la guardiania, le manutenzioni, i riscaldamenti, le fotocopiatrici. Per dire, l’Ateneo sta incrementando il numero di aule e le aule informatizzate e questo produce spese aggiuntive di energia elettrica, riscaldamento, uscieri, vigilanza, personale docente e non docente”. Una situazione difficile? “Speriamo in una maggiore attenzione da parte del governo. Poi, in periodi di difficoltà, si aguzza l’ingegno e si chiede l’aiuto da parte di tutti”. Anche evitando qualche spreco, parola che il prof in ascesa non utilizza mai. Ma forse in cuor suo pensa.
L’Ateneo ha anche nominato una Commissione per la verifica dell’efficienza dei Master. Ne fanno parte i Presidi di Medicina (Giovanni Persico), Sociologia (Enrica Amaturo), Scienze (Alberto Di Donato), Ingegneria (Edoardo Cosenza), Giurisprudenza (Michele Scudiero). Compiti: una ricognizione sui master attivati dall’Ateneo, sul loro funzionamento, autosufficienza finanziaria (del resto lo prevede la stessa norma di attivazione: all’equilibrio economico debbono contribuire le tasse dei laureati e le aziende), loro efficacia anche in termini di sbocchi occupazionali. In pratica, si vuole capire quanto questi master servano veramente e quanto siano, invece, una sorta di parcheggio in attesa del lavoro.
Paolo Iannotti