Disegno Industriale, il j’accuse degli studenti

Alcuni la chiamano Scuola, altri dicono di aver sbagliato nella scelta e c’è chi  non sa collocarsi all’interno del mercato del lavoro. Sono le considerazioni di studenti e laureati del Corso di Laurea in Disegno industriale, forse sfiduciati dalle prospettive occupazionali e ignari delle opportunità che può loro offrire l’Università. Molti studenti non conoscono neanche la differenza che passa tra una Scuola di design e un Corso di Laurea in Disegno industriale. 
Grafica, i programmi
non vengono
spiegati
“Quando mi sono iscritto, credevo che avrei studiato per lo più architettura d’interni e invece non è stato così. Si dà molto spazio alla grafica con vari esami inerenti alla progettazione 3D, anche se poi i programmi di grafica non vengono spiegati”, apprendiamo da una studentessa che ha già chiaro il suo percorso post-lauream: “dopo quella in Disegno industriale, conseguirò una seconda laurea in Architettura, sempre presso la Seconda Università, perché mi sento incompleta. Certo è che, se potessi tornare indietro, mi iscriverei direttamente ad Architettura”. Le chiediamo di motivare questa decisione e ci sentiamo rispondere che “il designer non è una figura riconosciuta, al contrario dell’architetto. I laureati in Disegno industriale non possono iscriversi a nessun Albo professionale, perché non ne esiste uno e non possono firmare progetti”. 
Ma facciamo un passo indietro per ritornare ad esami, insegnamenti e difficoltà in cui incappano gli studenti e ci sentiamo ripetere: “Personalmente, mi sono iscritto a Disegno industriale perché ho una grande passione per la grafica – afferma un laureato triennale – e, in effetti, usiamo parecchi programmi di grafica, da Photoshop a Flash a 3D, ma non ci sono mai stati spiegati dai docenti, a parte Flash, i professori non ci hanno proprio insegnato ad usarli. Molte persone si laureano senza saperli utilizzare”. Troviamo conferma anche in un altro studente che dice: “seppure sia importante saper utilizzare i programmi di grafica, io ho imparato da solo in quanto, durante le lezioni, non viene spiegato. Ci vorrebbero corsi specifici per l’insegnamento dei software. Bisogna essere caparbi e studiare da autodidatta…”. 
La macchina
prototipatrice“non è mai stata utilizzata”
Sempre dalle parole degli studenti, veniamo a sapere di un’aula informatica dove “funzionano solo tre o quattro computer, gli altri sono lentissimi”.  Diversi ragazzi, poi, parlano di progetti campati in aria e laboratori inesistenti. “I nostri progetti restano su carta, nulla va in produzione – affermano – non li vediamo mai realizzati, quando invece la realizzazione sarebbe una fase fondamentale del lavoro”. Ma a quanto pare, “non si realizzano, perché non ci sono laboratori. Piuttosto, c’è una macchina prototipatrice che non è mai stata utilizzata, perché, stando a voci di corridoio, l’uso costa molto. C’è bisogno di acquistare blocchi di gesso per far funzionare il macchinario, ma costano troppo. Dunque, si fa solo teoria”.
Una nota positiva: la docenza. “La maggioranza dei professori è disponibile e preparata”. “I docenti sono preparati e si crea un rapporto positivo – afferma Francesco, al primo anno della Specialistica in Disegno industriale per il progetto e la gestione di prodotti e servizi – ma talvolta i programmi sono piatti e poco stimolanti”. 
Al Corso di Laurea Triennale, è obbligatorio svolgere un tirocinio presso aziende o studi che, solitamente, rappresenta uno dei primi approcci al mondo del lavoro da parte dello studente. La gran parte dei laureandi diventa tirocinante presso studi di architetti. Di seguito la testimonianza di un ragazzo, il cui obiettivo non era collaborare con un architetto. “Avevo scelto di svolgere il mio periodo di tirocinio presso un’azienda napoletana di costruzioni navali. La mia idea era progettare l’oggettistica per le imbarcazioni e, invece, una volta entrato in azienda, mi hanno fatto capire che il mio compito sarebbe stato fare rilievi. In parole povere, prendere misure e creare uno schedario. Mi hanno chiaramente detto che non avrei mai fatto progettazione, in quanto, per questa fase, si fornivano presso uno studio esterno, di Milano. A quel punto, ho rifiutato di fare rilievi e, come gran parte dei miei colleghi, sono andato presso uno studio di architetto, dove ho avuto l’opportunità di progettare spazi interni (letti, mobili, sedie, etc.) per diversi clienti”. 
Manca l’Albo
professionale
Molti dubbi e lamentele, poi, sull’inesistenza di un Albo per i dottori in Disegno industriale. “Non esiste un Albo. E se un geometra può firmare un progetto di ristrutturazione, il designer non può farlo, deve solo collaborare – spiega un laureato in Disegno industriale, attualmente studente di Architettura – Il Disegno industriale è un settore specifico e poco sviluppato e la preparazione che riceviamo dal Corso di Laurea è più che sufficiente per quanto riguarda l’organizzazione di un progetto, ma non adeguata relativamente agli aspetti tecnici. Per questo, ho deciso di iscrivermi ad Architettura, sempre presso la Seconda Università, in modo da avere una laurea più completa”. La questione dell’Albo infervora un po’ tutti. “Non capisco perché i designer non abbiano un albo, è come non essere riconosciuti, – tuona un laureando che sta pensando di avviare un’attività da libero professionista– forse la gente comune non sa neanche chi è un designer e quali sono le sue competenze…”. “Nonostante l’architetto abbia la necessità di lavorare a stretto contatto col designer, quest’ultimo non è comunque una figura professionalmente riconosciuta”. 
Dopo la laurea 
si iscrivono ad
Architettura
Valeria Perrotta è una giovane studentessa, la cui storia riassume, in linea di massima, ciò che è stato detto dagli altri studenti. “Sono laureata in Disegno industriale da due anni, ma non sono riuscita a trovare uno sbocco professionale come designer se non a Milano. – racconta – Mi avevano offerto uno stipendio da 900 euro mensili, ma, visto che per un monolocale me ne chiedevano 800, sono dovuta ritornare in Campania, dove non ho trovato davvero nulla. Col tempo e dopo vari colloqui, mi sono resa conto di avere una preparazione insufficiente visto che, al Corso di Laurea in Disegno industriale, non sono previsti esami, quali Statica, che aiutano a capire come, per esempio, un lampadario progettato possa essere appeso. Per questo, penso di aver fatto progetti campati in aria. L’unica volta in cui ho sperimentato la progettazione è stato durante i tre mesi di tirocinio che ho scelto di svolgere presso un’azienda romana dove, lavorando otto ore al giorno, ho avuto modo di progettare stand fieristici. I dottori in Disegno industriale, inoltre, non possono firmare progetti. Da ciò è scaturita la necessità e il bisogno di iscrivermi al Corso di Laurea in Architettura, per avere un titolo, una laurea completa. A mio avviso, Disegno industriale si veste da Facoltà ma, in realtà, è una Scuola”. 
I pro: il Corso 
“prevede molta 
pratica”
E’ bene sottolineare che le opinioni negative non valgono per la totalità del corpo studentesco. “E’ un Corso di Laurea che mi piace molto – afferma Francesco, prossimo alla laurea – e l’ho scelto perché unisce due mie grandi passioni: la progettazione e la nautica. Dopo aver conseguito la laurea, cercherò lavoro presso aziende che si occupano della costruzione di imbarcazioni alla ricerca di designer”. Riguardo la preparazione ricevuta, anche Gennaro Luongo, rappresentante degli studenti e al terzo anno di Disegno industriale, è su posizioni che attutiscono le critiche. “Sono prossimo alla laurea – afferma Gennaro, originario di Succivo – e penso di avere avuto una giusta preparazione, dato che, a Marcianise, ho avuto modo di studiare tutti i campi del Design: la grafica, l’allestimento d’interni (dalle case alle imbarcazioni), il prodotto (dal cucchiaino alla macchina). Certo è che non tutti i prototipi vengono realizzati e che la macchina prototipatrice non viene utilizzata, ma è pur vero che, a mio avviso, non tutti gli studenti, e ne siamo circa trecento, possono vedere realizzati i propri prototipi”. Gennaro si dice soddisfatto del Corso di Laurea che ha scelto. “Nonostante non vengano realizzati tutti i progetti, il Corso prevede molta pratica che va dalla progettazione alla modellazione. Abbiamo avuto modo di partecipare ad eventi a Milano, siamo stati ai muse Plart e al Madre di Napoli. Quando si organizzano visite o eventi, tutti gli studenti vengono avvisati tramite mail dalla Presidenza o dagli stessi docenti”. E per il post-lauream? “Il fatto che non esista un Albo è una seccatura, in ogni caso penso che la figura del designer, vista la sua utilità, sarà sempre più valutata”.
Maddalena Esposito
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