Dottore di ricerca, “poco più che un titolo culturale”

Ridare valore al proprio titolo di studi, bistrattato in Italia, ancor più dopo la Riforma Gelmini, è l’obiettivo di “Dignità4PhD”, un insieme di oltre 400 Dottori di Ricerca riunitisi da tutta Italia, in pochissimi giorni, in un gruppo facebook. “Il Dottorato di Ricerca rappresenta il più alto grado di istruzione previsto nell’ordinamento accademico italiano. È un dato noto a tutti. Meno nota, forse, è la scarsa spendibilità di questo titolo conseguito a costo di sacrifici e rinunce. Non tutti sanno che, diversamente da quanto accade in Europa e nel mondo, questo è poco più che un titolo culturale e a nulla vale”, sottolinea Antonio de Lucia, promotore del gruppo e dottore di Ricerca in Economia alla Parthenope. Goccia che ha fatto traboccare il vaso e attivare la mobilitazione di massa è stata il “Concorsone” per l’insegnamento bandito nel 2016: “dove il nostro titolo non è stato riconosciuto abilitante ai sensi della Legge 107/15, pertanto non consente da solo di partecipare ai concorsi a cattedra. Non solo dunque i dottorati non costituiscono titolo abilitante, nonostante svolgano attività didattica e di formazione durante il periodo di ricerca, ma lo stesso valore abilitante ad essi negato viene riconosciuto al diploma magistrale conseguito ante a.s. 2001/02. Avverso questa palese ingiustizia sono stati promossi dei ricorsi che in alcuni casi hanno già trovato un parziale accoglimento del Consiglio di Stato. Difatti, attualmente una sentenza del CdS ha accolto con riserva i 250 ricorsisti Ph.D esclusi dal concorsone, aprendo la possibilità di prove suppletive nell’attesa di un giudizio di merito. Vorremmo, però, che queste prove fossero aperte a tutti i dottori di ricerca, non solo ai ricorsisti, e ci battiamo perché questo avvenga”. Tuttavia, non ci si illude e si procede con le richieste: “il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU) ci ha dato già ascolto, infatti abbiamo stilato con alcuni membri una mozione, approvata a dicembre, che chiede al MIUR di prestare massima attenzione al dottorato riguardo ai prossimi processi relativi alla formazione iniziale dei docenti, al fine di garantire un sistema inclusivo e di qualità e, nello specifico, di attivare in tempi celeri un terzo ciclo di TFA, coinvolgendo pienamente il CNSU nella discussione relativa alla formazione di accesso ai ruoli di docenza nella scuola secondaria”. Il discorso però non si limita alla scuola: “dopo la Riforma Gelmini si è perso l’aspetto strutturale della figura del PhD. Infatti, ora bisogna vincere quattro-cinque concorsi per diventare Associato, mentre dovrebbe essere un naturale sbocco per i Ricercatori. Gli assegni di ricerca, altro canale propedeutico al concorso da associato, costano alle Università
36 mila euro l’anno e purtroppo sono in pochi gli Atenei a poterseli permettere. Se si investisse di più nella ricerca, tutto questo non accadrebbe e oggi non staremmo qui a parlare di ulteriori sbocchi lavorativi”.
Allegra Taglialatela
- Advertisement -




Articoli Correlati